La Cina sospenderà il servizio del debito per 23 paesi emergenti. La moratoria, che coinvolge passività per 2,1 miliardi di dollari, fa parte dell’iniziativa DSSI avviata dal G-20 lo scorso aprile. L’importo stanziato dalla Cina è il più alto tra i paesi membri. Secondo il ministro delle Finanze cinese Liu Kun, la China International Development Cooperation Agency e l’Export-Import Bank of China, i due creditori bilaterali governativi, hanno congelato debiti per un valore totale di 1,353 miliardi di dollari. Ma si tratta ancora di una minima parte di quanto dovuto. Secondo uno studio della Banca mondiale, nel 2019 il debito bilaterale ufficiale dei paesi più poveri nei confronti dei paesi del G-20 ha raggiunto quota 178 miliardi di dollari. La Cina rivendica il 63% del totale. [fonte Reuters]
Peggiora l’opinione della Cina in Europa
La pandemia di coronavirus non ha giovato all’immagine della Cina in Europa. E’ quanto rivela uno studio del progetto Sinophone Borderlands della Palacky University di Olomouc, Repubblica Ceca. Secondo il sondaggio, condotto tra settembre e ottobre in 13 paesi, mentre i cittadini del Vecchio Continente continuano a considerare il gigante asiatico un importante partner commerciale e un alleato contro i cambiamenti climatici, l’opinione è per la maggior parte negativa in tutti i paesi fatta eccezione per la Lettonia, la Serbia e la Russia. La tendenza è più netta in Gran Bretagna, Svezia e Francia, dove più della metà degli intervistati ritiene che le relazioni con la Cina siano peggiorate negli ultimi tre anni. Meno del 20% degli intervistati in tutti i paesi – tranne la Serbia – crede che la reputazione internazionale del Dragone sia migliorata a seguito della pandemia. Quando si parla di aiuti umanitari, tuttavia, italiani, serbi e russi considerano la Cina il principale benefattore dall’inizio della pandemia, mentre gli altri mettono al primo posto l’Ue. Stando a Richard Turcsanyi, che ha coordinato le ricerche, il peggioramento – attribuibile alla diplomazia aggressiva dei “Wolf Warrior” – eserciterà maggiore “pressione sui responsabili politici europei nelle loro relazioni con la Cina – che si tratti di diritti umani, 5G, negoziati commerciali o investimenti”. [fonte SCMP]
Huaqiangbei, il paradiso del tech si converte ai cosmetici
Huaqiangbei è il più grande mercato dell’elettronica del mondo, il simbolo della metamorfosi di Shenzhen da villaggio di pescatori a Silicon Valley “con caratteristiche cinesi”. Qui ci si trovava di tutto dagli iphone di contrabbando alla componentistica estremamente specializzata. Ma la rapida emancipazione della megalopoli – tu chiamala se vuoi gentrificazione – ha fatto schizzare il costo degli affitti. Laddove un tempo impazzavano imitazioni di Apple e Samsung, oggi a fare la parte del leone sono marchi locali low-cost, come Xiaomi e Vivo. Non tutti sono stati in grado di tenere il passo con i tempi. C’è chi ha abbandonato completamente l’elettronica. “Vendevamo solo parti di telefoni, ma nel 2016 alcuni erano liberi al 50%, quindi dovevamo provare qualcos’altro per sopravvivere”,spiega alla Reuters Lin Muxu, direttore generale del Mingtong Digital City, uno dei mall di Huaqiangbei che si è progressivamente convertito alla cosmetica. “Abbiamo notato che c’è una grande richiesta di prodotti di bellezza, che si tratti di adolescenti, donne o uomini tra i 60 e i 70 anni”. Tra gennaio e ottobre, la cosmetica ha incassato 256,9 miliardi di yuan, un + 5,9% su base annua. Un trend in controtendenza rispetto al calo del 5,9% riportato dalle vendite retail nello stesso periodo. Alle nuove esigenze dei consumatori si è aggiunta la chiusura delle frontiere a causa del coronavirus. Huaqiangbei ha attratto tutti quei commercianti che normalmente si recavano a Hong Kong per acquistare merci esentasse per la rivendita. [fonte Reuters]
Vietato portare a spasso il cane. E’ bufera sui social cinesi
Vietato portare a spasso il cane. E’ quanto stabilito dalla contea di Weixin, nello Yunnan, dopo una serie di incidenti, morsi e denunce di aggressioni. Da oggi le passeggiate nei luoghi pubblici sono severamente bandite per “non devono disturbare il normale ordine della società” recita un avviso circolato online negli scorsi giorni e diventato virale. Discutibile già di per sé, la nuova politica spicca soprattutto per le sanzioni previste per i trasgressori: chi viola il divieto può incorrere dal semplice avvertimento fino al sequestro e all’uccisione dell’animale nel caso in cui la trasgressione avvenga per tre volte. Comprensibile l’ondata di sdegno sul web. A parte pochi commenti a favore, la maggior parte degli internauti ritiene immotivata l’introduzione di contromisure tanto crudeli quando basterebbe esigere l’utilizzo del guinzaglio e della museruola. Dopole critiche i funzionari locali hanno lasciato intendere una possibile retromarcia, anche se per il momento non ci sono conferme. La Cina ha un rapporto controverso con gli animali da compagnia, sempre più diffusi tra la classe media urbana. Considerata un’usanza “borghese” in epoca maoista, avere un cane da compagnia tuttoggi non si addice alla scoietà cinese. Almeno secondo il People’s Daily che nel 2014 l’ha definita una moda importata dall’Occidente e un pericolo per “la pace e l’armonia sociale”. [fonte NYT]
Il Vietnam guiderà la crescita dell’Asean
Il Vietnam potrebbe rimanere l’unico paese dell’Asean a registrare una crescita continuativa fino al primo semestre del 2021. E’ quanto previsto dal Fondo monetario internazionale, secondo il quale l’ottima gestione della pandemia (appena 1300 i casi di Covid) permetterà alla “nuova tigre asiatica” di aggiungere il quarto posto in termini di Pil nominale superando già entro l’anno Singapore e Malesia, e guadagnando terreno sulle Filippine. Le proiezioni per l’intero anno vedono il Pil vietnamita espandersi dell’1,6%, mentre la crescita di Singapore e Malesia è data in calo del 6%. Prospettive anche peggiori per l’economia della Thailandia, che si contrarrà del 7,1% a causa del brusco crollo del turismo. La strada è ancora lunga: il Pil pro capite del Vietnam è ancora di circa 3.500 dollari, ben al di sotto dei 58.500 dollari di Singapore e dei 10.200 dollari della Malesia. Ma la pandemia sta accelerando un cambiamento nella gerarchia economica della regione. Un trend che tuttavia, precedendo Covid, era già cominciato con la guerra tariffaria tra Pechino e Washington. Secondo fonti del Nikkei Asian Review, lo scorso maggio la Apple era in procinto di spostare il 30% della produzione degli AirPod in Vietnam. [fonte Nikkei]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.