Il panel di esperti stranieri incaricato di supportare l’Independent Police Complaints Commission (IPCC) nelle indagini sulla gestione delle proteste ha deciso di “lasciare il proprio ruolo”. L’annuncio segue recenti divergenze emerse tra i vertici delle due organizzazioni sulla necessità o meno di affidare maggiori poteri all’IPCC, che gli analisti considerano poco affidabile a causa della limitata autorità e della composizione prettamente pro-establishment della commissione. L’Independent Expert Panel, istituito a settembre, è presieduto da Sir Dennis O’Connor, ex ispettore capo preposto dal governo britannico alla redazione di un rapporto sull’operato della polizia dopo le rivolte di Londra del 2011. Mentre l’IPCC minimizza lo strappo facendo notare come il lavoro del team sia essenzialmente concluso, l’episodio rischia di compromettere ulteriormente la credibilità degli sforzi messi in campo dall’amministrazione Lam per sedare le proteste. [fonte: SCMP]
Svezia: ex-ambasciatrice cinese a processo per aver tentato di salvare un dissidente
I rapporti tra Cina e Svezia non sono mai stai tra i più idilliaci. Nell’ultimo anno abbiamo visto Pechino invitare i propri connazionali a non recarsi in Svezia per “vacanze da incubo”, mentre Stoccolma non ha risparmiato le proprie pressioni per il rilascio del dissidente sino-svedese Gui Minhai, a tal punto da conferirgli il Swedish Rights Prize il mese scorso. Gui è un libraio di Hong Kong, celebre per le pubblicazioni di titoli satirici su Pechino, scomparso nel 2015 al rientro da un viaggio in Tailandia e ricomparso qualche mese dopo sulle tv cinesi per confessare un’incidente fatale commesso dieci anni prima. Tre mesi dopo il rilascio, nell’ottobre 2017, Gui fu riarrestato su un treno in compagnia di diplomatici svedesi. Secondo l’accusa di Stoccolma, Anna Lindstedt, ex-ambasciatrice a Pechino, a gennaio avrebbe organizzato un meeting segreto con la figlia di Gui e imprenditori vicini al governo per organizzare il rilascio del padre. La Lindstedt rischia fino a 10 anni di carcere, e i cinesi sembrano soddisfatti delle misureadottate. Tuttavia, il suo processo rappresenta al tempo stesso un chiaro messaggio per la Cina: lo stato di diritto è la più forte delle diplomazie. [fonte: Guardian]
Tutor a 8 anni: in Cina la programmazione è un gioco da ragazzi
Qualche settimana fa, un bambino belga di 9 anni si è laureato in ingegneria, ma anche i bambini cinesi non scherzano. In Cina è sempre più frequente imbattersi in genitori che, pur non essendo informatizzati, prima della scuola elementare mandano i propri figli in agenzie di programmazione specializzate. Un fenomeno in rapida crescita all’interno della classe media e che riflette gli ingenti investimenti del paese in intelligenza artificiale e robotica. Vita, è un bambino cinese di 8 anni che ha seguito questo tipo di percorso per metà della sua vita. Oggi tiene lezioni online per persone più grandi di lui. La Cina vuole divenire leader tecnologico sul piano globale, e l’anno scorso è divenuto il primo paese al mondo a pubblicare e introdurre nelle scuole libri di testo sull’intelligenza artificiale. Nel 2017, il mercato cinese dell’educazione alla programmazione per bambini valeva 1 miliardo di euro, per l’anno prossimo gli esperti si aspettano di vedere il valore quintuplicato. [fonte: SCMP]
Aung San Suu Kyi in Europa: dal Nobel per la pace al processo per genocidio
E’ in Europa per difendere lo stesso regime che l’ha incarcerata per 15 anni, in una prigionia e una lotta per la democrazia che le valsero il Nobel per la pace. Aung San Suu Kyi, leader democratico, consigliere di Stato e ministro birmano degli Esteri, si trova alla Corte Internazionale di Giustizia (Icj) in Olanda, a processo in una causa intentata dal Gambia, il quale accusa il governo del Myanmar di genocidio e crimini contro l’umanità nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya. Nel 2017, le politiche del governo filo-buddista birmano hanno portato allo sterminio di migliaia di Rohingya spingendo oltre 700 mila profughi verso il Bangladesh. Il Gambia tuttavia, querela per conto della Oic, l’Organizzazione per l cooperazione islamica, e non richiede una condanna per gli atti compiuti, bensì misure per prevenire nuovi atti di sterminio. La Icj è il principale organo giudiziario dell’Onu, e pur non avendo la facoltà di far rispettare le sentenze nei paesi condannati, può gravemente comprometterne la posizione sul piano internazionale. Le prime udienze si terranno tra oggi e domani. [fonte: BBC]
India: 770 esperti condannano la legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani
Dopo l’approvazione del nuovo decreto sulla cittadinanza, 774 eminenti personalità del mondo culturale e scientifico lo hanno condannato pubblicamente, mentre i manifestanti musulmani del nordest indiano hanno scioperato, dato fuoco a copertoni e tagliato alberi per bloccare le strade. La nuova legge prevede misure umanitarie e di accoglienza più rapide per i rifugiati, ma non sulla base della loro condizione umana e sociale, bensì a seconda del proprio orientamento religioso. Infatti, ai musulmani -i quali rappresentano il 14% della popolazione indiana- non è stato concesso lo stesso diritto. Il decreto permetterà a hindu, sikh, buddisti, giainisti e parsi provenienti da Afganistan, Bangladesh e Pakistan di accedere al paese con maggiore facilità. Secondo l’opposizione islamica in governo, questa politica è frutto dell’agenda ultra-nazionalista di Neranda Modi, un modo per marginalizzare i 200 milioni di musulamani indiani. Parole che non scuotono la maggioranza, ma che tornano a riaccendere i riflettori sul conflitto etnico in India. Il governo Modi ha di recente approvato la costruzione di un tempio hindu sopra una moschea distrutta anni fa proprio da nazionalisti tra le sue fila. Per questo, la politica sulla cittadinanza non rappresenta che l’ennesimo segnale di pericolo sull’estremismo religioso fomentato da alcune frange del governo. La marginalizzazione non è tuttavia l’unico elemento di sconcerto, molti residenti islamici del nordest temono un aumento dei conflitti e delle tensioni derivato da un’ondata di rifugiati hindu dal Bangladesh, già considerati da molti locali alla stregua degli invasori. [fonte: Guardian]
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Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance. Collabora con diverse testate nazionali. Ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha perseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM). Membro del direttivo di China Files, per cui è responsabile tecnico-amministrativo e autore.