L’Università belga Vrije Universiteit Brussel ha annunciato che non rinnoverà l’accordo con l’Istituto Confucio oltre la scadenza prevista per il prossimo giugno. Motivando la decisione, il comunicato pubblicato sul sito dell’ateneo definisce il programma “non in linea con i [nostri] principi di ricerca libera”. La spiegazione ufficiale non fa tuttavia riferimento a un episodio recente dal peso specifico non indifferente. Nel mese di ottobre, l’ex direttore dell’Istituto è stato espulso dall’area Schengen in seguito alle accuse di spionaggio spiccate dai servizi di Bruxelles. Secondo il quotidiano locale De Morgen, il provvedimento sarebbe stato reso necessario dal lassismo dimostrato dall’università ospitante nei confronti degli avvertimenti delle autorità. Il caso della VUB ha dei precedenti in Europa e segue la chiusura degli istituti di Leiden, Stoccolma e Lione. Ma l’accusa di spionaggio rende l’episodio particolarmente intrigante, soprattutto considerando che proprio di recente un’inchiesta di Bloomberg ha messo in evidenza come Bruxelles sia diventata una delle prede preferite dell’intelligence cinese in quanto quartier generale di molte organizzazioni internazionali. [fonte: SCMP]
La Cina ancora prima per giornalisti arrestati
La Cina si conferma il paese con il maggior numero di arresti nel mondo del giornalismo. Lo conferma il rapporto annuale del Committee to Protect Journalists (CPJ), secondo il quale sono circa 250 i giornalisti in stato di detenzione, di cui almeno 48 nella Repubblica popolare, uno in più rispetto allo scorso anno. Un incremento minimo che tuttavia lascia Pechino in cima al podio, seguito dalla Turchia a quota 47 arresti. Le accuse più ricorrenti sono collegate alla presunta organizzazione di attività “contro lo stato” e alla diffusione di “notizie false”. Affermando che “i giornalisti non devono essere incarcerati per aver fatto il loro lavoro”, il report cita espressamente la freelance cinese Sophia Huang Xueqin, arrestata lo scorso ottobre “per aver creato problemi” dopo aver partecipato alle proteste di Hong Kong [fonte: AFP]
La Cina potenzia il progetto di diversione delle acque
Pechino si appresta a espandere il controverso South-North Water Diversion Project, il gigantesco progetto di diversione delle acque con cui il governo cinese punta a risolvere il problema della cronica aridità del Nord della Cina. Secondo quanto rivelato da Shi Chunxian, direttore dell’ufficio di pianificazione del ministero delle Risorse idriche l’estensione aumenterà la capacità annuale del sistema da 8,77 miliardi di metri cubi a 16,5 miliardi di metri cubi d’acqua andando a irrorare le province dello Anhui e dello Shandong, e le regioni che circondano Pechino. Da quando la prima fase del progetto è entrata in funzione cinque anni fa, quasi 30 miliardi di metri cubi di acqua sono stati trasferiti attraverso le due principali direttrici che collegano lo Yangtze al Fiume Giallo attraversando le province orientali e centrali del paese. Oggi sono circa 120 milioni le persone a usufruire del sistema, che conta già per il 70% delle forniture della capitale cinese. Ma non mancano le critiche degli esperti secondo i quali l’opera non risolve il problema a monte: l’uso eccessivo di risorse nel settore industriale e il cattivo stato delle infrastrutture urbane. [fonte: Reuters]
Giustiziato l’uomo che aveva difeso la moglie da aborto forzato
Pechino ha giustiziato un uomo arrestato tre anni fa per aver ucciso tre funzionari incaricati di costringere la moglie a interrompere la terza gravidanza, come richiesto all’epoca dalla politica di pianificazione famigliare. Nel 2000, quando nelle campagne era concesso avere un secondo figlio se il primo era di sesso femminile, la coppia aveva deciso di provare ad avere un erede maschio dopo la nascita di due bambine. Scoperti dalle autorità, i due sono stati prelevati da quattro funzionari per effettuare l’aborto nella città di Suixi ma durante il viaggio l’uomo li ha assaliti con un martello, uccidendone tre. Evasa la giustizia per 17 anni, il giustiziato ha cambiato il suo nome più volte prima di essere arrestato con l’accusa di omicidio. Il caso ha riacceso il dibattito sul controllo delle nascite, allentato nel 2016 ma tutt’oggi in vigore. La politica è stata fatta rispettare per trent’anni ricorrendo a infanticidi e aborti forzati [fonte: Caixin]
Aung San Suu Kyi respinge le accuse di genocidio
Difendendosi dalle accuse di genocidio davanti alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja, Aung San Suu Kyi ha definito “incompleta e fuorviante” la ricostruzione dei fatti presentata dal Gambia, il paese ad aver avviato avviato il caso per conto dell’Organizzazione della cooperazione islamica. La Lady ha respinto le critiche citando le indagini a cui sta lavorando una commissione indipendente d’inchiesta (ICOE) nominata dal governo birmano per far luce sul massacro dei rohingya nello stato Rikhine. “Non si può escludere che in alcuni casi si sia ricorso a un uso sproporzionato della forza in violazione del diritto internazionale umanitario”, ha affermato Suu Kyi facendo riferimento a un possibile coinvolgimento dell’esercito nella repressione. La leader della Lega nazionale per la democrazia ha invitato la comunità internazionale a fare affidamento sul sistema giudiziario birmano. La presunta responsabilità di alcuni soldati è ancora al vaglio della corte marziale. Il procedimento in corso all’Aja nell’immediato potrebbe portare all’approvazione di “misure provvisorie” a tutela del mezzo milione di rohingya ancora in Myanmar. [fonte: Strait Times]
China Files propone alle aziende italiane interessate alla Cina servizi di comunicazione quali: newsletter, aggiornamenti su specifici settori e gestione dei contenuti web sui social network locali, oltre a progetti formativi e approfondimento ad hoc. Contattaci a info@china-files.com
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.