Il governatore del Xinjiang difende i campi di rieducazione
In risposta alle dure critiche ricevute a livello internazionale, Shohrat Zakir, governatore uiguro del Xinjiang, ha definito i campi di rieducazione come un meccanismo legittimo in cui si applicano ‘trattamenti umani’. Secondo Zakir, all’interno delle strutture verrebbero forniti corsi di lingua cinese e training per un futuro reinserimento dei cittadini di minoranza uigura e di fede islamica all’interno della società. “Il Xinjiang ha lanciato un programma educativo al fine di estirpare le radici del terrorismo e dell’estremismo religioso”, ha detto Zakir. Secondo James Leibold, massimo esperto sul Xinjiang, “il Partito sembra determinato a ‘standardizzare’ e legalizzare questo approccio”. Le parole di Zakir fanno luce sulla linea di difesa che la Cina adotterà durante il prossimo meeting organizzato dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU fissato per inizio novembre. In questa occasione Pechino dovrà rispondere di una politica che ha visto far internare centinaia di migliaia di Uiguri alcuni dei quali, una volta fuggiti all’estero, hanno descritto questi campi come “prigioni dove viene applicato un rigido lavaggio di cervello”.
L’indebitamento dei governi locali preoccupa Pechino
Secondo un recente report rilasciato da S&P Global Ratings, i debiti fuori bilancio contratti dai governi locali in Cina ammonterebbero alla cifra monstre di 5.78 trilioni di dollari che avrebbe portato il rapporto tra debito pubblico e PIL al 60% nel 2017. Questi debiti, contratti al di fuori della quota annuale stabilita dal governo centrale, sono stati accumulati in parte dai Local Government Financing Vehicle, entità costituite dai governi locali per aggirare i limiti sui prestiti imposti da Pechino. Il crescente indebitamento interno preoccupa il governo centrale soprattutto a seguito dell’inasprimento della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Pechino ha detto che prenderà ulteriori misure per ridurre l’indebitamente dell’amministrazione pubblica oltre a quelle già messe in campo, tra cui figurano incentivi alla spesa pubblica e l’annuncio di progetti per la costruzione di infrastrutture del valore di miliardi di dollari. Tuttavia, secondo S&P, ci vorrà almeno un decennio prima che Pechino riesca a riassorbire i debiti contratti dei governi locali.
Sempre più vicino il ritorno di Google in Cina
Sundar Pichai, CEO di Google, ha confermato che i test per il collaudo di una versione censurata del noto motore di ricerca sono stati un successo. Intervistato da Wired, Pichai ha detto che Google Cina “sarà in grado di rispondere a più del 99% dei quesiti” e che “fornirà accesso a informazioni migliori rispetto a quanto ad oggi disponibile, soprattutto in materia di salute e per la cura del cancro”. In risposta alle accuse di sudditanza nei confronti di Pechino, Pichai ha ribadito che la missione principale di Google è quella di diffondere notizie qualitativamente migliori e i cittadini cinesi, che costituiscono il 20% della popolazione mondiale, ne trarranno enormi benefici. Dopo aver lasciato la Cina nel 2010 per tutelare l’integrità morale della compagnia, Google ha deciso di farvi ritorno a seguito di attenti calcoli che da un lato vedono la volontà della azienda americana di tutelare la veridicità dei dati, la libertà di espressione e la privacy degli utenti, dall’altro la necessità di rispettare le leggi del paese in cui opera.
Jiayou (加油) entra nell’Oxford English Dictionary
Tra le espressioni più comuni in Cina, ma anche tra le più difficili da tradurre, 加油 (jiā yóu – letteralmente “add oil”) è stata ufficialmente inclusa all’interno dell’Oxford English Dictionary. Jiā yóu, utilizzata nello scritto e nel parlato per esprimere incoraggiamento e supporto, è una locuzione molto versatile il cui significato cambia in base al contesto: se detta ad un collega vuol dire “vai avanti così”, se l’interlocutore invece è un amico ammalato la locuzione può essere resa con un “riprenditi presto”. Google Translate la traduce con “andiamo!” che non è esattamente quello che una persona in crisi o sfortunata vuole sentirsi dire. Jiā yóu è stata utilizzata per la prima volta nel 1964 ed ha ottenuto risalto internazionale nel 2014, quando un collettivo di artisti di Hong Kong decise di farsi chiamare “Add Oil Team” a supporto degli attivisti pro-democrazia che diedero vita alla Rivoluzione degli Ombrelli, nata per chiedere libere elezioni sull’ex-colonia britannica senza l’ingerenza di Pechino.