I titoli di oggi:
- L’Arabia Saudita invita Xi e guarda allo yuan
- Douban nel mirino delle autorità cinesi
- Cina: il 30% dei matrimoni fallisce a causa degli smartphone
- Taiwan: oltre il 70% della popolazione è disposta a combattere
Secondo il Wall Street Journal, l’Arabia Saudita avrebbe invitato il presidente cinese Xi Jinping a visitare Riyadh, nel tentativo di approfondire i legami con Pechino. Nel caso le indiscrezioni fossero confermate, sarebbe il primo viaggio all’estero del leader cinese dall’inizio della pandemia. Alla luce del raffreddamento delle relazioni con Washington, e nell’ambito del riassestamento geopolitico che ha fatto seguito al ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, gli attori mediorientali cercano di instaurare rapporti economici e di sicurezza con altri paesi, tra cui la Cina. Il conflitto russo-ucraino ha dato rinnovato vigore a queste iniziative, mentre la comunità internazionale è divisa tra alleati statunitensi e detrattori della NATO. L’Arabia Saudita aveva intensificato le relazioni diplomatiche con gli USA durante la presidenza Trump, ma oggi sembra voler estendere la relazione con la Cina oltre lo scambio tra petrolio saudita e armi cinesi. L’invito per il segretario Xi Jinping arriva quindi nel bel mezzo del riassestamento di rapporti politici e alleanze stimolato dai recenti sviluppi in Ucraina, che hanno causato un’impennata dei prezzi del petrolio. Anche se la Cina intrattiene rapporti stabili con l’Iran, antico rivale del regno saudita, il legame con l’Arabia ha un valore inestimabile. Oltre ad essere il più importante partner commerciale del regno, Pechino è anche il primo importatore mondiale di petrolio, e Riyadh il più grande esportatore a livello globale. Recentemente, l’Arabia Saudita sta considerando l’idea di accettare yuan invece di dollari statunitensi per l’acquisto del greggio da parte della Cina.
Douban nel mirino delle autorità cinesi
Si stringe il cerchio intorno a Douban, piattaforma social spesso utilizzata dagli utenti cinesi per discutere questioni sensibili e tematiche sociali spinose. La Cyberspace Administration of China (CAC) ha dichiarato di aver dispiegato una task force speciale per ispezionare direttamente gli uffici dell’azienda e risolvere il “grave” problema nazionale del “caos online”. Già multata 1,5 milioni di yuan l’anno scorso (circa 235.000 dollari) per “rilascio illegale di informazioni”, Douban è nuovamente sotto il mirino del governo, che da un anno ha intensificato le pressioni sul settore dell’internet nel paese. La piattaforma è considerata da alcuni osservatori uno dei social con regole più blande sui contenuti. Ma, dopo la stretta normativa sui giganti tecnologici, le autorità nazionali si sono concentrate sul rafforzamento del controllo sul dibattito online, cosicché i netizens vengano a contatto solo con contenuti ritenuti appropriati. Molte aziende del settore, tra cui Tencent, Baidu e Alibaba, hanno fatto ricorso alle misure ritenute necessarie per allinearsi alle nuove linee guida del governo. Il vice-capo della CAC Sheng Ronghua ha invitato queste aziende a lavorare insieme per un cyberspazio “pulito”, elevando la loro “posizione politica” e tenendo a mente le priorità dello Stato.
Cina: il 30% dei matrimoni fallisce a causa degli smartphone
La dipendenza da smartphone in Cina è responsabile di circa il 30% dei divorzi, secondo il parere di alcuni consulenti matrimoniali. Il motivo è che “La dipendenza dai telefoni cellulari ha portato a una mancanza di comunicazione tra mariti e mogli”, tanto da essere considerata una “forma di violenza domestica“. Il tasso di divorzio nel paese è passato da 2 a 3,4 casi ogni 1.000 persone tra il 2010 e il 2019, sebbene siano fortemente diminuiti nel 2020 per via di una misura introdotta dal governo. Questi dati hanno infatti allarmato le autorità nazionali, che l’anno scorso hanno introdotto un controverso “periodo di riflessione” di 30 giorni per le coppie che desiderano separarsi. Il segretario generale del comitato per il diritto matrimoniale e familiare della Shenyang Lawyers Association, Zhang Yan, aveva detto a Sixth Tone che il cosiddetto “periodo di raffreddamento” introdotto dalla legge può ridurre la probabilità di “separazione irrazionale”. Il governo desidera infatti promuovere i valori tradizionali della vita matrimoniale, ma secondo gli esperti la dipendenza dagli smartphone occupa gran parte del tempo che segue il rientro a casa da lavoro, e sottrae le attenzioni da dedicare alla vita familiare o a svolgere compiti domestici e di educazione dei figli.
Taiwan: oltre il 70% della popolazione è disposta a combattere
Secondo un recente sondaggio, la guerra in Ucraina ha reso gli abitanti di Taiwan più bendisposti a combattere per difendere l’isola da un’eventuale invasione cinese. La Taiwan International Strategic Study Society ha rilevato che il 70,2% degli intervistati sarebbe disposto ad andare in guerra nel caso in cui Pechino decidesse di invadere l’isola, mentre a dicembre solo il 40,3% si era espresso favorevolmente. Secondo il direttore della società, “anche se la maggior parte dei taiwanesi non è d’accordo che l’Ucraina di oggi diventerà la Taiwan di domani, simpatizza con lo stress e la sofferenza del popolo ucraino di fronte all’invasione della Russia”. Già l’anno scorso Taiwan aveva intensificato il suo regime di addestramento per i riservisti militari, alla luce delle rinnovate tensioni con Pechino. Questo lunedì, centinaia di riservisti taiwanesi hanno accolto l’appello all’”unità”della presidente Tsai Ing-wen, svolgendo attività di addestramento e formazione militari. Le operazioni hanno simulato la difesa di una spiaggia nei pressi della capitale Taipei. Secondo il maggior generale Chen Chung-chi, questi plotoni sono importanti tanto quanto quelli dei militari di professione, perché il potere militare ha i suoi limiti ma “il potere del popolo è illimitato”.
A cura di Agnese Ranaldi
Laureata in Relazioni internazionali e poi in China&Global studies, si interessa di ambiente, giustizia sociale e femminismi con un focus su Cina e Sud-est asiatico. Su China Files cura la rubrica “Banbiantian” sulla giustizia di genere in Asia orientale. A volte è anche su La Stampa, il manifesto, Associazione Italia-Asean.