L’Alta Corte di Hong Kong non ha l’autorità per stabilire l’anticostituzionalità del divieto di maschere nei luoghi pubblici. All’indomani della sentenza che ha reso invalida la Prohibition On Face Covering Regulation, Zang Tiewei, portavoce della Commissione Affari legislativi del parlamento cinese, ha spiegato che solo l’Assemblea nazionale del popolo ha il potere di stabilire se le leggi di Hong Kong sono in linea con quanto stabilito dalla Basic Law, compito riconosciutole dall’articolo 158 della minicostituzione ed esercitato già ben cinque volte dal ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina. Nello specifico, la compatibilità della controversa Emergency Regulations Ordinance di epoca coloniale (alla base del “ban”) sarebbe già stata approvata dal massimo organo legislativo cinese nel febbraio 1997. La posizione della Commissione, ribadita dall’Hong Kong and Macau Affairs Office, potrebbe aprire la strada a un nuovo intervento diretto dei legislatori cinesi mettendo ancora una volta in discussione l’autonomia giudiziaria della regione amministrativa speciale. Nel frattempo, le autorità politiche e accademiche di Hong Kong sono al lavoro per ripristinare l’ordine presso la Polytechnic University, l’ultimo campus ancora occupato dai manifestanti. L’ultima settimana di proteste ha visto un netto declino della partecipazione popolare a fronte di un’escalation di violenza nei principali atenei della città. Non è chiaro in che modo la nomina questa mattina di un nuovo capo della polizia – “un falco” secondo il Global Times – aiuterà ad allentare la tensione [fonte: SCMP]
La Cina risponde ai Xinjiang Papers
Un “maldestro patchwork” basato su un'”interpretazione selettiva” di documenti ufficiali. Con queste parole il portavoce del ministero degli Esteri cinesi ha risposto alla pubblicazione dei Xinjiang Papers, una corposa raccolta di discorsi e dispacci interni che fa luce sulle detenzioni extragiudiziali con cui la leadership comunista spera di curare “il virus” del radicalismo islamico nella regione autonoma uigura. Negando le violazioni dei diritti umani, il dicastero ha messo in evidenza come il sistema della rieducazione a cui sono sottoposte le minoranze musulmane abbia messo un punto alla lunga sequela di attentati realizzati dalle frange radicalizzate nel Xinjiang e in altre parti della Cina. Nonostante il ferreo controllo esercitato da Pechino sul web, il clamoroso leak sembra aver raggiunto anche la blogosfera cinese, come segnalano alcuni commenti in supporto ai funzionari locali che si sono opposti alle politiche repressive.[fonte: NYT]
Un’altra proroga per Huawei
Gli Stati Uniti hanno deciso di concedere a Huawei un’ulteriore proroga di 90 giorni. In questo periodo di tempo le azienda americane potranno continuare a rifornirsi dal colosso di Shenzhen – inserito lo scorso maggio nella Entity List del dipartimento del Commercio – così da assicurare il mantenimento dei servizi “in alcune delle aree più remote degli Stati Uniti che altrimenti verrebbero lasciati al buio”, ha spiegato ieri il segretario al Commercio Wilbur Ross, aggiungendo che “il Dipartimento continuerà a monitorare rigorosamente le esportazioni di tecnologia sensibile per garantire che le nostre innovazioni non vengano sfruttate da chi minaccia la sicurezza nazionale”. Con un ordine esecutivo, lo scorso maggio Donald Trump ha vietato alle aziende statunitensi di acquistare apparecchiature per le telecomunicazioni da società considerate un pericolo per la sicurezza del paese. Ma la situazione è ancora nebulosa. Il Commercio era stato incaricato di elaborare un piano di attuazione entro la metà di ottobre. Circa 200 aziende sono ancora in attesa di ottenere la licenza necessaria per poter continuare a vendere tecnologia a Huawei [fonte: WSJ]
Un browser cinese buca il Great Firewall
Si chiama Kuniao ed è il primo browser cinese in grado di aggirare il Great Firewall permettendo agli utenti di raggiungere siti bloccati quali Twitter, Facebook, YouTube, Google, Reddit e Instagram. O almeno questo è quanto sostiene l’azienda sul suo account Weibo affermando di riuscire a collegare gli users a una “rete speciale” senza cambiarne l’indirizzo IP. Sebbene non sia ufficialmente pubblicizzato come VPN o proxy, secondo il Scmp, l’accesso attraverso l’app mobile prevede effettivamente la connessione a una VPN attraverso server di Hong Kong. Fino ad ora i commenti spaziano dalle critiche di chi si lamenta della navigazione troppo lenta a quanti asseriscono di essere realmente riusciti ad accedere le piattaforme offlimits. Nonostante le apparenze Kuniao non è uno strumento pensato per aggirare la censura. Nelle ricerche su Google, il browser sembra infatti filtrare automaticamente i contenuti “illegali” attraverso parole chiave come “4 giugno” (la data di Tian’anmen), “Falun Gong” e “Xi Jinping”. [fonte: SCMP]
Il prezzo dell’istruzione
Ben 182,400 dollari. A tanto ammonta la cifra sborsata da un anonimo acquirente per aggiudicarsi un miniappartamento di 5,6 metri quadrati nel Lanman Hutong, distretto di Xicheng, nel centro di Pechino. La spesa apparentemente folle trova spiegazione nel controverso sistema dello hukou, il permesso di residenza che dà accesso a diversi servizi compresa l’istruzione nelle scuole di quartiere. Considerato che il “loculo” si trova nei pressi degli istituti più rinomati di Pechino, il prezzo sarà ben ripagato. Il nuovo proprietario potrà infatti assicurare ai propri figlio un’istruzione invidiabile nella speranza intanto che le ruspe radano al suolo il bugigattolo per rivendicare una lauta compensazione. [fonte: SCMP]
Un’app per monitorare i vaccini
Un’app per dare nuova credibilità all’industria farmaceutica cinese. Dopo una lunga scia di scandali, la National Medical Products Administration ha sviluppato una piattaforma digitale che consentirà ai consumatori di accedere alle informazioni dei vaccini acquistati (compresi i numeri di lotto e le date di scadenza) mentre gli enti regolatori saranno facilitati nel monitoraggio dei 46 produttori autorizzati, degli inventari e dei dettagli di spedizione. L’app, che sarà disponibile dal prossimo marzo, risponde alle preoccupazioni dei cittadini per la sicurezza dei vaccini messa seriamente in dubbio lo scorso anno dalla distribuzione di 500.000 dosi “scadenti e non in grado di soddisfare lo standard nazionale di immunità”. [fonte: Sixth Tone]
Corea del Sud e Stati Uniti in disaccordo sui costi per il mantenimento del personale americano
Stati Uniti e Corea del Sud hanno interrotto i colloqui bilaterali dopo appena un’ora a causa delle incolmabili divergenze emerse tra le due parti riguardo alla ripartizione dei costi economici necessari al mantenimento dei 28.500 soldati americani di stanza al Sud. Secondo fonti di Seul, Washington avrebbe richiesto una cifra pari a 5 miliardi di dollari l’anno, quattro volte quanto concordato per quest’anno. L’aumento sarebbe da attribuire all’inserimento di nuove voci nella lista della spesa, compreso il mantenimento dei familiari del personale. La querelle tra i due alleati arriva in una fase di stallo dei negoziati con Pyongyang e mentre Seul si prepara a sospendere il patto di condivisione delle informazioni d’intelligence (GSOMIA ) con Tokyo a causa dei mai sopiti contenziosi storici. L’accordo scadrà alla mezzanotte di sabato. [fonte: Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.