Le ostilità con l’Occidente e il sogno securitario di Xi Jinping
Entro il 2020 il network di videosorveglianza cinese dovrebbe arrivare a contare 400 milioni telecamere rispetto ai 170 milioni dello scorso anno. Secondo i piani di Pechino, il sistema si avvarrà dell’intelligenza artificiale, compresa una tecnologia in via di sviluppo in grado di riconoscere ognuno degli 1,4 miliardi di abitanti ovunque e in qualsiasi momento. Questo sempre che i rapporti con l’Occidente non facciano naufragare tutto. Il problema sta nella dipendenza della Cina dalla componentistica occidentale, già messa recentemente in risalto dal caso ZTE. La scorsa settimana alcune aziende americane ed europee hanno smesso di rifornire il gigante asiatico di alcuni dispositivi necessari alla fabbricazione di telecamere – già installate in zone sensibili – capaci di riconoscere una persona a una distanza di 15 chilometri. La guerra commerciale con gli Usa e le preoccupazioni internazionali per la repressione dell’etnia uigura nel Xinjiang lasciano presagire limitazioni anche più drastiche sulle forniture. E tempi duri per le ambizioni securitarie di Pechino.
Washington prepara nuove armi per Taiwan
Il dipartimento di Stato americano ha approvato la vendita di nuove armi a Taiwan, l’isola democratica che Pechino considera una provincia ribelle da riannettere ai propri territori. La nuova partita – che vale 300 milioni di dollari ed è in attesa dell’endorsement del Congresso – si inserisce nel braccio di ferro tra Pechino e il governo indipendentista di Tsai Ing-wen. Nell’ultimo anno il gigante asiatico ha aumentato la propria presenza militare attorno all’isola contestualmente al rafforzamento dei rapporti tra Taipei e Washington, che considera Taiwan un pezzo importante sullo scacchiere del cosiddetto Indo-Pacifico.
Il nuovo governo maldiviano getta incognite sulla strategia cinese nell’Oceano indiano
Sri Lanka, Malaysia, Pakistan e ora anche le Maldive. Si allunga la lista dei paesi storicamente amici di Pechino interessanti da un incerto rimpasto politico. Nella giornata di ieri il consiglio elettorale maldiviano ha confermato la vittoria di Ibrahim Mohamed Solih del Partito Democratico Maldiviano (MDP), che con almeno il 58% dei voti manda a casa il presidente filocinese Abdulla Yameen. Il mandato di Yameen è stato scandito da purghe politiche e da un costoso corteggiamento con Pechino. Negli ultimi anni i progetti infrastrutturali made in China hanno fatto salire il debito di Malè a 1,3 miliardi di dollari, pari a un quarto del Pil. Ma la necessità di controbilanciare l’ingerenza dell’India difficilmente implicherà una rottura netta con l’altro vicino di casa. Lo scorso circa 300.000 cinesi hanno visitato il paese, pari a circa il 70% della popolazione dell’arcipelago.
Il “prezzo della sposa” divide la Cina
Un’usanza antica di secoli rende il matrimonio in Cina proibitivo per molti uomini. Si tratta del cosiddetto “prezzo della sposa”, sorta di dote al contrario che impone allo sposo di rifornire la famiglia dell’amata di beni (casa e macchina innanzitutto) e contanti per un importo che mediamente si aggira intorno ai 38mila dollari nella Cina rurale, più o meno cinque volte un salario medio annuo. Il gap di genere lasciato in eredità dalla politica del figlio unico e la migrazione verso le grandi città ha reso le donne “merce” anche più rara nelle campagne cinesi. Ora Da’anliu e altri villaggi stanno cercando di limitare il salasso ponendo un soglia massima di 2,900 dollari per sposa. Ma non tutti sono d’accordo. La mossa dei funzionari di villaggio ha infatti scatenato l’opposizione dei genitori delle ragazze. “È questione di mercato”, spiega un contadino al Washington Post, “mi è permesso di chiedere quello che il mercato stabilisce per le mie pere. Perché non per mia figlia?!”
La Repubblica popolare dei parchi marini
Mentre in Occidente i live show con gli animali marini incontrano la strenua opposizione degli animalisti, in Cina ogni mese apre un nuovo parco marino. Tanto che si stima che nei prossimi due anni verranno inaugurati 36 progetti su larga scala. Un business che dà lustro ai governi locali e lavoro ai costruttori. Il rovescio della medaglia? Secondo la China Cetacean Association, dal 2014, 872 cetacei – tra cui balene, delfini e focene – sono stati messi in cattività in Cina, per la maggior parte provenienti dalla Russia.
Raffreddare l’Asia
Il consumo elettrico nei paesi del Sud East Asiatico è cresciuto negli ultimi anni a un ritmo del 7.5 % annuo. Secondo uno studio dell’Asean centre for energy, oggi circa il 60% dell’elettricità da fonti fossili è utilizzata da impianti di condizionamento, spesso usati senza alcun scrupolo a quelle latitudini. In tal modo l’equazione maggior consumo elettrico, maggiore emissione di gas climalteranti trova corrispondenza in un aumento del riscaldamento globale. Un cane che si morde la coda e che si prevede peggiori nel prossimo futuro.