Per centinaia di migliaia di cittadini cinesi, l’Africa di oggi ha le stesse potenzialità della Cina di Deng Xiaoping. Secondo il Financial Times, sono circa un milione i cinesi ad aver tentato fortuna nel continente, attirati dal condizioni di business più vantaggiose rispetto a quelle offerte dalla Cina, dove l’aumento del costo del lavoro, l’eccesso di capacità industriale e standard ambientali più stringenti stanno rallentando la crescita economica e falcidiando il settore privato. L’attenzione del gigante asiatico per l’Africa è cosa nota. Tra il 2000 e il 2014, gli investimenti cinesi nel continente hanno raggiunto il 55% di quanto investito dagli Stati Uniti e McKinsey stima che, al ritmo attuale, il sorpasso cinese avverrà entro un decennio. Ma in realtà, la vera crescita non è trainata dai finanziamenti statali come si potrebbe pensare, bensì dall’imprenditoria privata in settori quali la vendita al dettaglio, la produzione manifatturiera e l’agricoltura. Secondo stime di Wilson Wu, manager di una zona di libero scambio in Nigeria, nel giro di un ventennio saranno 10mila le aziende cinesi a prendere parte al progetto, quante ce ne sono oggi in tutta l’Africa, di cui il 90% proprio a conduzione privata [fonte: Financial Times]
L’ex presidente dell’Interpol espulso dal partito
Con la rimozione di Meng Hongwei dal partito, il caso passa ufficialmente nelle mani delle autorità giudiziarie. Mentre un’incriminazione è praticamente scontata considerato il controllo esercitato dal partito sui tribunali, la caduta in disgrazia dell’ex capo dell’Interpol preannuncia una nuova notte dei lunghi coltelli. Il ministero della Sicurezza pubblica ha annunciato l’avvio di un’indagine interna per verificare la lealtà dei propri funzionari. Poco prima la commissione disciplinare aveva accusato formalmente Meng di appropriazione di fondi statali, abuso di potere e inadempienza nell’implementazione delle decisioni del partito. Nell’ultimo anno la campagna anticorruzione di Xi Jinping ha assunto sfumature sempre più politiche. Se un tempo era soprattutto la malversazione a catturare l’attenzione delle autorità oggi il focus si è spostato sull’integrità ideologica e morale dei funzionari. Fin dall’inizio, il caso dell’ex presidente dell’Interpol – nonché viceministro della Sicurezza pubblica – è stato associato dagli esperti a una nuova campagna di pulizia per mondare il dicastero degli elementi ostili, come già avvenuto all’interno dell’esercito [fonte: Reuters]
L’acquisizione cinese di Grindr è “un rischio per la sicurezza” americana
L’azienda cinese Beijing Kunlun Tech avrebbe deciso di vendere la popolare dating app per gay Grindr in seguito agli ammonimenti della Committee on Foreign Investment in the United States, il comitato inter-agenzia preposto alla verifica preventiva degli investimenti esteri, secondo cui il passaggio dell’azienda californiana in mani cinesi costituisce un rischio per la “sicurezza nazionale”. L’acquisizione, cominciata nel 2016, è stata completata lo scorso anno. Secondo Reuters, le attenzioni della Commissione sono sempre più rivolte verso quelle aziende tecnologiche in possesso di dati personali, soprattutto se ad essere potenzialmente coinvolte sono le informazioni del personale militare e dell’intelligence. Lo dimostra il fallito accordo per il passaggio in mani cinesi della società di trasferimento di denaro MoneyGram International. L’ultima operazione tuttavia si distingue dalla normale procedura di screening, dal momento che si tratta di un’acquisizione già conclusa [fonte: Scmp]
Fukuyama: “il modello politico cinese un’alternativa alla democrazia occidentale”
Il modello politico cinese potrebbe ancora imporsi come alternativa al sistema democratico occidentale, purché riesca a rispondere alle aspettative della società e a controllare il rallentamento dell’economia. A pensarlo è nientemeno che Francis Fukuyama, illustre politologo della Stanford University nonché autore del bestseller The End of History, secondo uno scambio avuto con Yoshikazu Kato, docente dell’ Asia Global Institute. Stando a Fukuyama, la teoria contenuta nella sua passata produzione è stata messa in crisi dall’ascesa della Cina e del suo sistema autoritario semi-capitalistico. Ci sono tuttavia delle caratteristiche autoctone che rendono il modello cinese difficilmente applicabile altrove, come l’alto livello di meritocrazia e senso del dovere nei confronti dell’interesse pubblico tra la classe dirigente [fonte: Scmp]
Una nuova “Guerra Fredda” tra Pechino e Washington
I timori di una minaccia cinese hanno portato alla rinascita di un’organizzazione lanciata negli anni ’50 da alcuni falchi della diplomazia americana per combattere il comunismo. ll Committee on the Present Danger ha annunciato la ripresa delle attività lunedì scorso con lo scopo di facilitare “l’educazione pubblica e la difesa contro tutti i pericoli convenzionali e non convenzionali” rappresentati dal partito comunista cinese. “Come l’Unione Sovietica in passato, la Cina comunista rappresenta una minaccia esistenziale e ideologica per gli Stati Uniti e l’idea di libertà – è necessario un nuovo consenso americano riguardo alle politiche e alle priorità necessarie per sconfiggere questa minaccia”, recita il comunicato. Tra i fondatori dell’organizzazione spiccano i nomi di Steve Bannon e Sasha Gong, ex caporedattore di Voice of America Cina, licenziata per aver permesso la trasmissione in live-streaming di un intervento del tycoon Guo Wengui, uno dei più acerrimi nemici della leadership cinese [fonte: Scmp]
Nuovo giro di vite sulle importazioni di rifiuti
La Cina punterà a ridurre le importazioni di rifiuti solidi a zero entro il prossimo anno. Dagli anni ’80, la Cina ha accolto dall’estero centinaia di milioni di tonnellate di carta, plastica, rifiuti elettronici e rottami metallici destinati al riciclo con costi ambientali altissimi. Le prime restrizioni sono state introdotte lo scorso anno, con conseguente calo dell’import di oltre il 40% su base annua. Da allora il giro di vite sul contrabbando di rifiuti ha fatto centinaia di arresti. “La Cina limiterà ulteriormente le restrizioni sulle importazioni di rifiuti con l’obiettivo di azzerarle entro il 2020”, ha dichiarato a margine di un briefing Qiu Qiwen, direttore della divisione rifiuti solidi del Ministero per l’Ecologia e l’Ambiente [fonte: Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.