I titoli di oggi:
- Il grido di allarme della Camera di Commercio dell’Ue in Cina
- Cresce il volume delle importazioni europee dallo Xinjiang
- La stretta sui funzionari “deboli”
- La violenta opposizione al funerale di Stato per Shinzo Abe
- Le economie emergenti asiatiche trainano la crescita della regione
Dopo più di due anni di confini chiusi e lockdown improvvisi a causa della politica Zero-Covid, la Cina ha perso la sua attrattiva per imprenditori, dirigenti d’azienda e diplomatici. Mentre Pechino non mostra segni di allentamento della restrittiva politica, molte aziende e ambasciate occidentali stanno abbracciando l’idea di dover affrontare sfide che non sono più temporanee. E le previsioni confermano i timori. Goldman Sachs, in un rapporto di questa settimana, sostiene che la Cina non aprirà i propri confini prima della metà del 2023.
Della stessa idea è la Camera di commercio dell’Unione europea in Cina, che lancia una dura critica a Pechino. Le imprese europee nel Paese asiatico fanno suonare un campanello d’allarme, tra il protrarsi della politica dello “zero Covid” e le difficoltà legate a un percepito aumento della politicizzazione del clima d’affari. “Mentre in passato l’agenda di riforme di Pechino è servita ad assicurare la stabilità, spingere la crescita economica e facilitare enormi flussi di investimenti diretti esteri in ingresso, ora l’ideologia sta battendo l’economia”, si legge nel Position Paper, il principale documento emesso annualmente dall’ente che raggruppa le imprese europee che operano nel Paese asiatico e che è uno dei più critici pubblicato negli ultimi anni. La Camera, che rappresenta un gruppo di oltre 1.800 aziende europee in Cina, sostiene che la politica Zero-Covid e la sua derivante incertezza abbiano avuto un impatto negativo sul 75% delle operazioni delle imprese.
Cresce il volume delle importazioni europee dallo Xinjiang
Nel periodo in cui Bruxelles lavorava sullo strumento che vieta nel mercato del blocco dei 27 paesi i prodotti ottenuti con il lavoro forzato – presentato dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen durante il suo discorso sull’Unione, l’Ue aumentava le importazioni di materiali provenienti dallo Xinjiang di batterie al litio e moduli fotovoltaici per i pannelli solari. Ad agosto le spedizioni dalla regione cinese dirette ai 27 stati membri sono aumentate del 136,2% per un valore di 136,7 milioni di dollari, rispetto allo stesso mese del 2021. Secondo i calcoli del South China Morning Post sugli ultimi dati doganali cinesi, la Germania traina le importazioni di batterie agli ioni di litio e celle solari fotovoltaiche cinesi.
L’alto volume delle importazioni europee solleva interrogativi sull’efficacia del divieto dell’Ue sui beni prodotti con lavoro forzato e sull’influenza del recente report dell’Onu sulle violazioni in atto nella regione dello Xinjiang e i crimini commessi contro la minoranza etnica uigura. Come testimoniato da diversi report giornalistici e accademici, entrambi i prodotti sono realizzati nello Xinjiang, dove il governo cinese è accusato di aver internato fino a un milione di uiguri e altre minoranze musulmane nei campi di detenzione.
La stretta sui funzionari “deboli”
E’ tempo di pulizia nel Partito comunista cinese. Una direttiva pubblicata lo scorso lunedì stabilisce una serie di circostanze secondo cui i funzionari sarebbero esclusi da posizioni importanti. Secondo il documento, i funzionari che non riescono a superare efficacemente situazioni complesse o che hanno una posizione troppo “morbida” sulle problematiche dovranno fare un passo indietro. Anche chi ha familiari impegnati nell’imprenditoria privata deve essere retrocessi di ruolo. I tempi di Xi Jinping sono difficili anche per le forze di sicurezza. Tre ex capi di polizia, Gong Daoan, Deng Huilin e Liu Xinyun sono stati condannati a pene tra i 14 anni di carcere fino all’ergastolo per corruzione a seguito di accuse di slealtà contro il presidente cinese. Le condanne sono arrivate tutte nello stesso giorno, a poca distanza dall’apertura dei lavori del XX Congresso del Partito Comunista Cinese.
La violenta opposizione al funerale di Stato per Shinzo Abe
Il funerale di Stato per Shinzo Abe, l’ex premier nipponico assassinato lo scorso 8 luglio, sta dividendo l’opinione pubblica giapponese. Un uomo sulla settantina si è dato fuoco a Tokyo vicino alla residenza e ufficio ufficiale del primo ministro giapponese, per protestare contro le esequie che avranno luogo il 27 settembre nella capitale. L’uomo – di cui non si conoscono al momento le generalità ma che è sopravvissuto – prima di compiere il gesto aveva lasciato un bigliettino con cui esprimeva la sua “forte” contrarietà alla cerimonia pubblica. In Giappone il funerale di Stato è un evento raro, ma per quest’occasione l’esecutivo di Fumio Kishida non sembra voler badare a spese. La cerimonia, a cui parteciperanno circa 6mila persone tra politici nipponici, funzionari e delegati stranieri, costerà ai giapponesi almeno 1,7 miliardi di yen (12 milioni di dollari), la cui gran parte è destinata alle operazioni di sicurezza.
L’opposizione al funerale di Stato riservato all’ex premier è cresciuta a causa dei presunti legami di Abe e del Partito Liberldemocratico al governo con la Chiesa dell’Unificazione. Un sondaggio dell’agenzia di stampa Kyodo pubblicato lo scorso 18 settembre ha rilevato che il 60,8% rispondenti è contraria alla cerimonia, contro il 38,5% che è invece favorevole. Più del 75% ritiene che il governo stia spendendo “troppo” per il funerale.
Le economie emergenti asiatiche trainano la crescita della regione
La politica Zero-Covid colpisce la Cina, ma aiuta le economie emergenti asiatiche. In un report pubblicato ieri, l’Asian Development Bank ha declassato le sue previsioni di crescita della Cina nel 2022 al 3,3% dal 5,0% di aprile. La banca ha anche tagliato la proiezione del balzo economico cinese per il prossimo anno al 4,5% dal 4,8%. Il gigante asiatico, sottolinea l’ADB, deve fare i conti non solo con la politica restrittiva per azzerare i contagi di coronavirus, ma anche con fattori esterni come la guerra in Ucraina, la crisi alimentare e la crescita degli altri Paesi nella regione asiatica.
L’Asian Development Bank ha promosso le emergenti economie asiatiche che cresceranno complessivamente del 4,3% nel 2022, in calo rispetto alla stima del 5,2% di aprile. Escludendo la Cina, l’intera regione dovrebbe crescere del 5,3%. L’ADB vede positivamente la crescita di Indonesia e Filippine: secondo le ultime analisi, la previsione di crescita del sud-est asiatico per quest’anno è aumentata al 5,1% dal 4,9% e si prevede un’espansione del 5,0% per il 2023. L’istituto bancario però mette in guardia sulla crescita delle difficoltà economiche nell’area. La banca guarda con attenzione le evoluzioni economiche di India, Pakistan e Sri Lanka a causa dell’inflazione regionale al 4,5%, in aumento rispetto al 3,7% della precedente previsione.
A cura di Serena Console
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.