In Cina e Asia – Ispettori nelle sedi italiane di Bank of China

In by Simone

I titoli della rassegna di oggi:

– Ispettori nelle sedi italiane di Bank of China
– Portuali di Atene in piazza contro la vendita del Pireo ai cinesi
– La marina di Hong Kong contro il «casinò galleggiante» New Imperial Star
– Ministero degli esteri del Regno Unito: «L’Indipendenza di Hong Kong non è un’opzione»
– Le trentenni single e in carriera contro gli stereotipi della «brava moglie cinese»
– Il Global Times è troppo nazionalista, dice l’ex ambasciatore cinese in Francia
– Pechino ha varato nuove regole a sostegno dei whistle-blowers
– Taiwanesi per la pena di morte
– La Thailandia rafforza controlli dopo la «visita» di quattro terroristi, due ceceni e due uiguri
– Tragedia durante show di fuochi d’artificio in un tempio del KeralaIspettori nelle sedi italiane di Bank of China

Secondo un’esclusiva della Reuters, la Banca d’Italia starebbe effettuando ispezioni in loco nelle varie sedi italiane di Bank of China, l’istituto di credito statale da alcuni anni al centro di indagini per aver facilitato presunti flussi di denaro illecito tra il Belpaese e la Repubblica popolare. Si parla di 297 persone coinvolte (sopratutto cinesi) e oltre 4,5 miliardi di euro tra il 2006 e il 2010, parte dei quali incanalato attraverso l’operatore di money transfer Money2Money.
Le vicissitudini italiane arricchiscono il quadro minuziosamente tratteggiato da una recente inchiesta di Ap, che individua nella Cina la capitale del riciclaggio a livello internazionale.

Portuali di Atene in piazza contro la vendita del Pireo ai cinesi

Mentre venerdì veniva finalizzata la vendita dell’autorità portuale del Pireo alla China COSCO Shipping, i lavoratori locali hanno marciato nelle strade di Atene per protestare contro l’accordo che – dicono – mette a rischio i loro posti di lavoro. I terminal sono stati chiusi come le rimostranze sono sfociate in brevi scontri tra manifestanti e polizia.

La COSCO, che è presente nel porto dal 2009 con la gestione di due moli, entra così in possesso del 51 per cento del Pireo per 280 milioni di euro, a cui si aggiungerà un ulteriore 16 per cento dopo cinque anni a condizione che abbia portato a termine gli investimenti, come concordato. L’acquisto aggiunge un importante tassello alla Nuova Via della Seta cinese, ma getta anche benzina sul fuoco del malcontento popolare per il piano di privatizzazioni varato da Atene.

La marina di Hong Kong contro il «casinò galleggiante» New Imperial Star

Per due anni la New Imperial Star ha dato rifugio agli amanti del gioco d’azzardo poco a largo dalle coste di Hong Kong, in acque territoriali internazionali dove le scommesse sono consentite. Ma dal 6 ottobre la nave risulta ancorata nel Porto Profumato «ostaggio» della marina di Hong Kong che ne ha rilevato delle irregolarità durante un’ispezione.

Degli iniziali 150 membri dell’equipaggio 46 sono ancora a bordo in attesa di ricevere lo stipendio, nonostante il loro contratto sia ormai scaduto e le provviste di viveri scarseggino. Quartz racconta la loro odissea in un reportage.

Ministero degli esteri del Regno Unito: «L’Indipendenza di Hong Kong non è un’opzione»

L’indipendenza non è cosa per Hong Kong. A dirlo è Philip Hammond, primo segretario agli esteri britannico a visitare l’ex colonia in cinque anni. Hammond si è detto favorevole ad una riforma costituzionale sotto lo slogan «un paese, due sistemi», ma non ad una radicale scissione dalla mainland.

Intanto sei gruppi localisti, nati sulla scia di Occupy Central, uniscono le forze in un’alleanza politica che strizza l’occhio alle elezioni parlamentari di settembre. Tra loro c’è anche l’Hong Kong Indigenous, la cordata radicale indipendentista dietro agli scontri andati in scena a Mong Kok la notte del Capodanno.

Rimane fuori invece Demosisto, il partito (più moderato) fondato dall’ex leader delle proteste studentesche Joshua Wong, che basa il proprio manifesto sull’autodeterminazione e sulla proclamazione di un referendum per decidere il futuro dell’isola dopo il 2047, quando scadrà il principio «un paese, due sistemi».

Le trentenni single e in carriera contro gli stereotipi della «brava moglie cinese»

Un video di quattro minuti punta a valorizza la figura delle shengnu, letteralmente le «donne avanzate». Ovvero le trentenni single e in carriera che la società cinese mette alla pubblica gogna in contrapposizione all’ideale femminile della moglie, madre e nuora devota. Lo spot, lanciato dalla ditta di cosmetici giapponese SK-II, riporta la testimonianza di alcune ragazze cinesi sottoposte alle pressioni dei famigliari e persino delle istituzioni.

Questo perché in realtà il problema non ha soltanto radici di tipo «culturale». Secondo il New York Times, nel 2020 in Cina ci saranno 30 milioni di uomini single in più da dover sistemare.
Il video ha avuto un grande successo totalizzando oltre 1,4 milioni di visualizzazioni soltanto tra mercoledì e giovedì.

Il Global Times è troppo nazionalista, dice l’ex ambasciatore cinese in Francia

Il Global Times è troppo nazionalista. A dirlo non è la stampa occidentale, bensì l’ex ambasciatore cinese in Francia, Wu Jianmin. Alcuni giorni fa, il diplomatico si è scagliato contro il quotidiano bulldozer della politica estera cinese, definendolo «troppo estremo». In risposta il direttore editoriale Hu Xijin ha giustificato la linea aggressiva adottata dai media come contraltare all’approccio troppo remissivo della diplomazia. Sul web non sono mancati commenti di sostegno, ma nemmeno di dissenso. «Il sogno della rinascita del popolo cinese è una missione nobile e avrà un futuro radioso», scrive un internauta su Weibo.

Pechino ha varato nuove regole a sostegno dei whistle-blowers

Nello specifico le misure, rese pubbliche congiuntamente dal procuratorato supremo del popolo e dai ministeri della sicurezza pubblica e delle finanze, sono mirate a proteggere l’identità degli informatori e per la prima volta descrivono nello specifico le sanzioni in caso di ritorsione da parte delle autorità coinvolte.

Da quando la dirigenza guidata da Xi Jinping ha giurato guerra alla corruzione, giornalisti, blogger e attivisti si sono mobilitati per scoperchiare le malefatte dei funzionari. Come ricompensa, tuttavia, alcuni sono finiti in manette.

Taiwanesi per la pena di morte

Nella giornata di domenica, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a sostegno della pena di morte contro il 33enne che il 28 marzo scorso ha decapitato una bambina di quattro anni a Taipei. Secondo recenti sondaggi, la maggior parte della popolazione taiwanese si dice favorevole alla pena capitale e negli ultimi anni omicidi di simile efferatezza hanno di tanto in tanto rianimato il dibattito. Ad ogni modo, sebbene Taipei abbia reintrodotto la pena capitale nel 2010 dopo cinque anni di sospensione, i casi in cui viene comminata sono piuttosto rari e vanno dall’omicidio aggravato al sequestro di persona. Secondo la polizia l’assassino era precedentemente stato arrestato per droga e sottoposto a cure psichiatriche.

La Thailandia rafforza controlli dopo la «visita» di quattro terroristi, due ceceni e due uiguri

Secondo informazioni dell’intelligence fatte trapelare alla stampa locale, i due uiguri – arrivati a Pukhet il 23 marzo e già probabilmente in viaggio verso la Malaysia – starebbero pianificando attacchi contro obiettivi cinesi nel Sud-est asiatico. Proprio i cinesi erano stati il target degli attentati verificatisi a Bangkok lo scorso agosto di cui è stata accusata la minoranza musulmana e turcofona originaria dello Xinjiang.

Il gesto sarebbe stato motivato dalla volontà di vendicare la deportazione di 109 uiguri, che le organizzazioni per la difesa dei diritti umani ritengono perseguitati dal regime cinese.

Tragedia durante show di fuochi d’artificio in un tempio del Kerala

Ammontano a oltre 100 morti morti e più di 250 feriti le vittime dell’incendio divampato alle 3 della mattina di domenica nel complesso di templi hindu di Puttingal, nel villaggio di Paravoor, a nord della capitale dello stato del Kerala. Secondo alcune ricostruzioni le fiamme sarebbero state innescate da una scintilla proveniente da un fuoco d’artificio rimbalzata su una batteria di botti preparati per una competizione pirotecnica in chiusura ai festeggiamenti in onore della dea Bhadrakali.

Da un’indagine preliminare è emersa la presenza di sostanze chimiche vietate, mentre la polizia ha registrato una denuncia nei confronti delle autorità del luogo di culto per aver organizzato l’evento senza le necessarie autorizzazioni. La portata della catastrofe è rilevante anche per un paese come l’India, dove incidenti causati da una mancata osservanza delle norme di sicurezza non sono insoliti.