La Cina non vuole una guerra ma non ha paura di combattere. E’ il messaggio dell’agenzia di stampa statale Xinhua all’indomani dell’incremento dei dazi americani. Ancora più diretti gli avvertimenti dell’ex viceministro del commercio cinese Wei Jianguo intervistato dal Scmp: “la Cina non solo agirà come un maestro di kung fu in risposta ai trucchi degli Stati Uniti, ma anche come un pugile esperto e in grado di consegnare un pugno mortale alla fine”. In assenza di una controffensiva ufficiale, la stampa cinese non ha mancato di colorire l’ultimo round di negoziati con riferimenti alla Guerra di Corea – che ha visto Stati uniti e Cina su fronti opposti prima di convergere in una posizione di patteggiamento. Secondo Wei la Cina non capitolerà davanti alla strategia trumpiana della “massima pressione”. Secondo l’ex ministro. Pechino ha in cantiere una serie di possibili misure di ritorsione. Un corrispettivo aumento delle barriere commerciali è solo una delle tante opzioni. Per il Scmp, la National Development and Reform Commission avrebbe cominciato un processo di revisione degli investimenti esteri per accertarne l’impatto sulla “sicurezza nazionale” [fonte: Scmp]
Un nuovo parco per i Panda tre volte quello di Yellowstone
Il progetto per il nuovo Giant Panda National Park, che dovrebbe essere approvato nell’autunno del 2019, si estenderà su una superficie di 16.900 km2, quasi il triplo dell’area ricoperta dal parco di Yellowstone. Il parco sorgerà all’interno della provincia del Sichuan, dove risiedono circa l’80% dei panda selvatici e avrà lo scopo di raggruppare una dozzina di riserve già esistenti e altre numerose aree protette dove vivono migliaia di specie animali e vegetali, molte delle quali in pericolo di estinzione. Il parco è la ciliegina sulla torta di un progetto che ha visto la popolazione dei panda crescere dai 1200 esemplari degli anni Ottanta agli attuali 1864. Nel 2016, infatti, l’International Union for Conservation of Nature ha declassato lo status del panda gigante da ‘in pericolo’ a ‘vulnerabile’. Questi grandi mammiferi tuttavia sono attualmente suddivisi in 30 gruppi confinati all’interno di sei catene montuose nella Cina occidentale. Fenomeni quali la deforestazione, i disastri naturali, la costruzione di strade, l’agricoltura e altre intrusioni da parte dell’uomo, hanno degradato irrimediabilmente il paesaggio e frammentato la popolazione dei panda. Il nuovo rifugio mira a ridurre la frammentazione del loro habitat e, così facendo, a riunirne gli esemplari facilitandone l’accoppiamento e dunque la diversità genetica [fonte: Inkstone]
Attacco alle rivendicazioni cinesi nell’Artico
In un recente commento in merito alle ambizioni territoriali di Pechino sull’Artico, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha attaccato duramente la posizione cinese in una delle zone più calde del momento. “Esistono solamente stati che sia affacciano sull’Artico e stati che non vi si affacciano. Non vi è alcuna terza categoria e definirsi «Stato vicino all’Artico» non autorizza la Cina a fare assolutamente nulla”. Le parole di Pompeo, pronunciate alla vigilia della riunione del Consiglio Artico, rappresentano un chiaro avvertimento contro le attività di Pechino nella regione ricca di risorse. Se da un lato la Cina riconosce che gli stati al di fuori dell’Artico non hanno alcuna sovranità territoriale, Pechino si è affermata nel corso degli anni come un attore chiave con il diritto di svolgere attività scientifiche ed economiche, tra cui la pesca e l’estrazione mineraria. La Cina ha investito quasi 90 miliardi di dollari americani nell’Artico tra il 2012 e il 2017, annunciando piani per accelerare lo sviluppo della regione con il supporto di Mosca. Mentre Pompeo ha apprezzato lo sforzo economico cinese nella regione, si è anche detto preoccupato per un atteggiamo sempre più “aggressivo” di Pechino a livello internazionale. “Vogliamo che l’Oceano Artico si trasformi in un nuovo Mar Cinese Meridionale, militarizzato e carico di pericolose rivendicazioni territoriali?”, ha chiesto Pompeo durante il Consiglio [fonte:
Momento del giudizio per Duterte
Circa 61 milioni di persone provenienti da oltre 7.000 isole si sono registrate per votare nelle elezioni provinciali, cittadine e nazionali cominciate questa mattina alle 6,00. La tornata elettorale di mid-term costituisce un banco di prova per Duterte, impegnato a ottenere il controllo del Senato, dove attualmente il presidente non ha la maggioranza necessaria a introdurre cambiamenti costituzionali e ripristinare la pena di morte. La chiamata alle urne deciderà inoltre il futuro del clan Duterte nel suo insieme. Infatti mentre la figlia Sara – possibile candidata alle presidenziali del 2022 – cercherà una rielezione come sindaco di Davao, Sebastian aspira al ruolo di vicesindaco e l’altro figlio Paolo è in corsa per un posto alla Camera dei rappresentanti [fonte: Bbc]
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