I titoli della rassegna di oggi:
– La Cina e i due Kim
– La Malaysia e gli altri amici asiatici di Pyongyang
– Cina – Show di forza in Xinjiang
– Filippine – supertestimone contro Duterte
– Pechino lega a sé la Mongolia a doppio filo
– Stop al primo volo tra Tagikistan e Uzbekistan La Cina e i due Kim
Il silenzio e la morigeratezza di Pechino sulla vicenda dell’assassinio di Kim Jong-nam, anche se in perfetto stile diplomatico cinese, sollevano qualche interrogativo. Da un lato, il Kim defunto era un protegé della Cina, viveva a Macao e aveva una moglie e un figlio a Pechino. Alcuni osservatori ritengono fosse il cavallo su cui la leadership cinese puntava nel caso di collasso del regime di Pyongyang. D’altro lato, la Cina non può ammettere questa circostanza e ha già fatto sapere – tramite i media di Stato – che non riconoscerà eventuali responsabilità della Corea del Nord nell’assassinio, versione condivisa invece da Usa e Corea del Sud. Intanto però agisce ai fianchi e interrompe le importazioni di carbone dal vicino scomodo, in linea con le sanzioni Onu. La scommessa «Corea del Nord» è sempre stata per la Cina fonte di tragedie e mal di testa, a partire dal mezzo milione di cinesi morti durante la guerra di Corea degli anni Cinquanta.
La Malaysia e gli altri amici asiatici di Pyongyang
L’uccisione del fratellastro di Kim Jong-un a Kuala Lumpur sta mettendo a dura prova le relazioni tra la Corea del Nord e la Malaysia. La gestione malese del caso non soddisfa le autorità nordcoreane che chiedono la consegna del cadavere e investigazioni congiunte. Le frizioni – che sono già sfociate nel richiamo dell’ambasciatore malese a Pyongyang e non sembrano in procinto di migliorare – mettono a repentaglio una partnership particolarmente preziosa per il Regno eremita. Fin dal 2009 i cittadini malesi intenzionati a viaggiare a nord del 38esimo parallelo godono dell’esenzione del visto e sebbene le relazioni bilaterali ammontino ad appena 5 milioni di dollari il governo di Kuala Lumpur ha continuato a coltivare la controversa amicizia in previsione di una futura sospensione delle sanzioni. Ma la Malaysia non è l’unico paese del Sudest asiatico a strizzare l’occhio a Pyongyang. Anche Singapore, Cambogia, Indonesia e Myanmar vantano una storia di sinergie occulte con il regime del Nord, dal commercio delle armi al riciclaggio di denaro.
Cina – Show di forza in Xinjiang
Migliaia di soldati in assetto da combattimento hanno sfilato nelle città dello Xinjiang, l’irrequieta regione dell’estremo occidente cinese, mentre i funzionari locali promettono un «tuonante» giro di vite anti-terrorismo a seguito di quello che sembrerebbe un aumento degli episodi di violenza etnica. Centinaia di uomini vestiti di nero e appartenenti ai corpi speciali, nonché soldati armati di fucili, sono scesi per le strade di Urumqi, capitale dello Xinjiang, lo scorso sabato. Nella settimana precedente, parate analoghe si sono svolte a Hotan e a Kashgar. Zhu Hailun, vicecapo del Partito comunista nella regione, ha dichiarato che le autorità stanno per intraprendere una campagna contro i terroristi islamici e i separatisti responsabili di recenti spargimenti di sangue. Tra fine dicembre e oggi, alcuni episodi di violenza avrebbero provocato nella regione più di una decina di morti.
Filippine – supertestimone contro Duterte
È ricomparso all’improvviso, Arthur Lascañas, il supertestimone che dovrebbe provare le accuse di omicidi extragiudiziali compiuti dal presidente filippino Rodrigo Duterte quando era sindaco di Gavao, accuse che potrebbero portare al suo impeachment. Lascañas era stato più volte tirato in ballo da un’altro testimone ed ex killer, Edgar Matobato, che l’aveva definito «braccio destro di Duterte»; era già stato ascoltato in un’audizione parlamentare lo scorso autunno, ma aveva sempre negato i fatti. Ieri è ricomparso all’improvviso in una conferenza stampa ammettendo tutto. Lui dice per ragioni di coscienza, i sostenitori di Duterte lo accusano invece di far parte di una congiura per destituire il presidente.
Pechino lega a sé la Mongolia a doppio filo
I media cinesi celebrano il nuovo prestito concesso dal Fmi alla Mongolia in crisi, nel quale il contributo cinese è predominante, come «un aiuto sincero per aiutare il Paese a diversificare la propria economia».
Le misure comprendono assistenza, condizioni di prestito favorevoli e l’ampliamento di un accordo di currency swap bilaterale che consentirà ai due Paesi di interagire economicamente senza passare dal dollaro Usa. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il suo omologo mongolo Tsend Munkh-Orgil hanno definito l’accordo «vitale per il commercio estero e la stabilità monetaria della Mongolia», ma è chiaro chi tenga i cordoni della borsa. La Mongolia appare sempre più dipendente dall’aiuto e dal mercato cinesi.
Stop al primo volo tra Tagikistan e Uzbekistan
Avrebbe dovuto essere il primo volo passeggeri che collegava i due Paesi limitrofi da 25 anni a questa parte, ma l’aereo in partenza da Dušanbe – Tagikistan – alla volta di Taškent è stato improvvisamente annullato dalle autorità aeroportuali uzbeke. Nessun commento. I due Paesi ex sovietici non hanno avuto collegamenti aerei dal 1992 quando la guerra civile in Tagikistan e la paranoia del presidente uzbeko Islam Karimov ha fatto chiudere a doppia mandata i confini. Con la morte di Karimov, avvenuta lo scorso autunno, e l’avvento del nuovo presidente Shavkat Mirziyoyev, il clima si è rilassato e l’Uzbekistan ha decretato l’ingresso senza visto per i cittadini di 15 Paesi – tra cui l’Italia – anche se non ancora in vigore. Ma evidentemente il Tagikistan resta ancora «lontano».