Una svolta clamorosa nell’ambito dell’indagine sulle origini del Covid-19 potrebbe arrivare proprio dalla Cina. Pechino esaminerà circa 200 mila campioni di sangue prelevati nella città di Wuhan prima che l’epidemia di coronavirus esplodesse, cioè quelli risalenti agli ultimi mesi del 2019. Lo ha rivelato ieri la Cnn, citando un funzionario cinese che ha raccontato dei campioni di sangue conservati al Wuhan Blood Center, il cui “archivio” è stato indicato lo scorso febbraio dagli esperti dell’Oms come una possibile fonte di informazioni cruciali per definire quando e dove il virus sia passato dall’animale all’uomo. Il materiale, conservato da due anni, è vicino alla scadenza. E stando al funzionario citato dalla Cnn, sono in corso i preparativi per esaminare i campioni e i test inizieranno alla scadenza dei due anni dei campioni di sangue. Ma in questo processo di esame Pechino tiene ben lontana il team di scienziati dell’Oms. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’agenzia sanitaria con sede a Ginevra, ha sempre ottenuto un sostanziale rifiuto da Pechino di fornire ulteriori dati dei laboratori di Wuhan, incluso l’Istituto di virologia della città.
Per questo l’Oms ha annunciato l’istituzione di un gruppo consultivo scientifico volto a identificare l’origine del Covid-19 e a prepararsi meglio a future epidemie di altri agenti patogeni mortali. Il gruppo, noto come Scientific Advisory Group on the Origins of Novel Pathogens, o Sago, è costituito da 26 membri, selezionati su 700 candidati, che vantano una vasta esperienza in diverse materie che vanno dall’epidemiologia alla biosicurezza.Gli esperti provengono da Stati Uniti, Cina e altri paesi, come India, Kenya e Brasile. Alcuni dei membri della SAGO facevano parte del team di dieci esperti della prima indagine dell’Oms in Cina, tra cui Yungui Yang, vice direttore dell’Istituto di genomica di Pechino, Marion Koopmans, dell’Erasmus Medical Center in Olanda, Christian Drosten, dell’Istituto di virologia di Charite a Berlino. [fonte SCMP CNN ]
Xi lascia la “porta aperta” a Merkel
A poche settimane dall’uscita di scena politica di Angela Merkel, ieri la cancelliera tedesca ha avuto un colloquio in videoconferenza con il premier cinese Xi Jinping. Il dialogo bilaterale sarebbe stato cercato da Xi nel tentativo di alleviare le tensioni con il blocco europeo. In un’ ”atmosfera amichevole”, come riportano i comunicati rilasciati dalle agenzie statali cinesi, i due leader hanno discusso dell’andamento delle relazioni bilaterali e, soprattutto, degli obiettivi del vertice della Cop26, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre prossimi. Proprio la Xinhua, l’agenzia di stampa statale, sottolinea come il presidente Xi abbia elogiato l’operato della cancelliera uscente circa i rapporti bilaterali, porgendo un ramo di ulivo nel tentativo di alleviare la tensione tra Ue e Cina.
Il presidente cinese avrebbe infatti detto alla Merkel che Pechino non dimenticherà mai i “vecchi amici”, termine utilizzato in passato per Fidel Casro e Richard Nixon. “La porta della Cina è sempre aperta per te”, ha detto il presidente cinese. “Spero che continuerai a occuparti e a sostenere lo sviluppo delle relazioni tra Cina e Germania e tra Cina e Ue“. Quello di ieri è stato il secondo colloquio tra Xi e Merkel in poco più di un mese: a settembre, durante un colloquio telefonico, il presidente cinese, aveva espresso il proprio apprezzamento per Merkel e aveva parlato con la cancelliera tedesca della situazione in Afghanistan e dei rapporti tra Cina e Unione Europea. Come riportato qualche giorno fa dal South China Morning Post, Xi domani terrà anche una telefonata con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, chiudendo una settimana di scambi diplomatici di alto livello nel tentativo di ricucire i rapporti compromessi tra Bruxelles e Pechino. Nel corso dell’anno, il rapporto tra la Cina e alcuni stati membri dell’Ue è stato infatti scandito da molteplici tensioni. Nell’ultimo periodo i rapporti si sono logorati soprattutto con la Lituania e la Slovenia, intervenuti sulla questione taiwanese. [fonte SCMP ]
Cina: prezzi alla produzione ai massimi dal ’95. Ma l’export vola
Schizza l‘indice dei prezzi alla produzione sulla scia della cisi energetica che attanaglia la Cina da circa un mese. L’incremento riportato nel mese di settembre è del 10,7 per cento, il livello più alto dal 1995. La causa è la stessa alla base del blackout energetico: la carenza di carbone tra aumento dei prezi e misure anti-inquinamento. Il rincaro è stato comunque ammortizzato dalla inaspettata performance delle esportazioni. Secondo dati pubblicati ieri, l’export cinese ha registrato un aumento del 28,1% nel mese di settembre, rispetto al +25,6% di agosto, pur con i recenti ostacoli legati alle difficoltà di approvvigionamento, carenze energetiche e nuovi focolai di Covid-19. Secondo Eric Xin, economista per il gruppo bancario HSBC, lo sprint potrebbe essere motivato da spedizioni anticipate in vista delle vacanze e, soprattutto, alla luce delle interruzioni delle catene globali di approvvigionamento. Nelle ultime settimane, complici i nuovi obiettivi climatici di Pechino e alla politica del “doppio controllo del consumo energetico”, alle fabbriche delle province orientali di Guangdong e Zhejiang, importanti centri dell’export, è stato imposto di interrompere la produzione nei giorni prestabiliti. L’opinione di esperti come Louis Kujis di Oxford Economis prevede che nei prossimi mesi le autorità prendano in considerazione gli importanti risultati di crescita e chiedano di perseguire gli obiettivi climatici “su una linea temporale più misurata”. Le attività produttive, nel complesso, stanno soffrendo un rallentamento generale, complice il crollo dell’attività edilizia. [fonte Reuters]
La Cina mira a potenziare l’ufficio antitrust
La Cina sta considerando di rafforzare il ruolo dei suoi organi antitrust. Fonti di Reuters hanno riferito che la nuova proposta prevederebbe che uno degli uffici dell’attuale massima autorità antitrust, l’Amministrazione statale cinese per la regolazione del mercato, (SAMR), venga elevato a Ufficio nazionale antimonopolio (National Antimonopoly Bureau) e acquisisca un grado maggiore, raggiungendo il livello ministeriale. Questo potenziamento permetterebbe l’accesso a maggiori risorse economiche e umane – le autorità cinesi dispongono di meno personale rispetto ad altre grandi autorità antimonopolio – e impegnarsi in ricerche e indagini prima esternalizzate, sotto la guida di Gan Lin, l’attuale viceministro della SAMR. L’Amministrazione non ha ancora risposto a una richiesta di chiarimento.
Ma Xi Jinping a marzo aveva già espresso la necessità di “rafforzare i poteri antitrust” dopo che nell’ultimo anno la SAMR ha capitanato gli sforzi di Pechino di tenere a bada le multinazionali cinesi, contrastando le pratiche comuni di bloccare i link dei concorrenti sui loro siti web e usare impropriamente i dati per influenzare le scelte dei consumatori o per analizzare l’attività della concorrenza. Inoltre, non si tratta del primo caso di potenziamento di organi di regolamentazione: nel 2008, un semplice ufficio nazionale è stato elevato a ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente e, nel 2018, munito di maggiori poteri. [fonte Reuters]
Worker Lives Matter: futuri “colletti bianchi” contro il 996
Worker Lives Matter (打工人也需要生活), poi mutato in Worker Time (公司作息表) perché meno sensibile politicamente, è il nome di una nuova campagna che ha preso il via con la pubblicazione su Github, il 12 ottobre, di una lista che elenca gli orari di lavoro nelle aziende cinesi. I fondatori, quattro neolaureati, hanno dichiarato di voler creare un documento che raccolga informazioni sulle condizioni delle aziende tech, pensato per preparare chi entra nel mondo del lavoro “alla situazione attuale in cui gli straordinari sono molto diffusi e non regolamentati”. Visualizzato più di 100.000 volte in poche ore, il file ha registrato l’adesione di migliaia di “colletti bianchi” da ogni parte della Cina, che hanno segnalato lo stato attuale dei turni lavorativi in oltre 1.300 aziende – del settore tech ma anche petrolifero, immobiliare e finanziario – segnalando anche dettagli come il tempo concesso per i pasti. Malgrado le prese di posizioni da parte delle istituzioni, come quelle del Ministero delle risorse umane e la Corte suprema del popolo cinese, che a fine agosto avevano dichiarato “non validi” i contratti che impongono il famigerato orario 996, la campagna rivela che i turni di undici o dodici ore sono ancora la norma per alcuni dipartimenti di grosse multinazionali come Tencent, Alibaba, ByteDance e Meituan. Le proteste che hanno avuto luogo finora, prima tra tutte quella nata con il dominio Github 996.ICU (Intensive Care Unit) non sono servire a molto per invertire la rotta. Ma, sostengono i promotori della campagna, “siamo disposti a fare la nostra parte”. [fonte Github ithome]
Futuro incerto per la scultura Pillar of Shame di Hong Kong
Una macabra scultura sorge nel cortile dell’Università di Hong Kong e raffigura dozzine di corpi umani contorti in agonia. E’ “The Pillar of Shame” e commemora le vittime del massacro di piazza Tian’anmen del 1989. Il suo creatore, l’artista danese Jens Galschiøt, definisce l’opera “un’aperta accusa del regime di Pechino” e “una cartina di tornasole delle autorità cinesi di rispettare i diritti umani e la libertà di parola a Hong Kong“.
Il monumento straziante, alto otto metri e dedicato a coloro che sono stati uccisi dall’esercito cinese, è rimasto nel campus per 24 anni. Ma la sua permanenza è in pericolo. L’università pubblica dell’ex colonia britannica vuole che quest’opera d’arte venga rimossa. Già la scorsa settimana, l’ormai sciolta Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements of China ha ricevuto una lettera dallo studio legale statunitense Mayer Brown, con la quale si comunicava di portare via l’opera d’arte. L’università aveva detto inoltre che, in caso di mancato spostamento, la scultura sarebbe stata considerata abbandonata. La rimozione sarebbe dovuta avvenire ieri, ma il tifone che si sta abbattendo da qualche giorno sulla città ha solamente posticipato di qualche ora il triste evento.
E nel frattempo, l’artista danese, che detiene ancora della proprietà dell’opera in quanto l’aveva prestata due decenni fa all’Hong Kong Alliance per una mostra permanente nel campus, ha assunto un avvocato e spera di riuscire a far uscire la statua dalla città “in condizioni ordinate e senza che subisca alcun danno”. Alla luce della possibile rimozione della statua, i netizen hanno avviato una campagna per preservare digitalmente l’opera. Su Twitter, diversi utenti stanno cercando di creare una scansione tridimensionale dell’opera d’arte. Mentre c’è chi si reca al campus per scattare un’ultima foto dell’opera che a breve lascerà la città dopo 24 anni di permanenza. [fonte HKFP ]
Giappone: Kishida scioglie la Camera bassa
Il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, ha sciolto la Camera bassa della Dieta, in vista delle elezioni generali in programma in quel Paese il 31 ottobre. L’elezione – che si terrà dieci giorni dopo la scadenza del mandato quadriennale della Camera (21 ottobre) – salvo colpi di scena, conferirà formalmente a Kishida il mandato popolare dopo la nomina a presidente del Partito liberaldemocratico e la conseguente assunzione della guida del governo dopo la mancata candidatura del predecessore Yoshihide Suga. Dal secondo dopoguerra ad oggi il Giappone non aveva mai organizzato elezioni per il rinnovo della Camera dopo la scadenza del suo mandato [fonte AP]
A cura di Serena Console e Vittoria Mazzieri; ha collaborato Alessandra Colarizi