Dopo l’iniziativa di Shenzhen, il divieto sul consumo di carne di cane potrebbe essere esteso a livello nazionale. Nella giornata di ieri il ministero dell’Agricoltura e degli Affari rurali ha rilasciato il nuovo “catalogo nazionale delle risorse di bestiame e pollame”, che comprende 31 animali destinati ad uso alimentare. Il cane e l gatto non sono più tra questi. Spiegando la decisione, il dicastero ha sottolineato come “con il progresso della civiltà umana e la preoccupazione e l’attenzione della gente per la protezione degli animali, i cani sono passati dall’essere animali domestici tradizionali ad essere animali da compagnia. I cani non sono generalmente considerati bestiame e pollame in tutto il mondo e la Cina non dovrebbe trattarli come il bestiame e il pollame.” “Questo significa che il consumo di carne di cane perderà la sua legittimità”, sottolinea Sun Quanhui, scienziato della World Animal Protection, un’organizzazione consultiva delle Nazioni Unite. Tutt’altro che comune, la carne di cane ha una limitata diffusione in alcune province cinesi, come il Guangxi e il Zhejiang, dove si ritiene aiuti a prevenire alcune malattie stagionali nei mesi estivi. Secondo un sondaggio di Sina Weibo, su 40000 rispondenti solo 6000 si sono detti favorevoli a un suo consumo, sebbene le resistenze di alcuni commercianti e ristoratori del settore abbia fino a oggi assicurato la longevità della pratica. Covid-19 e la polemica sui wet market potrebbero finalmente aver sbloccato la situazione. [fonte: Global Times]
Covid-19 e le accuse di razzismo, da Guangzhou a Taipei
Accuse incrociate di razzismo continuano a contraddistinguere l’epidemia di Covid-19. Negli ultimi giorni, un cluster di contagi tra la comunità africana di Guangzhou ha riacceso l’astio dei cinesi nei confronti degli immigrati in arrivo dal continente. La notizia infondata di un imminente lockdown nel distretto di Yuexiu – soprannominato “Little Africa” – si è tradotta in una nuova ondata xenofoba, tanto che sul web sono circolate immagini di africani sfrattati dagli affittuari e allontanati dagli hotel dell’ex Canton. Ma la Cina non è l’unica ad essere tacciata di razzismo. Da oltre 24 ore, i vertici dell’Oms sono impegnati in una imbarazzante tenzone con il governo taiwanese, accusato di aver concertato una campagna discriminatoria contro il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus per la sua origine eritrea. Estromessa dall’organizzazione internazionale a causa delle pressioni cinesi, Taipei ha esternato più volte il proprio disappunto nei confronti dell’operato di Tedros e colleghi, sebbene abbia rigettato le accuse di razzismo. Ha fatto invece autocritica la rivista scientifica Nature che ieri ha chiesto pubblicamente scusa per aver utilizzato in passato il termine “virus di Wuhan”, contribuendo agli episodi violenti registrati contro i cittadini asiatici in varie parti del mondo. [fonte: BBC, Reuters]
Il caso Luckin Coffee, un effetto domino per il China Inc?
Lo scandalo che ha investito Luckin Coffee, lo Starbucks cinese accusato di aver gonfiato le vendite, sembra non essere un caso isolato. A meno di una settimana dalla rivelazione shock, TAL Education, azienda che fornisce servizi di tutoring, ha accusato un dipendente di aver manipolato i contratti facendo schizzare artificialmente le entrate. Mentre, quella di ritoccare le statistiche è un’usanza piuttosto diffusa in China, il fatto che entrambe le società siano quotate negli Stati Uniti introduce nuovi scenari, mettendo in evidenza i rischi per gli investitori internazionali. Sopratutto considerato che la lista nera si allunga molto rapidamente. Secondo Caixin, iQiyi, la piattaforma di condivisione video del gruppo Baidu quotata al Nasdaq potrebbe presto fare la stessa fine, se dovessero essere confermate le indiscrezioni pubblicate da Wolfpack Research, agenzia specializzata in due diligence. Un bel colpo per la reputazione del China Inc. In risposta alle accuse, un editoriale del Global Times invita le aziende cinesi a disimpegnarsi dal mercato azionario americano, usufruendo delle nuove regole sulla doppia quotazione introdotte a Shanghai e Hong Kong.[fonte: Global Times, Caixin, Bloomberg]
La Cina supera gli Stati Uniti per numero di brevetti internazionali
Per la prima volta dal 1978, la Cina ha superato gli Stati Uniti per numero di brevetti internazionali depositati (PCT). Lo rivela il rapporto annuale della World Intellectual Property Organisation, secondo il quale nel 2019 la seconda economia mondiale ha presentato 58,990 progetti – un 5,2% in più su base annua – rispetto ai 57,840 degli Stati Uniti. Seguono Giappone, Germania e Corea del Sud. La ricerca mostra un chiaro spostamento del baricentro mondiale verso l’Asia, che conta per ben il 52,4 per cento di tutte le application, mentre Europa e Nord America rappresentano singolarmente meno di un quarto. Non solo. Per il terzo anno consecutivo, è il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei a dominare la classifica globale con 4.411 brevetti PCT. Nonostante le pressioni dell’amministrazione Trump, bisogna scendere alla terza posizione per trovare un’aziende americana: Qualcomm con (2,127), preceduta da Mitsubishi e Samsung. [fonte: AFP]
Livestreaming e microvideo per rilanciare l’economia di Wuhan
Rilanciare l’economia locale e combattere i pregiudizi causati dall’epidemia. E’ con questo obiettivo che Douyin (la versione cinese di Tik Tok) e la piattaforma dell’e-commerce cinese Taobao hanno deciso di promuovere i prodotti dello Hubei, la provincia epicentro della pandemia. Il giorno prima della rimozione del lockdown a Wuhan, il giornalista televisivo della CCTV Zhu Guangquan e la star del livestreaming Li Jiaqi hanno duettato sull’e-Bay cinese attraendo quasi 11 milioni di persone e riuscendo a vendere merci per 5,7 milioni di dollari in sole due ore. Quasi tutti i 15 prodotti sponsorizzati – tra cui tè e i famosi spaghetti secchi caldi – sono finiti in pochi secondi. Ricorreranno al web anche 13 sindaci dello Hubei, che su Douyin cercheranno di rilanciare le specialità delle città amministrate. Durante il periodo di quarantena, l’utilizzo delle piattaforme di micro video e livestreaming ha registrato un sensibile aumento. Il potenziale della rete non è sfuggito alle autorità. Nel 2018 erano già 5700 le agenzie governative ad avere un account su Douyin. Intanto, Tencent si è impegnata ad accelerare la transizione di Wuhan verso i servizi digitali con futuri investimenti nell’intelligenza artificiale. [fonte: SCMP]
“Diario di Wuhan”, il racconto di Fang Fang che non piace al Partito
La storia di Wuhan sarà raccontata dalla scrittrice Fang Fang nel libro “Diario da Wuhan” pubblicato dalla casa editrice americana HarperCollins Publishers. Il volume di 208 pagine nasce dal progetto della scrittrice 64enne che, nei giorni di quarantena, ha fatto un resoconto quotidiano sul suo blog della vita nella città focolaio, combattendo una battaglia per la verità e ostacolando i tentativi del Partito Comunista di riscrivere la storia ufficiale. Forse è per questo che milioni di netizen cinesi hanno apprezzato la sua scrittura realista, attendendo ogni giorno la mezzanotte per leggere i suoi racconti. Nonostante i tentativi della censura di cancellare i suoi scritti, gli utenti hanno continuato a mantenere vive le sue parole pubblicandole su altri siti, social network e aggregatori di notizie, raggiungendo decine di milioni di lettori. Ma il diario di Fang non è piaciuto a molti. Il Global Times ha criticato l’attenzione che l’autrice ha ricevuto nei giorni scorsi dai media stranieri, in particolare da quelli americani. Secondo il quotidiano semi-ufficiale del Partito, il “Diario di Wuhan” è uno strumento valido nelle mani dell’occidente per sabotare gli sforzi della popolazione cinese nella lotta contro il coronavirus. [Fonte: Global Times]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.