I titoli di oggi:
- Le reazioni dei paesi asiatici all’attacco dell’Iran a Israele
- Cina, più poteri ai comitati locali
- Cina, nuove regole per “consolidare il governo del Partito” attraverso le reti di cittadini
- Secondo gli Stati Uniti la Cina ha aiutato la Russia a incrementare la sua produzione militare
- Scholz in Cina: focus sui rapporti economici Cina-Ue e la guerra in Ucraina
- L’ex ambasciatore cinese in UE nominato nuovo rappresentate speciale della Cina all’ONU
- Australia, boom di visti lavorativi per i giovani giapponesi nel 2023
Le reazioni dei paesi asiatici all’attacco dell’Iran a Israele
Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile l’Iran ha lanciato più di 300 tra droni e missili contro Israele, quasi tutti intercettati dai sistemi di difesa israeliani. Si è trattato del primo attacco diretto di Teheran verso il territorio israeliano, arrivato in risposta al bombardamento israeliano dell’ambasciata iraniana a Damasco, in Siria, dello scorso 1° aprile. Nei giorni che hanno preceduto l’attacco gli Stati Uniti avevano chiesto (senza successo) alla Cina di fare pressioni sull’Iran per dissuadere il regime da possibili rappresaglie contro Tel Aviv.
Diversi paesi asiatici hanno reagito ai bombardamenti iraniani dicendosi “seriamente preoccupati” per l’escalation delle tensioni in Medio Oriente. Secondo il ministero degli Esteri cinese l’attacco rappresenta solo “l’ultima ricaduta” del conflitto a Gaza, che “va fermato adesso”. Come riporta il Nikkei, India, Giappone e Thailandia hanno chiesto “sforzi diplomatici” per la de-escalation, mentre il Pakistan ha parlato di “fallimento della diplomazia” in riferimento all’inazione della comunità internazionale su Gaza. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha invece condannato l’attacco parlando di “grave minaccia alla sicurezza di Israele e dell’intera regione”. Domenica, in risposta a quanto accaduto, si è tenuta una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Cina, più poteri ai comitati locali
Per la prima volta in oltre 15 anni i comitati permanenti dell’Assemblea nazionale del popolo e delle Assemblee popolari locali (PCSC) otterranno maggiori poteri grazie a una revisione della legge del 2007 sulla supervisione delle istituzioni locali. Organi locali del potere statale, i PCSC si occupano di assicurare l’osservanza e l’attuazione della Costituzione, della legge e delle norme e regolamenti amministrativi, vigilando sull’operato dei governi provinciali e cittadini. Il cambio di passo ha attirato l’attenzione degli osservatori, che vedono in questa manovra un tentativo di impedire che politiche improprie limitino i diritti dei cittadini o arrechino danno alle finanze locali.
I PCSC potranno supervisionare il debito pubblico e chiedere azioni per la sua tutela, in un periodo dove tale debito non è mai stato tanto alto (9,8 mila miliardi di dollari secondo i più recenti studi). L’emendamento introduce anche un sistema di “indagini tematiche” oltre alla possibilità, già presente, di presentare interrogazioni quando l’autorità locale presenta un rapporto di lavoro. Diritti “cruciali per la riforma, lo sviluppo, la stabilità e gli interessi immediati delle masse e sono di interesse generale per la società”, come afferma il documento.
Cina, nuove regole per “consolidare il governo del Partito” attraverso le reti di cittadini
Entro cinque anni la Cina si doterà di un “sistema di base di lavoratori comunitari professionali” incaricato di contribuire a “mantenere la stabilità sociale e consolidare il governo a lungo termine del Partito” . Questo è quanto hanno annunciato il Consiglio di stato e il Comitato Centrale del Partito comunista cinese, in quello che è stato definito dagli analisti un tentativo di rafforzare il controllo centrale sfruttando la base di reti volontarie sviluppatesi durante la pandemia al fine del mantenimento della strategia “zero Covid”.
Le nuove “squadre” avranno il compito di reclutare almeno 18 operatori comunitari ogni 10 mila residenti, dando la priorità a laureati, ex militari e coloro che si attengano a uno “standard politico” soddisfacente, ovvero coloro che “seguono la guida del Partito, obbediscono alle leggi e alle discipline e sono entusiasti di servire la gente”. Tra i compiti menzionati dal documento programmatico, quello di “servire la comunità” con visite porta a porta per aiutare o svolgere commissioni per i residenti, e in cambio avere uno stipendio e diversi “vantaggi previdenziali”.
Secondo gli Stati Uniti la Cina ha aiutato la Russia a incrementare la sua produzione militare
Secondo alti funzionari del governo americano la Cina avrebbe aiutato la Russia a rilanciare la sua produzione militare, sostenendo di fatto l’esercito russo in una fase cruciale del conflitto in Ucraina. Come riportato dal Wall Street Journal, Pechino avrebbe fornito a Mosca una serie di beni dual use, cioè attrezzature e materiali che, anche se non prodotti esclusivamente a scopo bellico, sono utilizzabili in un contesto di guerra. Tra questi ci sono ottiche per carri armati e veicoli blindati, nitrocellulosa per la produzione di munizioni e razzi, e motori a turbogetto per i missili da crociera. Stando alle dichiarazioni dei funzionari statunitensi, che hanno parlato ai media in condizione di anonimato, alcune aziende cinesi starebbero inoltre collaborando con delle imprese russe per produrre droni da impiegare in battaglia, mentre Pechino avrebbe consegnato a Mosca diverse immagini satellitari per aiutare l’esercito russo in Ucraina.
Secondo i dati forniti, il 90% di tutte le importazioni russe di microelettronica nel corso del 2023 sono arrivate dalla Cina. Il presidente americano Joe Biden ha espresso a Xi Jinping le sue preoccupazioni in merito durante la chiamata dello scorso 2 aprile, scrive la CNN, mentre il segretario di Stato Antony Blinken ne ha già parlato con vari funzionari europei. È possibile che Blinken sollevi nuovamente la questione nel corso dell’incontro tra i ministri degli Esteri del G7 che si terrà a Capri dal 17 al 19 aprile.
Scholz in Cina: focus sui rapporti economici Cina-Ue e la guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina sarà tra i temi al centro del viaggio in Cina di Olaf Scholz, cominciato domenica nella città di Chongqing. Il cancelliere tedesco, che viaggia con una delegazione di ministri e dirigenti aziendali, stamani ha proseguito per Shanghai, dove davanti a un pubblico di studenti universitari ha affrontato il deterioramento dei rapporti economici tra Europa e Cina. “La concorrenza deve essere leale”, ha detto Scholz aggiungendo che “vogliamo condizioni di parità”. Tra le questioni menzionate esplicitamente dal cancelliere figurano il dumping, la sovrapproduzione industriale e la violazione del copyright. Atteso domani un incontro con Xi Jinping a Pechino.
Fu Cong (ex ambasciatore cinese in UE) nominato nuovo rappresentate speciale della Cina all’ONU
L’ex ambasciatore cinese in Unione Europea (UE) Fu Cong è stato nominato come nuovo rappresentante permanente della Cina alle Nazioni Unite (ONU): sarà il quindicesimo a ricoprire il ruolo da quando la Repubblica popolare ha preso il posto della Repubblica di Cina all’Onu, nel 1971. Fu aveva lasciato il suo incarico in Europa lo scorso marzo, in vista del trasferimento. Non si tratta di una promozione, visto che il grado ufficiale ricoperto da Fu rimane lo stesso. Come riportato dal South China Morning Post, però, la nuova carica gli consegnerà maggiori responsabilità e questo secondo gli analisti rappresenta un attestato di stima nei suoi confronti da parte di Pechino. Fu prende il posto di Zhang Jun, che potrebbe diventare il nuovo segretario generale del Forum Boao per l’Asia. Non si sa ancora chi sostituirà Fu come prossimo ambasciatore cinese in UE.
Australia, boom di visti lavorativi per i giovani giapponesi nel 2023
Lo scorso anno un numero record di cittadini giapponesi ha lasciato il proprio paese per lavorare in Australia sfruttando le politiche dei Working Holiday Visa. Lo racconta Bloomberg, secondo cui una delle conseguenze dell’inflazione che da anni preoccupa Tokyo nonostante i tentativi di abbassare il costo della vita e ridurre i tassi d’interesse.
Sebbene i sindacati giapponesi abbiano ottenuto il più significativo aumento salariale degli ultimi 30 anni, gli stipendi dei giovani giapponesi rimangono tra i più bassi delle economie avanzate: un lavoratore medio guadagna circa 41,5 mila dollari all’anno contro i 59,5 mila di uno australiano e i 77, 5 mila statunitensi.
A cura di Sabrina Moles e Francesco Mattogno