I titoli di oggi:
- La questione taiwanese arriva sul tavolo della NATO
- Charles Michel incontra Xi
- Pechino corregge le misure anti-Covid
- Esercitazioni aeree congiunte di Cina e Russia su mar del Giappone e mar Cinese orientale
- Dopo le sanzioni americane, l’industria cinese dei chip riparte da zero
- Corea del sud, i lavoratori della metropolitana si uniscono allo sciopero dei camionisti
Nato, la questione taiwanese arriva sul tavolo dell’Alleanza atlantica
I membri della Nato lo avevano annunciato: nell’agenda dei colloqui di mercoledì 30 ottobre a Bucarest era previsto un confronto sulla Cina. La “sfida” dell’ascesa cinese sullo scacchiere internazionale è stata inquadrata, come poi confermato dai portavoce in conferenza stampa, nel contesto della questione taiwanese. Ma nulla di decisivo, come tiene a evidenziare il segretario Jens Stoltenberg, pur sottolineando: “la guerra in Ucraina ha dimostrato la nostra pericolosa dipendenza dal gas russo. Ciò dovrebbe indurci a valutare anche le nostre dipendenze da altri regimi autoritari, non ultima la Cina”
Negli ultimi mesi gli Usa hanno cercato diverse volte di portare in primo piano la questione taiwanese, spiega il Financial Times. “Non abbiamo parlato di quale sarebbe stato il ruolo della Nato in caso di azione militare, ma abbiamo discusso della varietà di impatti che ciò potrebbe avere sulla sicurezza euro-atlantica e di più ampie implicazioni per i paesi membri”, ha poi precisato uno degli osservatori citando i primi colloqui di settembre.
Charles Michel incontra Xi
Charles Michel è diventato il primo leader europeo a visitare la Cina dopo le “proteste dei fogli bianchi“. Stamani il capo del Consiglio europeo ha incontrato Xi Jinping nella Grande Sala del Popolo. Il meeting, durato tre ore, ha permesso alle due parti di discutere dei rapporti bilaterali ma anche della guerra in Ucraina. Letteralmente: “L‘UE conta sulla Cina, in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per invitare la Russia a rispettare i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e contribuire a porre fine alla brutale distruzione della Russia”. Xi ha risposto che la Cina auspica una risoluzione del conflitto “con mezzi politici”, che è anche “nel migliore interesse dell’Europa e di tutti i Paesi dell’Eurasia”. Nel readout europeo non compare alcuna menzione alle proteste degli scorsi giorni. Michel, tuttavia, ha rimarcato “l’universalità” dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Pechino corregge le misure anti-Covid
Le proteste contro la Zero Covid sono praticamente finite ma a qualcosa sono servite. Pechino sta chiaramente cercando di calibrare meglio le politiche sanitarie. Come annunciato ieri dalla vicepremier Sun Chulan, “Con l’indebolimento della patogenicità di Omicron, la diffusione della vaccinazione e l’accumulo di esperienza nella prevenzione e nel controllo, la prevenzione e il controllo dell’epidemia in Cina si trovano ad affrontare nuove situazioni e nuovi compiti.” Sun ha aggiunto che “Ponendo le persone al centro, il lavoro di prevenzione e controllo deve progredire costantemente, le politiche continuano a essere ottimizzate a piccoli passi ma senza fermarsi”. Intanto funzionari del Sichuan parlano di nuovo modello di “gestione a circuito chiuso” per velocizzare l’immunizzazione della popolazione. Gli ultimi sviluppi confermano quanto si era intuito poche ore prima dal rilassamento delle restrizioni a Zhengzhou e Guangzhou, dove si erano verificate le proteste dei lavoratori della Foxconn e dei lavoratori migranti.
Dopo le sanzioni americane, l’industria cinese dei chip riparte da zero
L’industria cinese dei chip ha un obiettivo: ricostruire da zero l’intera filiera della produzione dei semiconduttori. Le imprese del settore, colpite in questi anni dalle sanzioni americane, stanno cercando di sostituire la vecchia schiera di fornitori stranieri – l’amministrazione Biden sta provando a convincere anche gli alleati a rinunciare al mercato della Repubblica popolare – con il “made in China”. A fare da apripista è Huawei che, come spiegato da Asia Nikkei, sta diversificando la propria catena di approvvigionamento sia rivolgendosi alla produzione nazionale che aprendo dei suoi impianti di fabbricazione e assemblaggio di chip. La multinazionale (con l’aiuto dei governi locali) sta progettando la creazione di una rete che passa principalmente per Pechino, Wuhan, Qingdao e Shenzhen. Paradossalmente, sono stati proprio i ban americani a stimolare la crescita dell’industria dei semiconduttori cinese che, nonostante i grandi investimenti, fino al 2020 stentava. Prima mancava la domanda: ora non più. Ma questo non significa che il tentativo statunitense di disaccoppiamento non stia facendo male a Pechino. Molti dei chip prodotti dalla Cina sono ancora di fascia bassa – utili per automobili o elettrodomestici -, e per raggiungere il livello odierno degli Stati Uniti potrebbero volerci almeno 20 anni.
Esercitazioni aeree congiunte di Cina e Russia su mar del Giappone e mar Cinese orientale
Mercoledì, il ministero della difesa russo ha dichiarato che aerei da guerra strategici russi e cinesi hanno condotto delle esercitazioni congiunte, sorvolando le acque del mar del Giappone e del mar Cinese orientale. Come riportato da Reuters, nei pattugliamenti i bombardieri dei due paesi hanno attraversato la Zona di identificazione di difesa aerea (ADIZ) della Corea del sud provocando così la risposta di Seul, che ha “inviato jet da combattimento dell’aeronautica in preparazione di una potenziale emergenza”. Le ADIZ sono aree create unilateralmente dagli stati per sottoporre gli aerei che vi entrano a obblighi di identificazione, non corrispondono allo spazio aereo di un paese che, nello specifico della Corea del sud, Russia e Cina non hanno violato. Già in passato velivoli russi e cinesi sono entrati nella ADIZ sudcoreana, che il Cremlino non riconosce. Insieme a quelli di Seul erano presenti, in risposta alle esercitazioni, anche dei jet giapponesi. Per la prima volta, gli aerei militari di Pechino sono atterrati in un aeroporto russo e quelli di Mosca hanno fatto scalo in Cina. Il pattugliamento ha riguardato un totale di 8 bombardieri: 6 russi e 2 cinesi.
Corea del sud, i lavoratori della metropolitana si uniscono allo sciopero dei camionisti
La crisi iniziata con il blocco degli autotrasportatori in Corea del sud è tutto tranne che vicina a un compromesso con il governo. Migliaia di lavoratori del settore delle metropolitane si sono uniti allo sciopero, causando ritardi e disservizi in diverse parti del paese. L’ondata di scioperi, affermano i rappresentanti sindacali, coinvolgerà anche il settore ferroviario nella giornata di venerdì 2 dicembre. Il 6 dicembre, invece, è prevista una grande manifestazione nazionale organizzata dalla Confederazione coreana dei sindacati (Kctu). Tra le istanze che emergono dai diversi settori lavorativi rientrano la richiesta di aumento degli stipendi a fronte di prezzi sempre più alti per il carburante, così come le ultime misure di sostegno che incentiverebbero le imprese a scapito dei lavoratori.
A cura di Sabrina Moles, Francesco Mattogno e Alessandra Colarizi