Quasi 200 pagine di discorsi inediti del presidente Xi Jinping e dei quadri di partito, 161 pagine di linee guida per il monitoraggio dei cittadini e 44 pagine di indagini interne: sono questi i documenti top secret forniti al New York Times da un membro dell’establishment cinese e pubblicati online sabato scorso. I documenti svelano nuovi dettagli sull’enorme campagna di detenzione e persecuzione dei musulmani nel Xinjiang, provincia nell’ovest della Cina. Tra i contenuti più rilevanti, un discorso pronunciato da Xi Jinping nell’aprile 2014 che esorta i funzionari del partito a “combattere il terrorismo, le infiltrazioni e il separatismo” usando gli “strumenti della dittatura” e mostrando “assolutamente nessuna pietà”. Con il pretesto di neutralizzare le frange più estremiste, Xi gettava così le basi per il controllo della popolazione locale, con il fine di “garantire stabilità nello Xinjiang” attraverso un “vasto sistema di sorveglianza” volto a “sradicare la resistenza nella società uigura”. Altri documenti riportano nel dettaglio l’implementazione delle misure di controllo sulla popolazione civile: telecamere, droni mascherati da piccioni, filo spinato, raccolta di dati biometrici, monitoraggio delle comunicazioni e dei movimenti sono solo alcune delle tecniche utilizzate dalle autorità comuniste cinesi in Xinjiang ed estensivamente descritte nei documenti. Tra le rivelazioni più interessanti emergono i segni di una spaccatura interno al partito. In Xinjiang sono state condotte ben 12.000 indagini su funzionari sospettati di boicottare le controverse misure. Sebbene per anni Pechino sia riuscito a mitigare le critiche della comunità internazionale approfittando dell’assenza di prove ufficiali, gli ultimi leak rendono la posizione cinese sempre più difficile. [fonte: NYT]
Hong Kong: il divieto delle maschere è anticostituzionale
L’Alta Corte di Hong Kong ha dichiarato incostituzionale la Prohibition On Face Covering Regulation, la legge introdotta a inizio ottobre che vieta l’utilizzo di maschere durante manifestazioni e raduni pubblici. La sentenza di 106 pagine emessa lunedì pomeriggio, definisce l’ordinanza “incompatibile con la Basic Law”, la minicostituzione locale, nella misura in cui autorizza la chief executive a emanare regolamenti in qualsiasi situazione di pericolo pubblico. La misura, che permette alla polizia di richiedere la rimozione delle maschere nei luoghi pubblici, è stata inoltre ritenuta sproporzionata data la sua “notevole ampiezza”. Secondo i giudici, “non vi è praticamente alcun limite alle circostanze in cui il potere in quella sezione può essere esercitato da un agente di polizia”. La sentenza ne riconosce tuttavia la costituzionalità quando usata in tempi di emergenza. La decisione del massimo tribunale locale giunge mentre gli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine hanno messo a ferro e fuoco i campus delle principali università della città. Pechino osserva da lontano. In un editoriale comparso sull’ufficialissimo Quotidiano del Popolo, la leadership dice no a qualsiasi compromesso che metta a rischio la sovranità nazionale e il futuro di Hong Kong. [fonte: SCMP, SCMP]
La prima portaerei Made in China attraversa lo stretto di Taiwan
La prima portaerei totalmente made in China ha condotto la sua prima spedizione attraverso lo stretto di Taiwan seguita a breve distanza da navi americane e giapponesi. La conferma della la Marina cineseè giunta questa mattina dopo che nella giornata di ieri il ministero della Difesa di Taipei aveva annunciato il passaggio. Secondo il comunicato ufficiale, la portaerei si sta dirigendo verso il Mar cinese meridionale per condurre “test scientifici ed esercitazioni di routine”, come è normale che avvenga durante il processo di costruzione. La nave, ancora in attesa di un nome, potrebbe entrare in servizio già dal prossimo anno una volta armata. La spedizione a largo di Taiwan ha coinciso con la nomina dell’ex premier filoindipendentista William Lai a fianco della presidente Tsai Ing-wen come candidato vicepresidente alle elezioni di gennaio [fonte: Reuters, SCMP]
Nuovo caso di peste bubbonica in Mongolia Interna
Domenica scorsa la commissione sanitaria della Mongolia interna cinese ha riferito di un nuovo caso confermato di peste bubbonica.
Secondo quanto riportato da Reuters, il paziente è un uomo di 55 anni che ha contratto la malattia dopo aver mangiato carne di coniglio selvatica. Si tratterebbe già della terza vittima di peste dall’inizio del mese, dopo il caso di altri due pazienti sempre della Mongolia Interna, a cui è stata diagnosticata la peste polmonare. I due sono stati ricoverati a Pechino, mentre il terzo si trova in un ospedale di Ulanqab. Per quanto rara, la cosiddetta “morte nera” si è riaffacciata di rencente in Cina causando nel 2014 la morte di una persona nella città di Yumen. Secondo l’agenzia di stampa Xinhua, le cause delle recenti epidemie di peste sono da ritrovarsi nei grandi siccità che negli ultimi anni stanno colpendo la Mongolia interna. Il clima secco ha infatti creato un ambiente favorevole alla proliferazione delle colonie di roditori, principali vettori della malattia. [fonte: Reuters]
La Banca Centrale limita i contanti in vista di una valuta digitale
La Banca Centrale cinese ha annunciato sabato scorso l’avvio di un progetto pilota per limitare l’utilizzo di denaro contante. Secondo l’agenzia di stampa statale Xinhua, il progetto durerà due anni e sarà implementato inizialmente nelle province dello Hebei, Zhejiang e Shenzen, dove le entità pubbliche dovranno registrare tutti i depositi ed i prelievi superiori a 500.000 yuan (circa $ 71.000). La normativa prevede nuovi limiti anche per i conti personali, che potranno effettuare transazioni in contante fino a $ 14.200 in Hebei, $ 42.000 nella provincia dello Zhejiang e $ 28.000 a Shenzen. Fonti governative affermano che la manovra sia mirata a combattere la corruzione, la frode e l’evasione fiscale, ma alcuni esperti affermano che il nuovo progetto potrebbe invece rappresentare il primo passo verso la creazione del Renminbi digitale. A testimonianza di ciò vi sarebbe un accordo tra l’istituto di ricerca sulla valuta digitale cinese ed il colosso tecnologico Huawei per dar vita al progetto DCEP (Digital Currency Electronic Payment), che permetterebbe, attraverso la tecnologia blockchain, l’adozione ufficiale della valuta digitale su scala nazionale. [fonte: Decrypt]
Elezioni nello Sri Lanka: il clan Rajapaksa ritorna al potere
In Sri Lanka, Gotabaya Rajapaksa si è aggiudicato il 52% dei voti alle ultime presidenziali riportando così il clan familiare al potere dopo il lungo mandato presidenziale del fratello tra il 2005 ed il 2015. Gotabaya, ex ministro della Difesa, ha vinto le elezioni conquistando i voti della maggioranza buddhista, a cui ha promesso il pugno di ferro contro corruzione e terrorismo a oltre sei mesi dall’attentato di Pasqua. Tuttavia, il ritorno al potere dei Rajapaksa preoccupa le legazioni diplomatiche occidentali, che già temono un possibile riavvicinamento alla Cina. Infatti, durante gli anni del governo ormai uscente, lo Sri Lanka era diventato un grande centro logistico per la marina americana nell’Oceano Indiano e, quindi, punto chiave per il successo della strategia occidentale per contrastare l’espansionismo cinese. Campanelli di allarme suonano anche nella vicina India, dove il presidente Modi si è congratulato con Rajapaksa senza però nascondere il proprio timore per un possibile riallineamento tra Cina, Thailandia e Sri Lanka. Sebbene molti esperti nel settore vedano nel cognome Rajapaksa una garanzia di allineamento strategico-ideologico con la Cina, alcuni analisti credono invece che la svolta filocinese sia invece legata al fatto che Pechino sia l’unica disposta ad investire sul futuro dell’isola.
[fonte: WSJ]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.