Migliaia di manifestanti si sono riuniti attorno al Consiglio legislativo, il parlamento di Hong Kong, fronteggiando la polizia antisommossa e costringendo i legislatori a rinviare il dibattito odierno sul controverso disegno di legge che, se approvato, permetterà a Pechino di rivendicare la propria giurisdizione sui sospettati di una quarantina di reati. Perlopiù giovani e studenti, i manifestanti vestiti di nero e con delle mascherine sul volto, hanno bloccato il traffico impedendo ai parlamentari di raggiungere l’edificio, mentre le forze dell’ordine hanno risposto con cannoni d’acqua e spray al peperoncino minacciando di passare alle maniere forti. La seduta è stata rimandata a data da destinarsi. Come durante la “rivoluzione degli Ombrelli”, la mobilitazione ha visto una partecipazione trasversale con oltre un centinaio di attività commerciali, scuole e trasporti pubblici ad aver sospeso le operazioni giornaliere per permettere alla gente di partecipare alle rimostranze. Per ora, la posizione del governo è irremovibile. Mentre la leader locale Carrie Lam ha promesso maggiore tutela attraverso l’implementazione di ulteriori emendamenti, la giustezza della nuova legge non è discutibile. Neanche se a sollevare le preoccupazioni sono Stati Uniti, Gran Bretagna e aziende straniere. Le proteste sono state prevalentemente censurate sui social media cinese, dove a circolare è stata solo la risposta ufficiale con cui il ministero degli Esteri ha ribadito il proprio endorsement alle autorità locali [fonte: Bloomberg, Reuters, NYT]
Quasi pronto il sistema operativo di Huawei
Huawei avrebbe già prodotto 1 milione di smartphone equipaggiati con il sistema operativo HongMeng, a cui la compagnia lavora alacremente da sette anni e che in tempi di trade war potrebbe rivelarsi un vero e proprio asso nella manica. Come riferisce la società Rosenblatt Securities, i dispositivi rappresentano unità di test, anche se non è chiaro se i telefoni siano divenuti disponibili sul mercato o siano ancora in fase di sviluppo. Il software – pronto per essere installato su telefoni cellulari, computer, tablet, Tv, automobili e dispositivi indossabili – è stato sviluppato in casa dal produttore cinese e sarebbe compatibile con tutte le applicazioni Android. Ieri il Global Times riportava la partecipazione di altri colossi tecnologici cinesi, come Tencent e Xiaomi, alle operazioni di testing di HongMeng, che potrebbe già essere presente nel prossimo Huawei P40, il primo vero top di gamma dell’azienda di Shenzhen [fonte: gsmarena, Global Times]
Gli iPhone possono fare a meno della Cina
La Apple può stare tranquilla. Le guerra commerciale con la Cina non comprometterà la produzione dei dispositivi. Lo ha assicurato ieri un dirigente della Foxconn, il principale fornitore del colosso di Cupertino. Si apprende infatti che il 25% della produzione della multinazionale è localizzata fuori dalla Cina e l’azienda non avrebbe difficoltà, se necessario, a spostare tutte le attività per il mercato americano oltre i confini cinesi. Mentre la Apple non ha dato ancora istruzioni in proposito, Foxconn ha già rinforzato i proprio investimenti in India, dove è già presente una fabbrica di iphone a Bangalore. Da tempo circolano voci sulla possibilità che la mela morsicata diventi target di ritorsioni cinesi in risposta alle restrizioni americane contro Huawei. M la Cina non è solo il primo mercato di sbocco di iPhone e iPad, è anche il primo produttore, con il risultato che qualsiasi forma di ritorsione costerebbe migliaia di posti di lavoro per i cinesi in un momento in cui la crescita economica è tutt’altro che stabile [fonte: Guardian]
Mosca spalleggia Pechino nel Pacifico
Cina e Russia sono sempre più vicine. Gli Stati Uniti prendano nota. Dopo il messaggio “soft” veicolato da Putin e Xi Jinping all’ultimo St. Petersburg International Economic Forum, gli avvertimenti sono giunti attraverso un cacciatorpediniere battente bandiera russa che lo scorso venerdì ha quasi speronato la nave americana Chancellorsville tra il mare delle Filippine e il Mar cinese orientale, a largo della costa cinese, un’area fuori dal normale raggio d’azione di Mosca, dove Pechino osteggia le rivendicazione territoriali dei paesi limitrofi. Un segno che gli analisti interpretano come una mano tesa alla Cina, in un momento in cui gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza nelle acque contese [fonte: CNN]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.