I titoli di oggi:
- “Il grande balzo all’indietro del giornalismo in Cina”
- Bruxelles lancia strumento contro le coercizioni commerciali di Pechino
- Xi Jinping cerca una cooperazione giudiziaria nei rapporti multilaterali
- Filippine: per la Corte Suprema la legge antiterrorismo è incostituzionale
- Cambogia: Gli Usa impongono embargo sulle armi
Il presidente cinse Xi Jinping ha creato un “incubo” di oppressione mediatica degno dell’era di Mao, e il giornalismo di Hong Kong è in “caduta libera”: è questa, in estrema sintesi, l’analisi che Reporter senza Frontiere (Rsf) fa nel suo lungo rapporto (42 pagine) dal titolo tanto evocativo quanto esplicito: “il grande balzo all’indietro del giornalismo in Cina”. Il gruppo di difesa del giornalismo ha presentato dettagliatamente la condizione della stampa dentro la Grande Muraglia. In particolare, Rfs si è focalizzata sul peggioramento del trattamento dei giornalisti e sull’inasprimento del controllo sull’informazione in Cina, che coesistono in un ambiente in cui “l’accesso libero alle informazioni è diventato un crimine e fornire informazioni un crimine ancora più grave”. Il rapporto analizza gli strumenti di silenziamento contro i giornalisti e il deterioramento della libertà di stampa a Hong Kong, a seguito dell’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale. Censura e sorveglianza online sono tra i primi strumenti utilizzati da Pechino per limitare l’attività giornalistica. Rfs ha evidenziato lo strumento abusato da Pechino di avanzare la vaga accusa nei confronti dei giornalisti di avere “provocato disordini”: questa viene solitamente rivolta agli attivisti e ai dissidenti considerati pericolosi, ai fini del controllo sull’informazione da parte del Partito Cominista. Rsf denuncia anche la “campagna di repressione senza precedenti” lanciata in tutto il mondo dalle autorità di Pechino, ulteriormente intensificata durante la pandemia. Sono almeno dieci, sostiene Rsf, i giornalisti e i commentatori online che sono stati arrestati per avere documentato la crisi del coronavirus a Wuhan. Ma, in totale, sono 127 i giornalisti attualmente detenuti da quello che il rapporto descrive come “il più grande sequestratore di reporter al mondo”. Il rapporto descrive anche che tutti i giornalisti cinesi devono seguire una formazione incentrata in parte sul pensiero di Xi Jinping, utilizzando un’app per smartphone chiamata “Studia Xi, rafforza il Paese” (学习强国) che secondo gli esperti di sicurezza informatica potrebbe consentire la raccolta di dati personali e accesso remoto al microfono del dispositivo. I giornalisti, lancia l’allarme l’Ong, sono così costretti a farsi portavoce del Partito, mentre la Cina limita o impedisce l’ingresso o la presenza nel Paese di reporter stranieri per evitare di trattare di temi sensibili come Tibet, Xinjiang e #MeToo.
Bruxelles lancia strumento contro le coercizioni commerciali di Pechino
La Commissione europea ha proposto un nuovo strumento legale per sanzionare, in definitiva, i Paesi che cercano di esercitare pressioni politiche sull’Unione europea attraverso la coercizione economica o commerciale. Lo strumento di Bruxelles, che per entrare in vigore dovrà essere approvato da Parlamento e Consiglio, colpirà i Paesi che limitano o minacciano di limitare il commercio e gli investimenti per ottenere un cambiamento nelle politiche comunitarie in settori come il cambiamento climatico, fiscalità o sicurezza alimentare. Ma Bruxelles propone una via che eviti di imporre contromisure automatiche: la Commissione infatti cercherà di negoziare con il Paese terzo o cercherà la mediazione o la cooperazione di altri partner prima di agire e di applicare sanzioni. L’esecutivo di Bruxelles avrebbe quindi un’ampia gamma di contromisure a sua disposizione, comprese tariffe su beni o servizi, trattenute sui finanziamenti dell’Ue o restrizioni all’accesso alle gare d’appalto dell’Ue o ai programmi di ricerca. Le contromisure dovrebbero essere proporzionate e concepite sia per indurre il Paese terzo a sospendere le sue misure iniziali sia per causare il minor danno all’economia comunitaria. Queste si aggiungerebbero a un arsenale di misure commerciali che includono lo screening degli investimenti esteri, limiti alle imprese che beneficiano di sussidi esteri e limiti agli appalti pubblici per le imprese dei Paesi che non aprono i loro mercati. In particolare, l’iniziativa si concentra sui Paesi che utilizzano strumenti di “coercizione esplicita” e di difesa commerciale contro l’Ue, dai controlli selettivi alle frontiere o sicurezza alimentare al boicottaggio delle merci europee. Sebbene non sia fatto riferimento esplicito a Cina e Russia, la misura messa in campo da Bruxelles guarda soprattutto a Pechino e Mosca. In particolare a fronte del caos commerciale che coinvolge direttamente la Lituania, penalizzata dalla Cina per l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan a Vilnius. Dopo una breve sospensione di 24 ore, la Lituania ieri è stata nuovamente rimossa dal sistema doganale cinese. Come riporta Finbarr Bermingham del South China Morning Post, c’è però una novità: questa volta gli scambi commerciali sono sospesi anche per le merci provenienti dalla Cina. L’Ue, come affermato dall’Alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell, e dal vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, è stata informata che le spedizioni di merci lituane non vengono sdoganate dalla dogana cinese e che le domande di importazione dalla Lituania vengono respinte: “Stiamo anche contattando le autorità cinesi per chiarire rapidamente la situazione” si legge in una nota, in cui si sottolinea che Bruxelles potrebbe valutare anche la compatibilità dell’azione della Cina con i suoi obblighi ai sensi dell’Organizzazione mondiale del commercio. Ma Pechino smentisce. Come riporta il Global Times, i prodotti lituani non sono mai stati rimossi dall’elenco doganale cinese. Anzi, aggiunge, è proprio la Lituania, il Paese che esercitare la coercizione economica.
Xi Jinping cerca una cooperazione giudiziaria nei rapporti multilaterali
Il presidente cinese Xi Jinping sta mobilitando i suoi sforzi per l’applicazione di una legge sulla cooperazione giudiziaria nei rapporti bilaterali e multilaterali, al fine di garantire la sicurezza nazionale. Xi ha anche chiesto un sistema legale che permetta l’applicazione extraterritoriale delle leggi cinesi. La mossa è necessaria per Pechino che si muove con sempre più diffidenza nell’arena legale internazionale. I commenti del presidente cinese arrivano in un momento in cui la Cina è coinvolta in uno stallo geopolitico con diversi governi occidentali, dove deve affrontare battaglie legali per difendere gli interessi delle società cinesi che si presentano all’estero. La Cina si è già attivata in questo senso: un tentativo di protezione da parte di Pechino è stato l’emanazione della legge anti-sanzioni all’inizio di quest’anno. In vigore da giugno, la legge fornisce al governo cinese, nonché a privati cittadini e imprese, la base giuridica per adottare contromisure nei confronti di individui ed entità stranieri coinvolti in “misure discriminatorie restrittive” che secondo Pechino “violerebbero le leggi internazionali e le norme fondamentali”.
Filippine: per la Corte Suprema la legge antiterrorismo è incostituzionale
Secondo la Corte Suprema della Filippine. parte della legge anti-terrorismo approvata lo scorso anno è incostituzionale. Il massimo organo giudiziario del paese ha definito il provvedimento “eccessivo e lesivo della libertà di espressione”. Firmata dal presidente Rodrigo Duterte nel luglio 2020 e osteggiata dai suoi oppositori, la normativa concede vasti poteri alla polizia e alle Forze armate per fronteggiare le minacce alla sicurezza nazionale, ma l’indeterminatezza degli articoli e delle fattispecie ivi presentate apre le porte – secondo avvocati e attivisti per i diritti umani – ad un uso discrezionale e discriminatorio della forza. Le argomentazioni su cui poggia il pronunciamento della Corte Suprema non sono ancora disponibili, e il governo non ha commentato la sentenza. Intanto il giornalista del Manila Standard, Jesus Malabanan, noto per le sue inchieste sulla guerra alla droga di Duterte è stato ucciso stamattina con un colpo alla testa.
Cambogia: Gli Usa impongono embargo sulle armi
Il governo degli Stati Uniti ha imposto un embargo sulle armi nei confronti della Cambogia, citando preoccupazioni per la violazione dei diritti umani e il dilagante fenomeno della corruzione nel Paese del sud-est asiatico, nonché per le relazioni che Phnom Penh ha con Pechino. Le azioni intraprese dai dipartimenti dello Stato e del Commercio, si legge in una nota, limiteranno l’accesso ad articoli militari meno sensibili e articoli per la difesa e servizi di difesa da parte delle agenzie militari e di intelligence della Cambogia. Ma non è la prima volta che Washington adotta misure nei confronti del Paese del Sudest asiatico. A novembre, gli Usa hanno sanzionato due funzionari cambogiani per le attività condotte dalle forze armate cinesi nella grande base navale di Ream, finanziata proprio dagli Stati Uniti. Il leader della Cambogia Hun Sen, molto vicino alla Cina, tempo fa aveva dato il via alla demolizione di alcune strutture erette dagli Usa nella base di Ream, scatenando l’ira di Washington.
A cura di Serena Console; ha collaborato Alessandra Colarizi
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.