Quasi due milioni di persone sono scese in strada per protestare contro la legge sull’estradizione. Stime che se confermate renderebbero quella di ieri la mobilitazione di massa più numerosa dal ritorno di Hong Kong alla Cina. A differenza da quanto avvenuto mercoledì scorso, le rimostranze si sono svolte pacificamente ma in un clima di diffidenza nei confronti della sospensione dell’emendamento, annunciata sabato dal governo locale. Non solo la proposta potrebbe essere un giorno reintrodotta in parlamento. I manifestanti contestano l’utilizzo della parola “sommossa” per definire le proteste degli scorsi giorni e chiedono le dimissioni della chief executive Carrie Lam, che si è esposta in prima persona per una rapida approvazione della nuova norma, mentre il governo di Pechino ha preso le distanze pur riaffermando il proprio sostegno. Lam si è scusata nella serata di ieri (per aver causato “controversie e dispute sostanziali nella società, provocando delusione e dolore tra la gente”) dopo aver strenuamente difeso la necessità di adottare la legge per colmare le lacune del quadro normativo. Ma secondo gli esperti la frattura con la popolazione è ormai insanabile e difficilmente la leader cercherà un secondo mandato nel 2022.
Intano Joshua Wong, uno dei leader degli Ombrelli, è stato scarcerato quest’oggi con un mese di anticipo. NOn è chiaro se il rilascio sia collegato alle proteste di domenica. [fonte: BBC, Bloomberg, Coconuts]
Le preoccupazioni della comunità del business
Ma la leader di Hong Kong non deve fronteggiare solo lo sdegno dei cittadini. Anche il mondo del business si è unito al coro del dissenso. L’emendamento infatti non solo eliminerebbe le restrizioni sulle estradizioni verso la Cina continentale. Le modifiche coinvolgerebbero anche la Mutual Legal Assistance in Criminal Matters Ordinance, permettendo ai tribunali della Cina continentale di chiedere alle autorità giudiziarie hongkonghesi di congelare e confiscare beni relativi a reati commessi nella mainland. C’è chi sta già spostando i propri averi a Singapore, che con Hong Kong si contende il ruolo di principale centro finanziario d’Asia [fonte: Reuters]
UBS e i “maiali cinesi”
Chi insulta il popolo cinese dovrà pagarla come monito per gli altri potenziali trasgressori. Il quotidiano di partito People’s Daily considera insufficienti le scuse con cui UBS ha tentato di placare la polemica innescata da Paul Donovan, chief economist della società svizzera, protagonista di un clamoroso malinteso. Commentando in un podcast la crisi innescata in Cina dalla peste suina, Donovan aveva affermato che la contaminazione è importante “se sei un maiale cinese o mangi carne di maiale”. Forse per un errore di traduzione, l’affermazione è stata interpretata come un insulto contro il popolo cinese, tanto da aver scatenato le ire del web e non solo. L’istituto di credito Haitong International ha interrotto i rapporti professionali con UBS nonostante le scuse dell’azienda e di di Donovan, che dopo l’episodio è stato mandato in congedo. A dicembre dello scorso anno, UBS era diventata la prima banca estera in Cina a ottenere l’approvazione ufficiale per una partecipazione di controllo nella sua joint venture locale. L’azienda svizzera si è detta pronta a migliorare i suoi “processi interni” per evitare il ripetersi di incidenti simili, riaffermando il proprio impegno “a investire in Cina”. UBS è solo l’ultima delle società cinesi a fare mea culpa per salvare il proprio business oltre la Muraglia [fonte: Reuters]
Multinazionali straniere coinvolte nella corruzione della sanità cinese
L’arricchimento glorioso degli ultimi 40 anni ha reso la popolazione cinese più esigente quanto a servizi pubblici e qualità della vita. Ma la crescita economica è stata lungamente perseguita con mezzi illeciti e la complicità delle multinazionali. Secondo un’inchiesta del NYT, General Electric, Siemens, Philips e Toshiba si sono imposte come principali fornitori di scanner CT e apparecchiature per la rilevazione del cancro e altre malattie croniche grazie alla corruzione dilagante negli ospedali cinesi. I contratti sarebbero stati raggiunti attraverso intermediari sui quali le società straniere asseriscono di non avere pieno controllo. In alcuni casi i prezzi sono stati gonfiati del 50%. Cinque anni fa l’azienda farmaceutica britannica GlaxoSmithKline è stata costretta a pagare quasi 500 milioni di dollari per aver corrotto medici e ospedali. Con il rapido invecchiamento della popolazione le occasioni di guadagno e corruzione saranno anche maggiori. Stando a un rapporto di McKinsey, entro il 2020, la Cina si troverà a sborsare ogni anno circa 1 trilione di dollari per l’assistenza sanitaria, mentre nel 2018 il gigante asiatico ha importato oltre 22 miliardi di dollari di dispositivi medici [fonte: NYT]
Nonni influencer
In Cina il digital divide pare non esserci. Il gap digitale tra generazioni viene allegramente superato da una nascente compagine di influencer over 60. Dalla nonnina che cucina sulle montagne dello Yunnan diventata virale da qualche mese e progetti più strutturati, è un fiorire dei nonni virtuali. Gente come Taoqi Chennainai, Benliang Dashu and Beihai Yeye hanno ormai milioni di fan su piattaforme come Kuaishou and Douyin. Beihai Yeye, ad esempio è un dandy metropolitano di 74 anni che dispensa consigli sull’eleganza e la vita armoniosa. Taoqi Chennainai è la tipica nonna ingestibile con un humor tutto suo. Benliang Dashu si distingue per le sue doti vocali. Il video breve è lo strumento prediletto dagli anziani digitali. Il fenomeno non è solo cinese, Corea, e Giappone hanno le loro celebrities in là con gli anni e onnipresenti sui social [fonte: Line Today]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.