Il 100° anniversario del PCC ha fatto faville sui social network cinesi. Secondo gli analisti, probabilmente è la prima volta in assoluto che i primi 50 argomenti di discussione nella trending topic di Weibo siano tutti strettamente legati al Partito, un record che non era stato battuto nemmeno in occasione del 70° anniversario della Repubblica popolare. Il dibattito è stato guidato dai media di stato con hashtag catchy come “#Questo discorso riceve fragorosi applausi”, “#Piazza Tienanmen risuona di una standing ovation”, “#Queste citazioni dal segretario del Partito colpiscono il cuore della gente”. Gli apprezzamenti sembrano sinceri. “Cento anni fa la gente era costretta a dire ‘viva l’imperatore’; cento anni dopo, il nostro leader grida con orgoglio ‘lunga vita al popolo’ “, ha commentato un utente. A far discutere è stato soprattutto il passaggio su Taiwan. Diverse persone hanno notato che mentre Xi raffermava la necessità di una “riunificazione”, i microfoni di fronte a lui erano cinque: in cinese “cinque microfoni” (五 筒) è omofono di “riunificazione con la forza” (武 统). Che sia stato un caso o meno, non c’è dubbio che stavolta il leader abbia utilizzato il termine “riunificazione completa” invece di “riunificazione pacifica”, come fatto in passato. “Penso che presto potremmo dichiarare guerra a Taiwan”, scrive un internauta . “Sono favorevole a prendere Taiwan con la forza, perché voglio davvero visitarla”, dice un altro. L’hashtag “#Risolvere il problema di Taiwan è il desiderio comune del popolo cinese” ha ricevuto oltre 460 milioni di visualizzazioni e si è classificato al secondo posto nell’elenco delle ricerche di maggiore tendenza. Sempre di Taiwan si è occupata la rivista cinese Naval and Merchant Ships, che in un articolo spiega come riconquistare militarmente l’isola in tre step. [fonte EU Delegation, SCMP]
Cina: 100 nuovi silos per missili balistici
La Cina avrebbe avviato la costruzione nuovi silos per missili balistici intercontinentali. Lo suggeriscono dati raccolti dai ricercatori del James Martin Center for Nonproliferation Studies di Monterey, secondo i quali i lavori interessano una decina di siti, su una griglia che copre centinaia di chilometri quadrati di territorio nella provincia nord-occidentale del Gansu. I 119 nuovi cantieri sono identici e mostrano caratteristiche analoghe a quelle viste nelle strutture di lancio esistenti per l’arsenale cinese di missili balistici a testata nucleare. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti svilupparono un piano per spostare i propri missili balistici intercontinentali attraverso una matrice di silos per depistare le autorità militari sovietiche. Sulla base di ciò, non è da escludere che anche le immagini provenienti dalla Cina possano essere una sorta di esca. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, la Cina ha circa 350 testate nucleari, circa 30 in più rispetto al 2020 ma molte meno rispetto a Stati Uniti e Russia. [WAPO]
Sri Lanka: un’utostrada cinese riapre il dibattito sulla “trappola del debito”
Gli investimenti cinesi in Sri Lanka tornano a far discutere. Stavolta è la costruzione di un’autostrada sopraelevata alla periferia di Colombo a impensierire gli analisti. La società incaricata di portare a termine il progetto è sempre China Harbour Engineering Company (CHEC), sussidiaria della China Communications Construction Company (CCCC), balzata agli disonori della cronaca per aver condotto i lavori del porto di Hambantota e dell’aeroporto internazionale di Mattala. Entrambe considerate cattedrali nel deserto. I termini dell’accordo consentono a CHEC di mantenere la proprietà della nuova autostrada, recuperare il capitale investito, incassare i profitti e poi dopo 18 anni – finalmente – cedere al governo il controllo sul progetto. Questo renderebbe CHEC la prima società straniera a possedere un’autostrada in Sri Lanka. Secondo l’opposizione il piano era in cantiera da tempo, ma il precedente governo aveva intenzione di coprire i costi attraverso un partenariato pubblico-privato. Lo stato insulare è stato il primo a sperimentare la cosiddetta “trappola del debito”. In realtà anche l’unico in senso proprio. Infatti non sono noti altri casi in cui la Cina ha assunto il controllo diretto di infrastrutture a causa dell’inadempienza dei paesi mutuatari. [fonte NIKKEI]
Il caos a Eswatini preoccupa Taiwan
Sono almeno otto le persone morte negli scontri scoppiati a Eswatini in seguito alle violente proteste da parte dei manifestanti che chiedono riforme. Il piccolo Paese africano è l’ultima monarchia assoluta in Africa e i manifestanti chiedono riforme politiche al re Mswati III, salito al trono 35 anni fa. In seguito alle proteste, le linee Internet sono state staccate e le autorità hanno imposto il coprifuoco in tutto il Paese. Nei giorni scorsi il governo locale ha smentito la notizia secondo cui il sovrano sarebbe fuggito in Sudafrica. La cosa interessante è che a prendere le difese di Mswati III è stato anche l’ambasciatore taiwanese nel paese. Eswatini è l’unico paese africano a riconoscere ufficialmente Taiwan anziché la Repubblica popolare cinese. Secondo il sito The China Africa Project, la caduta della monarchia potrebbe avere ripercussioni pesanti per Taipei, a cui è rimasta una manciata di alleati [fonte Taiwan News]
La Malesia sceglie Ericsson per il 5G
Il governo di Kuala Lumpur ha scelto Ericsson per la costruzione della sua infrastruttura di rete 5G al posto del rivale Huawei Technologies. La scelta dell’azienda svedese invece di quella cinese dà un messaggio sia a Washington sia a Pechino. Il colosso di Shenzhen è attivo da lungo tempo nel Paese del Sud-Est asiatico, dove ha partecipato tra l’altro allo sviluppo di Forest City, esempio più fulgido di smart city lungo la Via della Seta. [fonte Nikkei Asian Review]
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.