I titoli di oggi:
- La Cina apre ai vaccini stranieri?
- La Cina al centro della nuova strategia del Pentagono
- Numero dei cinesi al primo matrimonio quasi dimezzato in sette anni
- Cina: “Instabilità nel Corno d’Africa colpa di forze straniere”
- La Corea del Sud testa razzo spaziale a propellente solido
- Taiwan ospiterà vertice internazionale sulla democrazia
Più di 20.000 persone tra banchieri, trader e altri operatori del settore finanziario di Shanghai si sono stabiliti negli uffici nel distretto di Lujiazui, la Wall Street cinese, per mantenere il gigantesco hub finanziario in funzione durante il lockdown. Il personale è stato convocato prima del blocco di lunedì, mentre sono stati preparati sacchi a pelo e forniture di base per il pernottamento. Il governo ha fatto di tutto per compromettere le regolari attività nella capitale economica cinese. Ma anche con una quarantena parziale il prezzo da pagare sarà elevato. Secondo uno studio della Chinese University of Hong Kong, i lockdown imposti negli ultimi giorni costeranno al paese almeno 46 miliardi di dollari al mese, ovvero il 3,1% del PIL. La stima – ritenuta “conservativa” – tiene conto del fatto che alcune delle città sottoposte alle misure anti-covid generano circa il 20% del prodotto interno lordo nazionale. I costi tuttavia raddoppierebbero se quelle stesse aree adottassero il regime di quarantena di Shanghai, che vieta ai residenti persino di lasciare le proprie case. Per tentare di contenere il danno, la municipalità ha annunciato ieri sgravi fiscali per 22 miliardi di dollari per le aziende.
Intanto le ultime linee guida sulla gestione epidemica rilasciate dal governo municipale lasciano intendere per la prima volta un’apertura della Cina all’importazione di vaccini stranieri. Sino ad oggi la campagna vaccinale nel paese ha visto l’utilizzo esclusivamente dei sieri cinesi, anche se recentemente nella provincia del Jilin era stata avviata la somministrazione della pillola antivirale di Pfizer.
La Cina al centro della nuova strategia del Pentagono
Riassumendo documenti ancora classificati, lunedì il dipartimento della Difesa americano ha definito la Cina il “concorrente strategico più consequenziale” degli Stati uniti. Il Pentagono ha quindi affermato che “agirà con urgenza per sostenere e rafforzare la deterrenza” per difendere il paese dalla “crescente minaccia multi-dominio” rappresentata dalla Cina. La strategia, che incorpora la Nuclear Posture Review e la Missile Defense Review, cita la necessità di creare una forza deterrente non solo per proteggere gli Stati Uniti, ma anche gli alleati: le “alleanze e partnership reciprocamente vantaggiose sono una forza duratura” per gli Stati Uniti e sono essenziali affinché il paese raggiunga i propri obiettivi. La Russia viene menzionata come minaccia numero due.
Contestualmente, proprio ieri, Biden ha chiesto di portare la spesa per la sicurezza nazionale a 813,3 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2023. Se la proposta verrà approvata da Camera e Senato, 773 miliardi di dollari andranno al Pentagono, oltre 30 miliardi di dollari in più rispetto a quanto approvato dal Congresso quest’anno. 1,8 miliardi sono previsti per rafforzare la strategia indopacifica e rendere la regione “libera, aperta, connessa, sicura e resiliente”, mentre 400 milioni di dollari dovrebbero confluire nel Countering PRC Malign Influence Fund, creato per combattere quelle che vede come pratiche economiche illegali e coercitive che minano il suo vantaggio strategico.
Numero dei cinesi al primo matrimonio quasi dimezzato in sette anni
Il numero delle coppie cinesi al primo matrimonio è calato quasi della metà negli ultimi sette anni. Lo riporta la YuWa Population Research, secondo la quale nel 2020 i cinesi a convolare a nozze sono stati appena 12,28 milioni, il 48,5 per cento in meno rispetto ai 23,85 milioni del 2013. Contestualmente il numero di registrazioni di matrimoni cinesi è sceso a 7,63 milioni nel 2021. James Liang, economista e presidente di Trip.com, ha affermato che il calo si osserva sia nelle aree rurali che nelle grandi città, a causa dell’aumento dei costi di vita e dell’educazione dei figli anche nelle zone meno sviluppate. Il rapporto mostra anche che chi si sposa tende a farlo molto più tardi. Nella provincia dell’Anhui, nella Cina orientale, l’età media per la registrazione del primo matrimonio nel 2021 era di 33,31 anni, rispetto ai 26 anni del 2008. Un dato peggiore di Giappone e Corea del sud. La situazione negli hub economici del paese potrebbe essere anche più fosca.
Il calo dei matrimoni è direttamente correlato alla diminuzione delle nascite, vero anatema di Pechino. Dallo scorso anno il governo cinese sta cercando di invogliare i giovani a fare figli riducendo gli oneri economici delle famiglie. Da ultima la notizia dell’ampliamento delle detrazioni sul reddito personale, che includeranno le spese per l’assistenza all’infanzia per i bambini di età inferiore ai tre anni. L’importo deducibile è di 1.000 yuan ($ 157) al mese per ogni famiglia. Il provvedimento entrerà in vigore dal 1 gennaio.
Cina: “Instabilità nel Corno d’Africa colpa di forze straniere”
“Pensiamo che la causa principale dei conflitti [nel Corno d’Africa sia] l’intervento straniero e il neocolonialismo.” Dopo aver accusato gli stati uniti di essere il principale responsabile della guerra in Ucraina, la Cina richiama nuovamente in causa Washington, stavolta in riferimento all’instabilità in Eritrea, Somalia, ed Etiopia. L’invettiva caustica è giunta per bocca di Xue Bing, inviato speciale per il Corno d’Africa, che da giorni è impegnato a promuovere la pax sinica nel continente. Pechino ha in programma di organizzare una conferenza di pace entro l’anno, ma fino ad ora -secondo China Media Project- il tour è servito a raccogliere consensi in merito alla posizione cinese nei vari dossier internazionali piuttosto che a promuovere soluzioni per stabilizzare la regione. La trasferta di Xue giunge in concomitanza con un’intensa attività diplomatica che ha visto il ministro degli esteri Wang Yi e Xi Jinping dialogare con ministri e leader del Sud globale. Lo scopo è quello di respingere le critiche dell’occidente per la mancata condanna dell’invasione russa dell’Ucraina.
La Corea del Sud testa razzo spaziale a propellente solido
La Corea del Sud ha testato con successo per la prima volta un razzo spaziale a propellente solido, primo importante passo verso la creazione di una costellazione di satelliti per monitorare meglio le minacce nordcoreane. Si tratta del primo lancio di questo tipo da quando Seul e Washington hanno concordato lo scorso anno di porre fine a decenni di restrizioni sullo sviluppo di razzi e missili balistici al Sud. Il ministero della Difesa sudcoreano ha specificato che il vettore è stato realizzato interamente con “pura tecnologia coreana”. Il successo dell’ultimo collaudo giunge dopo la deludente performance del razzo a propellente liquido Nuri, testato a ottobre. Intanto ieri fonti sudcoreane hanno messo nuovamente in discussione l’avanzamento del programma missilistico del Nord. L’ultimo lancio avrebbe infatti coinvolto il precedente modello Hwasong-15, anziché il Hwasong-17 come sostenuto da Pyongyang.
Taiwan ospiterà vertice internazionale sulla democrazia
Taiwan ospiterà un incontro globale del World Movement for Democracy il prossimo ottobre. Lo hanno annunciato ieri la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e il capo della fondazione statunitense National Endowment for Democracy, Damon Wilson. L’assemblea mondiale si dovrebbe tenere dal 24 al 27 ottobre e riunirà 400 persone provenienti da decine di paesi. Sottolineando l’importanza internazionale dell’evento, Wilson ha affermato che l’incontro offrirà l’opportunità di far conoscere la democrazia taiwanese in tutto il mondo e contribuirà a sostenere la libertà dell’isola. Il ministero degli Esteri cinese non ha preso benissimo la notizia. Letteralmente: “Si ritiene che il National Endowment for Democracy sia una ‘seconda CIA’… Ora il capo di questa organizzazione è in viaggio a Taiwan… Non stanno cercando di portare una buona ricetta per la democrazia nella regione, piuttosto hanno il veleno del separatismo nelle loro mani maniche”.
A cura di Alessandra Colarizi
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.