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In Cina e Asia – La Cina annuncia gli obiettivi per il 2023 

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • La Cina annuncia gli obiettivi per il 2023 
  • Due sessioni: nuove leggi per contrastare le sanzioni straniere
  • Due casi di omicidi di donne in Cina scatenano il web
  • Miliardario americano denuncia blocco dei depositi in Cina
  • Leader dell’opposizione cambogiana condannato per tradimento
  • Seul propone nuovo accordo sul lavoro forzato

Nel giorno di apertura dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp), il premier cinese Li Keqiang ha presentato il suo ultimo rapporto di lavoro prima del pensionamento. Si tratta del resoconto con il quale la seconda carica del paese riassume le politiche chiave dell’anno appena trascorso e spiega i programmi per quello che verrà. Come riportato dal South China Morning Post, prima di tutto Li ha dichiarato che l’obiettivo di crescita del PIL per il 2023 è stato fissato al 5%. Al ribasso rispetto alla previsione del 5,5% del 2022, ma più alto dell’effettivo 3% poi raggiunto dalla Repubblica popolare. Per quanto riguarda le altre prospettive economiche, il premier ha annunciato grandi finanziamenti a settori chiave come quello dei chip e maggiori investimenti nell’assistenza agli anziani e nelle politiche di natalità. Vista l’instabilità economica globale, la politica monetaria dovrà essere “prudente” e “mirata”, ha detto. Il governo dovrà avere un maggior ruolo nello sviluppo tecnologico ma, con l’obiettivo di mirare all’autosufficienza nella scienza e nella tecnologia, le imprese resteranno i “motori dell’innovazione”. La Cina, ha dichiarato Li, cercherà di intensificare gli sforzi per attrarre investimenti esteri e adotterà le misure necessarie per aderite all’accordo di libero scambio del CPTPP, il Partenariato transpacifico. Il budget per la spesa militare del 2023 aumenterà del 7,2% rispetto all’anno scorso (lieve incremento rispetto al 7,1% del 2021). Li ha poi menzionato la Belt and Road Iniziative (BRI), attraverso la quale, secondo le sue parole, il governo cinese ha promosso anche nel 2022 una “cooperazione di alta qualità” con i paesi aderenti.

Sul piano politico, il premier ha sottolineato la “vittoria sul Covid” (senza mai menzionare la politica Zero Covid). È stata elogiata l’applicazione del principio di “un paese due sistemi” valido per le regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao, e affermato che la Cina adotterà misure risolute per opporsi all’indipendenza di Taiwan e promuovere la “riunificazione”. Giudizio positivo anche per la “diplomazia con caratteristiche cinesi” che ha “salvaguardato la sovranità e gli interessi” della Cina, promuovendo la “pace nel mondo” e la promozione del multilateralismo.

Secondo l’analisi del Nikkei Asia, durante il suo discorso di un’ora il premier ha menzionato la parola “stabilità” 33 volte, rendendolo uno dei termini più usati (non è mai stata citata invece la “prosperità comune”). Li Keqiang è stato applaudito sia all’inizio che alla fine dell’intervento: al termine delle “due sessioni” a prendere il suo posto come nuovo premier della Repubblica popolare sarà molto probabilmente Li Qiang, che nel suo ultimo ruolo ha servito come Segretario del Partito comunista a Shanghai.

Due sessioni: nuove leggi per contrastare le sanzioni straniere

Negli ultimi anni, funzionari e aziende cinesi sono stati colpiti da sanzioni occidentali che sono state motivate, tra le altre cose, dalle accuse a Pechino per le violazioni dei diritti umani ai danni delle minoranze etniche. La guerra in Ucraina potrebbe aggravare ulteriormente la situazione, visti i legami tra Cina e Russia. Ma ora la Repubblica popolare ricorrerà a mezzi legali per contrastare l’impatto delle sanzioni straniere. Lo scorso sabato il portavoce della prima sessione del 14esima Assemblea nazionale del popolo (NPC) Wang Chao ha dichiarato che sono già iniziati i lavori a riguardo: già lo scorso anno era stata pubblicata una bozza di legge che prevederebbe l’adozione di contromisure nel caso di minaccia agli interessi chiave del paese. La Cina, ha detto Wang, si oppone con fermezza al cosiddetto “giurisdizione a braccio lungo” (in inglese, “long-arm jurisdiction”), pratiche che consentono a un tribunale di esercitare la propria giurisdizione su persone e società in altri stati: senza menzionare direttamente gli Stati Uniti, Wang ha aggiunto che “alcuni paesi hanno continuate ad abusare dell’applicazione extraterritoriale delle loro leggi nazionali in violazione del diritto internazionale, con l’obiettivo di [..] servire i propri interessi”. Di fronte a questi atti descritti come “egemonici e ostili”, è “assolutamente giustificabile e necessario” che il paese prenda provvedimenti.

Miliardario americano denuncia blocco dei depositi in Cina

Nonostante le rassicurazioni di Li Keqiang sull’apertura dell’economia cinese, le cose non sembrano più essere quelle dei tempi di “Deng Xiaoping”. A pensarlo è il miliardario americano Mark Mobius, che ha dichiarato a FOX Business di non riuscire a portare i propri soldi fuori dalla Cina a causa dei controlli sui capitali esercitati dal governo di Pechino. Secondo Mobius il denaro, depositato su un conto con HSBC a Shanghai, non è trattenuto esplicitamente. Per poterlo prelevare serve però un “resoconto degli ultimi 20 anni su come ho fatto quei soldi, pazzesco”, dice l’investitore. Stando a quanto riportato da Reuters, Mobius è stato per decenni uno più grandi fautori degli investimenti nel mercato cinese, ma ora afferma che “il governo sta diventando sempre più orientato al controllo dell’economia”. Il suo suggerimento agli investitori è quindi di fare “molta attenzione”, e che India e Brasile potrebbero rappresentare dei mercati alternativi a quello della Repubblica popolare.

Due casi di omicidi di donne in Cina scatenano il web

Due donne agli opposti dello spettro sociale, entrambe uccise dai propri mariti, hanno riacceso il dibattito sulle violenze domestiche in Cina. La prima, una ventiquattrenne dello Henan, è stata pugnalata a morte la scorsa settimana. I resti smembrati della seconda, la modella Abby Chou, sono stati ritrovati nei giorni scorsi. Le indagini hanno inchiodato il marito e due membri della sua famiglia. Si tratta degli ultimi omicidi perpetrati a Hong Kong con dinamiche simili, tutti commessi da uomini ai danni di donne. Le reazioni sui social non si sono fatte attendere. Molti commenti hanno messo in discussione gli appelli del governo a sposarsi e a fare più figli, campagne e misure legislative lanciate da Pechino per compensare la crisi demografica del paese. “Sembra che non sposarsi e non avere figli è davvero la cosa più sicura per noi”, ha scritto una utente sul web. Se la nuova Legge sulla protezione dei diritti e degli interessi delle donne varata lo scorso ottobre include tutele legali per le donne vittime di violenza, le misure sono state criticate come poco concrete. I servizi per l’infanzia sono inaccessibili a molti, e manca un sostegno inadeguato alle madri lavoratrici. Altri hanno sottolineato le difficoltà che emergono nell’abbandonare matrimoni violenti, soprattutto dopo l’introduzione di un “periodo di riflessione” obbligatorio di 30 giorni per le coppie che intendono divorziare.

Hong Kong: annullata all’ultimo manifestazione sui diritti delle donne

Sabato è stata annullata all’ultimo minuto una manifestazione sui diritti delle donne a Hong Kong: sarebbe stata la prima grande protesta per i diritti civili approvata nella Regione amministrativa cinese da anni. Come riportato dalla Reuters, inizialmente la polizia aveva emesso una lettera di “non obiezione”, dando la possibilità agli organizzatori di indire la manifestazione a condizione che non fosse contraria agli interessi di sicurezza nazionale. L’Associazione delle lavoratrici di Hong Kong (questo il nome dell’ente organizzatore) sarebbe quindi scesa in piazza per chiedere più diritti sul lavoro, diritti delle donne e uguaglianza di genere. Poco prima dell’inizio della manifestazione, però, ecco il dietrofront della polizia. Secondo le forze dell’ordine di Hong Kong alcuni gruppi violenti avrebbero avuto intenzione di unirsi alla protesta. Di fronte alle domande dei giornalisti, che chiedevano se la polizia volesse evitare una protesta che avrebbe potuto mettere in imbarazzo Pechino proprio durante le “due sessioni”, il sovrintendente Dennis Cheng si è però mostrato evasivo e non ha specificato le motivazioni precise alla base del cambio di linea.

Leader dell’opposizione cambogiana condannato per tradimento

Kem Sokha, oppositore del leader cambogiano Hun Sen, è stato riconosciuto colpevole di tradimento. L’ex leader del partito Cambodia National Rescue Party (CNRP) era stato arrestato nel 2017 con l’accusa di aver cospirato con gli Stati Uniti per spodestare Hun Sen. Il suo partito era stato disciolto subito dopo, e all’uomo era stato vietato di partecipare alla politica. Ora, dopo anni, è giunto il verdetto. L’ambasciatore statunitense W Patrick Murphu ha definito le accuse del governo cambogiano “teorie cospirative inventate”. Altre critiche giungono dai gruppi per i diritti umani: secondo Amnesty International il sistema giudiziario cambogiano ha “dimostrato ancora una volta la sua sconcertante mancanza di indipendenza“; Human Rights Watch ha lanciato un appello affinché il politico venga rilasciato “immediatamente e senza condizioni”. Il vicedirettore di HRW Phil Robertson ha aggiunto che la condanna è servita a Hun Sen come stratagemma per “eliminare il sistema democratico del paese”, e “spegnere ogni speranza che ci possano essere delle vere elezioni generali a luglio”.

Seul propone nuovo accordo sul lavoro forzato

La Corea del Sud sospenderà il contenzioso intrapreso nei confronti del Giappone presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). L’annuncio segue la proposta di un accordo con Tokyo riguardante lo sfruttamento del lavoro coreano in tempo di guerra. Nel 2019, in risposta alla storica disputa, il Giappone aveva imposto alcuni limiti alle esportazioni verso la Corea del Sud di materiali per il settore tecnologico. Secondo la nuova iniziativa, a compensare le vittime del lavoro forzato non sarà il governo nipponico, bensì una fondazione governativa supportata dalle società sudcoreane che avevano ricevuto fondi dal Giappone nell’ambito di un precedente accordo firmato nel 1965.

A cura di Vittoria Mazzieri e Francesco Mattogno