Nel 2021 l’economia cinese crescerà a un ritmo superiore al 6%. Lo ha annunciato stamattina il premier cinese Li Keqiang in apertura alla sessione plenaria del parlamento che quest’anno sancirà anche l’approvazione del nuovo piano quinquennale e della strategia “vision 2035″. Domato il virus, si torna dunque alla vecchia abitudine dei target fissi dopo la pausa forzata dello scorso anno. Come spiega il primo ministro, “un obiettivo di oltre il 6% consentirà a tutti noi di dedicare piena energia alla promozione delle riforme, dell’innovazione e dello sviluppo di alta qualità. Gli obiettivi previsti per la crescita, l’occupazione e i prezzi al consumo dovrebbero mantenere le prestazioni dell’economia entro l’intervallo appropriato ” anche in previsione degli obiettivi di lungo periodo. La stabilità del mercato del lavoro si attesta ancora una priorità per Pechino che anche quest’anno si prefigge di creare almeno 11 milioni di nuovi posti di lavoro. Confermando una tendenza in corso da ormai diversi anni, a trainare la crescita cinese saranno gli investimenti nell’alta tecnologia. Secondo quanto anticipato da Li, durante il prossimo lustro la spesa in ricerca e sviluppo aumenterà di oltre il 7% ogni anno, con una fetta consistente destinata alla ricerca di base, in crescita del 10,6% nel 2021. Sette sono le aree di principale interesse: “intelligenza artificiale di prossima generazione, informazione quantistica, neuroscienze, semiconduttori, ricerca genetica e biotecnologia, medicina clinica e salute, spazio profondo, mare profondo e esplorazione polare.” Senza giri di parole, la stampa ufficiale parla di “sforzi per ottenere l’autosufficienza tecnologica”. C’è di mezzo il rischio di un decoupling americano ma non solo. Quando si parla di crescita non si può ignorare il rapido invecchiamento della popolazione. Ecco perché, come anticipato dal premier “l’età pensionabile legale verrà aumentata in modo graduale. Il sistema di sicurezza sociale sarà migliorato, grazie ad un’espansione della copertura dell’assicurazione di base per la vecchiaia fino al 95% della popolazione”, mentre verrà attuata una “politica delle nascite più inclusiva”. Le prospettive di un futuro calo della demografico non riducono le preoccupazioni dei leader per la stabilità alimentare, a cui il 14° piano quinquennale dedica ampio spazio con la definizione di una vera e propria roadmap. Meno chiara è la strategia adottata per raggiungere il traguardo della neutralità carbonica entro il 2060. Pechino sta preparando un piano d’azione per toccare il picco delle emissioni nei prossimi dieci anni. Nell’attesa, si cercherà di ridurre l’intensità energetica e le emissioni di carbonio per unità di PIL rispettivamente del 13,5% e del 18% nel periodo 2021-2025. Passando alla diplomazia, Li ha affermato che la Cina continuerà con la sua “politica estera di pace indipendente” per promuovere “la costruzione di un nuovo tipo di relazioni internazionali e di una comunità umana con un futuro condiviso”. La belt and road e la sua versione polare rimango al centro della strategia estera cinese per i prossimi cinque anni. L’invito alla cooperazione – indirizzato specificatamente agli Stati uniti – controbilancia l’annuncio di un aumento della spesa militare ufficiale (quindi sottostimata), salita al 6.8% rispetto al 6,6% dello scorso anno, il livello più basso dal 1989. Nell’anno il corso, l’esercito cinese riceverà 209 miliardi di dollari per il proprio programma di ammodernamento. [fonte SCMP, GT, Bloomberg]
Pechino pronto a riformare il sistema elettorale di Hong Kong
Come da previsione, Pechino si appresta a riformare il sistema elettorale di Hong Kong bypassando il parlamento locale. La conferma è giunta per bocca del vicepresidente dell’Assemblea nazionale del popolo secondo il quale il comitato elettorale – fino a oggi incaricato di sceglie il leader locale – parteciperà alla nomina di tutti i candidati al Consiglio Legislativo arrogandosi persino il diritto di eleggerne direttamente “una quota relativamente ampia”. L’operazione, mirata ad assicurare che la città sia amministrata da “patrioti”, verrà effettuata agilmente con l’introduzione di emendamenti agli allegati 1 e 2 della Basic Law senza bisogno di alterare le disposizioni contenute nella mini-costituzione. L’annuncio giunge mentre le autorità giudiziarie stanno valutando il rilascio su cauzione di 15 dei 47 attivisti pro-democrazia incriminati negli scorsi giorni per violazioni della legge sulla sicurezza nazionale. Se ne volete sapere di più iscrivetevi alla nostra newsletter settimanale! [fonte RTHK, Guardian]
La Cina investirà 62 miliardi nelle industrie strategiche
La China Development Bank (CDB), l’istituto di credito con cui Pechino finanzia la belt and road e altri progetti governativi, ha stanziato 400 miliardi di yuan (62 miliardi di dollari) da devolvere nello sviluppo delle industrie strategiche emergenti, prima tra tutti quella dei semiconduttori. “Stiamo selezionando 100 aziende leader nel campo dell’innovazione tecnologica e 1.000 aziende lungo le catene industriali a monte e a valle così da [offrire] loro un supporto speciale per i servizi finanziari”, ha spiegato il presidente della CDB Zhao Huan martedì scorso, poco prima dell’apertura delle lianghui. L’importo previsto supera il budget della celeberrima Taiwan Semiconductor Manufacturing Co, la più grande fonderia del mondo. La spesa in conto capitale della società taiwanese quest’anno dovrebbe raggiungere i 28 miliardi di dollari, rispetto ai 17,2 miliardi di dollari nel 2020. Quello dell’autosussisitenza tecnologica è un tema diventato cruciale dopo l’imposizione delle sanzioni americane contro Huawei e le varie big tech cinesi. Il covid non ha fatto che accrescere le preoccupazioni per un decoupling che sia questo indotto da Washington o causato dai vari lockdown [fonte SCMP]
La Cina al centro della nuova strategia di sicurezza nazionale Usa
Anche sotto il governo Biden, la Cina rimane il rivale numero uno. E’ quanto si evince dalla nuova strategia di sicurezza nazionale provvisoria (quella ufficiale verrà annunciata mercoledì dal dipartimento di Stato. Letteralmente: il gigante asiatico “è l’unico concorrente potenzialmente in grado di combinare il suo potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per lanciare una sfida sostenuta a un sistema internazionale stabile e aperto”. Presentando il documento, il segretario di Stato Antony Blinken ha fatto esplicito riferimento alle pratiche commerciali sleali della Cina e alla necessità di sostenere i vicini regionali nella “difesa dei loro diritti” affinché possano fare scelte politiche indipendenti libere da coercizione o indebita influenza straniera “. Specie quando ad essere vittima delle pressioni cinesi è Taiwan, definita una ” democrazia guida e partner economico e di sicurezza strategico”, Ma l’amministrazione Biden lascia aperta la porta della cooperazione in quei settori dove gli interessi americani e cinesi convergono, come il cambiamento climatico, la sicurezza sanitaria e la non proliferazione nucleare. Quindi sì alla cooperazione ma purché sia portata avanti “da una posizione di fiducia e forza”. [fonte SCMP]
L’India investe in Russia per controbilanciare la presenza cinese
Il ministro degli esteri indiano Harsh Shringla ha rinnovato l’interesse di Nuova Delhi per il Circondario federale dell’Estremo Oriente russo durante un viaggio diplomatico di due giorni a Mosca, in cui ha discusso con il segretario Sergei Lavrov una maggiore presenza economica dell’India nella zona. “E’ un area dall’enorme potenziale, dove potremmo sviluppare nuovi settori e aiutare le aziende che vogliono investire in carbone, legno e gas naturali” ha detto Shringla in un discorso tenuto per gli studenti della Russian Diplomatic Academy. L’Estremo Oriente Russo è il territorio più esteso del paese e possiede una grande riserva di petrolio, gas naturali, diamanti, carbone e legno. Già nel 2019 il governo indiano aveva annunciato iniziative per promuovere lo sviluppo della regione, tra cui lo stanziamento di un prestito da un miliardo di dollari per aiutare lo sviluppo economico e la firma di un memorandum per stabilire una rotta marittima diretta tra Chennai e Vladivostok. Secondo quanto riportato da un’analisi di Nikkei Asia tuttavia, l’interesse dell’India per l’est russo non sarebbe solo di natura economica, ma costituirebbe un tentativo per controbilanciare i crescenti rapporti tra Russia e Cina. Negli ultimi anni la Cina è infatti comparsa tra i nuovi investitori nel circondario russo, costituendo nel 2019 il 70% degli investimenti stranieri diretti nella zona, e anche il numero delle esercitazioni militari congiunte attestano a un riavvicinamento tra Mosca e Pechino. Per questo motivo, gli esperti del settore ritengono che l’India conti su iniziative quali il corridoio Chennai-Vladivostok, che aprirebbero un collegamento diretto tra la Russia e il sud est asiatico, per rendere meno appetibile la dipendenza univoca russa da Pechino. [fonte: Nikkei]
Ha collaborato Lucrezia Goldin
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.