- Il giorno di Lukashenko in Cina
- Cina: le aziende straniere investono sempre meno
- La Russia starebbe aiutando la Cina nel suo programma nucleare
- Gli Usa approvano vendita di nuove armi a Taiwan
- Il Vietnam ha un nuovo presidente
Il giorno di Lukashenko in Cina
È il giorno di Alexander Lukashenko in Cina. Il presidente bielorusso ha incontrato il suo omologo cinese Xi Jinping a Pechino in una visita attesa e che si incastra nei momenti cruciali della politica interna del gigante cinese: il secondo Plenum del XX Comitato centrale del Partito comunista e le “due sessioni”, l’annuale appuntamento legislativo.
La guerra in Ucraina è stato al centro del confronto tra i due leader e la presenza del principale alleato di Vladimir Putin irrompe in un momento delicato per il conflitto. Lukashenko, che non ha mai condannato l’invasione lanciata dal presidente russo, si è presentato un forte sostenitore del position paper, il “piano di pace” in 12 punti illustrato dalla Cina ma che è stato accolto con scetticismo dall’occidente. Xi e Lukashenko hanno auspicato il raggiungimento di un accordo di pace “il prima possibile” per l’Ucraina, mostrandosi come mediatori in un conflitto che sembra non avere fine: “La Bielorussia e la Cina sono interessate a evitare un’escalation della crisi e sono pronte a compiere sforzi per ripristinare la pace e l’ordine nella regione”, si legge nel comunicato ufficiale riportato dall’agenzia di stampa bielorussa.
Quella con la Bielorussia è un’amicizia “indissolubile”, è stato l’elogio di Xi dei rapporti tra Pechino e Minsk, e passando alla guerra ucraina, il presidente cinese ha citato per la prima volta il documento in dodici punti per la pace, pubblicato settimana scorsa dal ministero degli Esteri di Pechino, sottolineando che è necessario “rispettare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi e costruire un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile” e aggiungendo che non si deve “politicizzare e strumentalizzare l’economia mondiale” e che bisogna fare cose che servano a “risolvere pacificamente la crisi”. Ancora un attacco – non troppo velato – agli Stati Uniti.
Dalla guerra in Ucraina si è passati ai rapporti economici tra i due paesi. I due leader hanno firmato una serie di documenti di cooperazione in ambito economico e commerciale, industriale, agricolo, scientifico e tecnologico, nonché la promessa della creazione, entro quest’anno, di una zona di libero scambio e investimenti in Bielorussia. Pechino e Minsk vantano lunghi rapporti bilaterali: i due paesi hanno avviato il dialogo diplomatico poco dopo la dichiarazione di indipendenza della Bielorussia dall’ex Unione Sovietica nel 1991. Un’ulteriore spinta ai rapporti bilaterali è arrivata nel 2022 con la promulgazione di un “partenariato strategico globale per tutte le stagioni”.
In Cina le aziende straniere investono sempre meno
La Cina non è più attraente per gli investitori esteri. Gli investimenti di società straniere dentro la Muraglia sono crollati al livello più basso degli ultimi 18 anni: tra luglio e dicembre 2022, il totale degli investimenti è stato di 42,5 miliardi di dollari in calo del 73% rispetto all’intero anno. Si tratta del peggiore dato registrato dal 1999. Basti pensare che i totali semestrali avevano superato in media i 160 miliardi di dollari tra la fine del 2020 e l’inizio del 2022. La bilancia è nettamente a sfavore della Cina, perché gli investimenti diretti esteri da parte delle società cinesi sono cresciuti del 21% a 84,2 miliardi di dollari.
La Cina quindi non occupa più il terzo posto della classifica dei mercati verso cui indirizzare i propri investimenti. Per la prima volta in 25 anni dalla sua realizzazione, il sondaggio “Business Climate Survey” della Camera di commercio americana (AmCham) in Cina ha registrato come le imprese statunitensi sono meno disposte a investire nella seconda economia del mondo. Circa il 45% delle 319 aziende che hanno risposto al sondaggio, condotto tra metà ottobre e metà novembre dello scorso anno, ha classificato la Cina tra le prime tre priorità di investimento nel loro piano di investimenti globali a breve termine, segnando un cambiamento significativo dal 60 per cento registrato l’anno scorso. La percentuale che indica la Cina come “una tra le tante destinazioni” è invece salita al 38% dal 29% del sondaggio precedente. Nel frattempo, il 45% ha affermato che il contesto degli investimenti in Cina si sta deteriorando, passando dal 14% del sondaggio precedente al livello più alto degli ultimi cinque anni. La riluttanza delle aziende a fare nuovi investimenti in Cina è stata in parte alimentata dalle ricadute della politica Zero Covid del paese, ma anche dello scontro tecnologico e commerciale in atto tra Pechino e Washington.
La Russia starebbe aiutando la Cina nel suo programma nucleare
Il 12 dicembre 2022, lo stesso giorno di dicembre in cui i diplomatici cinesi e statunitensi hanno affermato di aver tenuto colloqui costruttivi per ridurre le tensioni militari nella regione asiatica, gli ingegneri russi stavano consegnando un enorme carico di combustibile nucleare a un’isola remota a soli 220 chilometri dalla costa settentrionale di Taiwan, scrive Bloomberg. Sull’isola di Changbiao, nella provincia cinese del Fujian, sorge il CFR-600, un reattore nucleare del tipo cosiddetto “autofertilizzante” (cioè quelli che generano più carburante di quello che utilizzano) costruito dalla China National Nuclear Corporation. Questo tipo di reattore, utilizzato per produrre il plutonio e le armi nucleari, è a oggi una delle installazioni nucleari più sorvegliate al mondo.
E la situazione diventa allarmante dal momento che la Cina sta beneficiando del sostegno russo. I funzionari dell’intelligence statunitense prevedono che quando inizierà a funzionare quest’anno, il CFR-600 produrrà plutonio per armi che potrebbe aiutare Pechino ad aumentare di quattro volte le sue scorte di testate nei prossimi 12 anni. I funzionari del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti hanno ripetutamente lanciato l’allarme sulle ambizioni nucleari della Cina, da quando hanno presentato un rapporto del 2021 al Congresso statunitense. Secondo gli analisti militari, il CFR-600 svolgerà un ruolo fondamentale nell’aumentare le scorte cinesi di testate nucleari, passando dalle 400 attuali alle 1.500 entro il 2035. I funzionari del Pentagono hanno sottolineato che la fornitura di 6.477 chilogrammi (14.279 libbre) di uranio avvenuta il 12 dicembre del 2022 da parte della Rosatom Corp. di proprietà statale russa sta alimentando un programma atomico che potrebbe destabilizzare l’equilibrio militare dell’Asia.
Gli Usa approvano vendita di nuove armi a Taiwan
Il Dipartimento di Stato americano ha approvato la vendita di nuove armi a Taiwan. Le potenziali forniture – che valgono 619 milioni di dollari – includono missili per la flotta di aerei da combattimento F-16 di Taipei: nello specifico, 200 missili aria-aria Advanced Medium Range Air-to-Air Missiles ( Amraam) e 100 missili antiradar Agm-88B Harm. La nuova commessa arriva in un momento di rinnovata tensione nello Stretto. Secondo quanto annunciato oggi dal ministero della Difesa taiwanese, le sortite dell’aeronautica militare cinese nella Zona d’identificazione della difesa aerea (Adiz) dell’isola sono aumentate di oltre il 60% a febbraio rispetto allo scorso anno.
Il Vietnam ha un nuovo presidente
Il Partito comunista vietnamita ha nominato Vo Van Thuong nuovo presidente del Vietnam, dopo le improvvise dimissioni forzate a gennaio del suo predecessore nell’ambito di una vasta campagna contro la corruzione.
Thuong, 52 anni, è il membro più giovane del Politburo del Partito, il massimo organo decisionale del paese, ed è ampiamente considerato vicino al segretario generale Nguyen Phu Trong, la figura più potente del Vietnam. È stato quest’ultimo a lanciare la campagna anti-corruzione della “fornace ardente”, in base alla quale centinaia di funzionari sono stati indagati e molti costretti a dimettersi, tra cui l’ex presidente Nguyen Xuan Phuc e due vice primi ministri. Sebbene il presidente in Vietnam ricopra un ruolo prevalentemente cerimoniale, è comunque tra le prime quattro figure politiche del Paese, insieme al segretario generale del partito, al primo ministro e al capo dell’assemblea nazionale.
A cura di Serena Console
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.