Nonostante i venti contrari del contesto internazionale, la Cina porterà avanti la propria strategia, spingendo sul pedale dell’innovazione e dell’autonomia tecnologica. E’ quanto emerso ieri al termine del quinto plenum del Pcc, l’atteso appuntamento di quattro giorni da cui dipenderà il futuro del paese nei prossimi 15 anni. Il consesso, oltre a definire le politiche contenute nel prossimo piano quinquennale (che verrà approvato dal parlamento a marzo), è servito per la prima volta dal 1995 a delineare una strategia di lungo termine con scadenza nel 2035, ovvero esattamente a metà tra i due centenari: la nascita del partito (1921) e la fondazione della Repubblica popolare (1949). Allora la Cina dovrà aver raggiunto la “modernizzazione socialista”. C’è chi vocifera che la data potrebbe anche coincidere con la fine dell’ultimo mandato di Xi Jinping, un’eventualità – resa possibile dalla revisione costituzionale del 2018 – che lo renderebbe il leader più politicamente longevo dopo Mao Zedong. Al momento non si intravedono i segni di una possibile successione. Né la necessità che questa avvenga. L’operato del presidente ha riscosso la piena approvazione del Comitato centrale del Pcc in virtù dei “risultati notevoli ottenuti nel frenare la pandemia” e nell’aver migliorato la qualità della vita. Successi ottenibili solo sotto la supervisione di Xi, definito “nucleo” del partito e “timoniere” (linghang). Il raggiungimento entro l’anno della “società moderatamente prospera” è dato per scontato: nel 2020, il prodotto interno lordo cinese dovrebbe superare i 100 mila miliardi di yuan (14,92 mila miliardi di dollari). Come da previsione, durante il plenum si è parlato di “doppia circolazione” (il nuovo paradigma di sviluppo basato sul mercato dei consumi), autosussistenza tecnologica, crescita sostenibile, riforme e apertura dell’economia ai capitali esteri nonché invecchiamento della popolazione. Una breve menzione anche per la riunificazione di Taiwan e per la “prosperità e stabilità di lungo periodo” di Hong Kong e Macao. Nessun cenno invece a “un paese due sistemi”. In una implicita allusione alle tensioni con Washington, i leader hanno infine sottolineato la necessità di supportare l’ascesa economica con il rafforzamento della sicurezza e della difesa nazionale. Ecco perché nel 2027 l’esercito popolare di liberazione dovrà diventare un “esercito moderno”. [SCMP, Reuters]
Hong Kong: la fiducia nelle forze dell’ordine è ai livelli del Burkina Faso
La risposta del governo alle proteste dell’ultimo anno ha fatto precipitare il senso di sicurezza e la fiducia dei cittadini hongkonghesi nei confronti delle forze dell’ordine, E’ quanto emerge dal 2020 Global Law and Order Index compilato dalla società d’analisi americana Gallup, secondo la quale su 144 paesi e regioni l’ex colonia britannica totalizza un punteggio di 76 su 100, al pari del Burkina Faso e sotto la media mondiale (82). Lo scorso anno aveva raggiunto quota 91, posizionandosi quinta. Al primo posto troviamo Singapore mentre la Cina continentale è terza con un punteggio di 95. Stando a Gallup, il crollo di Hong Kong costituisce un’anomalia rispetto al trend globale. L’indagine – che precede l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale – arriva contestualmente all’arresto di tre attivisti accusati di separatismo e a un’impennata delle richieste di asilo negli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Taiwan. Un paio di giorni fa quattro dissidenti sono stati respinti dal consolato americano dove si erano recati per presentare domanda. Secondo gli esperti, mentre le regole consentono le richieste d’asilo solo in territorio americano o alla frontiera, la scelta potrebbe essere stata piuttosto motivata dalla necessità di evitare una nuova escalation con Pechino. [fonte SCMP, FT]
WTO: Washington blocca la candidata nigeriana che piace alla Cina
E’ braccio di ferro sulla nomina del nuovo direttore generale della World Trade Organization. La corsa tutta al femminile che vede Ngozi Okonjo-Iweala, ministra delle Finanze della Nigeria, contendersi la carica con Yoo Myung-hee, la ministra del Commercio della Corea del Sud, continuerà a causa dell’ostruzionismo americane nonostante il quasi unanime consenso a favore della candidata nigeriana. Secondo il Nikkei Asian Review, Washington – già fortemente scettico nei confronti dell’organizzazione – sarebbe restio a vedere l’incarico finire nelle mani della Nigeria, un paese particolarmente soggetto all’influenza cinese. Timori intensificati dalla controversa figura di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms di nazionalità etiope accusato di aver minimizzato i rischi della pandemia per assecondare Pechino. Da anni l’attivismo economico cinese in Africa punta a raccogliere consenso politico da far valere ai tavoli internazionali. Gli States non avranno gioco facile nel sostenere la rivale sudcoreana considerato il gelo diplomatico e commerciale piombato tra Seul e Tokyo a causa delle storiche controversie. [fonte Nikkei]
Hangzhou limita la raccolta di dati biometrici
Hangzhou è diventata la prima città cinese a vietare la raccolta obbligatoria dei dati biometrici. Impronte digitali e riconoscimento facciale sono ormai due requisiti utilizzati piuttosto diffusamente non solo per i pagamenti digitali e la sicurezza nei luoghi pubblici ma anche per controllare gli ingressi nei complessi residenziali. Spesso però la tecnologia è stata introdotta senza nemmeno il consenso dei residenti tanto che ultimamente si sono imposte diverse voci contrarie. Martedì, l’emittente statale ha rivelato che migliaia di foto personali sono state vendute sul mercato nero per appena 2 yuan. Consapevoli del problema, negli ultimi tempi le autorità centrali hanno cominciati a creare i presupposti legali per una maggiore tutela dei dati biometrici prima con l’introduzione della legge sulla cybersicurezza, poi con le Specifiche sulla sicurezza delle informazioni personali e a maggio con l’inserimento delle informazioni personali nel primo codice civile della Cina moderna. Quello di Hangzhou pare essere il primo caso in cui un governo locale prende provvedimenti vincolanti in merito ai dati biometrici. [fonte Sixth Tone, CGNT]
Le Olimpiadi del 2022 rilanciano la passione per gli sport invernali
Gli appelli dei gruppi per la difesa dei diritti umani per un boicottaggio delle Olimpiadi invernali del 2022 difficilmente smorzeranno l’entusiasmo della Cina per gli sport invernali, diventati un vero status symbol per la classe media cinese. Da quando nel 2015 Pechino è stata scelta per ospitare i giochi, il governo ha promosso lo sviluppo dell’industria con una serie di agevolazione economiche per i parchi sciistici. Nuove collaborazioni con le scuole ci si attende porteranno alla creazione di curricula specialistici sugli sport invernali in 5000 istituti. L’obiettivo è quello di trasformare 300 milioni di persone in sciatori e snowboarder provetti per cementare in quindici anni un settore da mille miliardi di yuan (149,2 miliardi di dollari). [fonte Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.