Nella giornata di ieri, il governo di Hong Kong ha fornito nuovi dettagli sulla controversa legge antisedizione. Oltre alle perquisizioni, raccolta di prove e restrizioni della libertà degli indagati, spiccano le misure relative alla gestione dei contenuti online. Secondo le disposizioni dell’articolo 43, la polizia potrà chiedere di cancellare, limitare o fermare la ricezione dei messaggi considerati una minaccia per la sicurezza nazionale. A questo proposito la legge consente – in caso di mancata collaborazione – l’emissione di un mandato di sequestro delle apparecchiature elettroniche. Le autorità di pubblica sicurezza possono inoltre richiedere ai fornitori di servizi la consegna delle informazioni personali degli utenti coinvolti nelle indagini. Le pene previste per chi oppone resistenza spaziano dal pagamento di multa fino a 100.000 HKD a un anno di detenzione, mentre per i provider il periodo massimo di reclusione è ridotto a sei mesi. L’annuncio delle nuove misure – che segue la prima riunione della Commissione per la difesa della Sicurezza Nazionale – ha già messo sulla difensiva i big tech. Facebook, WhatsApp, Google e Telegram hanno sospeso la verifica delle richieste di dati da parte delle autorità, mentre l’app Tik Tok non sarà più scaricabile dagli store locali. La decisione non interesserà la versione cinese Douyin, sospettata di armonizzare i contenuti sensibili.
Intanto la legge ha già avuto effetti tangibili sulla libertà di espressione. Negli ultimi giorni sono spariti dagli scaffali della città i libri di Joshua Wong e altri attivisti. Ieri otto persone sono state arrestate mentre protestavano in silenzio semplicemente esponendo dei fogli bianchi in uno shopping mall di Kwun Tong. [fonte: RTHK, Bloomberg]
Cina e India avviano parziale ritirata
Dopo giorni di tensioni e scazzottamenti Cina e India hanno cominciato a ritirare parte delle truppe dislocate lungo il confine condiviso. Questa volta per davvero. Secondo fonti indiane, sul lato cinese sono state smontate tende e altre infrastrutture installate precedentemente nella valle di Galwan, dove a metà giugno si sono consumati gli scontri più violenti in 45 anni. I certificati di morte delle vittime indiane, ottenuti dalla Reuters, rivelano la ferocia del confronto, avvenuto con armi rudimentali e copioso spargimento di sangue. Il disimpegno – che ha coinvolto anche il ritiro dei veicoli dislocati in altre due aree contese – segue tre round di colloqui e un confronto diretto tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale indiano Ajit Doval. Ma, secondo gli esperti, si tratta soltanto di una tregua e il rischio di una nuova escalation permane a Depsang e Pangong Tso, le altre sezioni del confine dove i cinesi non accennano ad arretrare. [fonte: SCMP, Reuters]
Gli Istituti Confucio diventano organizzazioni “private”
Secondo quanto annunciato domenica, sarà l’Ong Chinese International Education Foundation – insieme a partner cinesi e stranieri – a promuovere lo sviluppo dei centri per l’apprendimento del mandarino all’estero. Il nuovo ente è stato costituito a giugno da una serie di “università e aziende”, spiega il Global Times. A livello globale si contano 541 Istituti Confucio in 162 paesi e regioni. Ma, negli ultimi anni, l’ingerenza del personale cinese sulla didattica delle università ospitanti ha portato alla chiusura di diverse sedi negli Stati Uniti, Paesi Bassi, Belgio e Francia. Come chiarisce il tabloid, l’insegnamento della lingua all’estero spesso passa attraverso fondazioni private, come nel caso dell’ l’Istituto Cervantes per lo spagnolo e il Goethe-Institut per il tedesco. Ma nel caso della Cina il confine tra statale e privato è quanto mai sottile. Secondo gli esperti, mentre il restyling non placherà le accuse dell’occidente, il nuovo modello operativo incoraggerà le università e le organizzazioni partner a contribuire di più allo sviluppo dei centri, smuovendo nuove risorse.[fonte: Global Times]
Una task force per tutelare la “sicurezza politica”
Dalla sicurezza sociale alla sicurezza politica. La task force istituita ad aprile dalla Commissione per gli Affari politici e Legali per rispondere all’emergenza covid ha inaugurato un nuovo gruppo di lavoro incaricato di “proteggere la sicurezza del sistema politico” e “salvaguardare la sicurezza del regime”. Diretta da Guo Shengkun, uno dei 25 membri più potenti del PCC, la task force aveva inizialmente creato due team: uno per mantenere l’ordine sociale e l’altro per contenere i rischi a livello di città. Le crescenti tensioni internazionali degli ultimi mesi, tuttavia, sembrano aver spostato il focus sull’influenza delle forze esterne sulla popolazione cinese. Annunciando la nascita del nuovo gruppo, la Commissione ha richiamato l’attenzione su “una situazione globale in evoluzione”. Nello specifico a preoccupare le autorità cinesi sono le accuse americane sulla paternità del virus, l’ingerenza straniera nei fatti di Hong Kong e le schermaglie con l’India lungo il confine condiviso. [fonte: Bloomberg]
Il gaokao al tempo di Covid-19
E’ cominciato stamattina con un mese di ritardo il tanto atteso e temuto gaokao, l’esame di ammissione all’università da cui dipende la carriera futura dei giovani cinesi. Quest’anno più che mai la prova si preannuncia sfiancante per i 10,7 milioni di partecipanti. Complici le contingenze epidemiche che hanno costretto le autorità ad esigere misure di sicurezza aggiuntive. Oltre a controllare costantemente la temperatura degli studenti, si è provveduto a disinfettare le aule e apprestare stanza di isolamento per eventuali casi sospetti. In tutto sono oltre 7000 le strutture coinvolte per un totale di 950mila funzionari e docenti incaricati di supervisionare lo svolgimento dell’esame. A Pechino, dove è stato appena contenuto un nuovo focolaio, la necessità di mantenere il distanziamento tra i candidati ha richiesto un incremento del 40% degli spazi adibiti al gaokao. [fonte: SCMP]
L’AI per migliorare l’efficienza e la sicurezza nei cantieri
Monitorare il lavoro nei cantieri edili con l’intelligenza artificiale. E’ già realtà in varie parti della Cina, dove la tecnologia sta aiutando a migliorare la sicurezza e l’efficienza nel settore delle costruzioni, quello in cui si verifica il maggior numero di incidenti sul lavoro. Stando a un rapporto dell’Accademia cinese delle scienze sociali, telecamere a circuito chiuso intelligenti sono in grado di verificare se un dipendente perde tempo, non indossa il caschetto, o entra in un’area riservata. Mentre la China National Petroleum Corporation ha già installato i dispositivi in vari cantieri del paese, il tutto avviene ancora in assenza di una cornice normativa adeguata. Quindi senza particolare attenzione per la privacy dei lavoratori. [fonte: SCMP]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.