I titoli di oggi:
- Hong Kong: affluenza ai minimi storici per le elezioni legislative
- Peng Shuai nega per la prima volta le accuse di violenza contro l’ex vicepremier
- Amazon complice della propaganda cinese
- Cina: finiti i tempi d’oro del KTV
- Gli USA creano un software per prevedere le reazioni cinesi
L’affluenza alle urne per le elezioni legislative per soli “patrioti”, tenutesi ieri a Hong Kong, ha toccato il minimo storico con appena il 30,2% degli aventi diritto al voto ad aver espresso la propria preferenza, rispetto al 58,3% del 2016. Il livello più basso dall’handover. L’elezione – a cui hanno avuto accesso solo candidati selezionati dal governo – è stata criticata da attivisti, governi stranieri e gruppi per i diritti umani. L’ex democratico Tik Chi-Yuen è l’unico candidato non pro-establishment ad essere stato eletto, mentre il partito filo-Pechino Democratic Alliance for the Betterment and Progress of Hong Kong è la formazione politica ad aver ottenuto più seggi in parlamento (17).
Le legislative si sono tenute in un clima di tensione. Nei giorni precedenti il governo aveva inviato messaggi di testo ai cittadini esortandoli a votare, mentre il fronte pro-democrazia aveva invitato le persone a boicottare le urne in segno di protesta. A Hong Kong l’astensionismo è diventato un crimine così come lo è incitare qualcuno a non votare. Secondo quanto riferito dalle autorità, nel periodo precedente alle elezioni infatti, almeno 10 persone sono state arrestate con l’accusa di aver esortato a votare scheda bianca, comprese persone che avevano ripubblicato post sui social media. Da quando il parlamento cinese a marzo ha annunciato cambiamenti radicali al sistema elettorale di Hong Kong, inclusa la riduzione del numero di seggi eletti direttamente, molte figure dell’opposizione hanno rifiutato di candidarsi, hanno lasciato la città o sono state incarcerate. Nonostante le critiche, i leader di Hong Kong affermano che il sondaggio è rappresentativo e che la revisione elettorale, così come la legge sulla sicurezza nazionale imposta lo scorso anno, fosse necessaria per garantire la stabilità dopo le destabilizzanti proteste che hanno scosso il centro finanziario asiatico nel 2019. La sicurezza è rimasta alta in tutta la città, con 10.000 poliziotti e circa 40.000 addetti governativi schierati per l’occasione. Salutando il risultato, la chief executive Carrie Lam ha dichiarato “di rispettare la decisione del popolo”. Lam è attesa in serata a Pechino per un briefing con i leader.
Appena chiuse le urne Pechino ha pubblicato il secondo libro bianco sulla democrazia in meno di un mese, questa volta specifico sul sistema politico di Hong Kong. Nel documento viene rimarcato come il ritorno alla mainland abbia coinciso con l’introduzione della democrazia nella regione amministrativa speciale dopo l’oscurantismo della dominazione britannica. Tra i pilastri della democrazia hongkonghese viene citata la minicostituzione locale, la Basic Law, che negli ultimi tre anni Pechino ha rimaneggiato e reinterpretato più volte per giustificare l’introduzione di misure che violano gli impegni presi al momento dell’handover.
Peng Shuai nega per la prima volta le accuse di violenza contro l’ex vicepremier
Per la prima volta dall’inizio dello scandalo, Peng Shuai ha smentito di aver mai accusato l’ex vicepremier Zhang Gaoli di violenza. Parlando ieri ai microfoni del quotidiano di Singapore Lianhe Zaobao la tennista ha dichiarato: “Vorrei sottolineare un punto molto importante: non ho mai detto né scritto nulla che accusasse nessuno di avermi aggredito sessualmente. Vorrei sottolineare questo punto molto chiaramente”. Peng ha spiegato sia una questione di “privata”, definendo le illazioni il prodotto di un “misunderstanding”. La sportiva ha infine rassicurato sulle sue attuali condizioni, negando di essere sorvegliata dal governo cinese o di aver rilasciato dichiarazioni sotto costrizione. Poche ore prima della videointervista, su Twitter erano circolate alcune foto di Peng in compagnia dell’ex star del basket cinese Yao Ming a Shanghai. Come sempre, la fonte é il misterioso Mr. Ding, un presunto amico della sportiva che a quanto pare è anche molto vicino alla redazione del Global Times. Nell’ultimo mese la testata nazionalista cinese si è prodotta in una serie di scoop, diventando la prima piattaforma a informare la comunità internazionale sugli sviluppi del caso Peng.
Amazon complice della propaganda cinese
Il gigante dell’e-commerce torna sotto i riflettori per aver collaborato con l’ufficio propaganda del PCC. Ad esporre il caso è un rapporto speciale pubblicato da Reuters, dal quale emerge che nel 2019 il governo cinese avrebbe chiesto ad Amazon di disattivare i commenti e le recensioni sui libri di Xi Jinping in seguito alla recensione negativa di un utente. Nonostante le recensioni siano parte chiave della sua strategia di vendita, l’azienda ha rispettato le richieste del governo cinese disattivando la funzionalità dal loro sito cinese. Secondo l’inchiesta però l’inchino di Amazon avrebbe ripercussioni più estese: un documento interno del 2018 afferma che “il controllo ideologico e la propaganda sono il fulcro del kit di strumenti per il partito comunista per raggiungere e mantenere il suo successo”. Poco dopo sarebbe stato lanciato “China Books“, progetto nato da un partenariato tra il governo cinese e Amazon, che prevede la creazione di un portale per vendere all’estero libri specificamente approvati dal governo cinese per un totale di oltre 90.000 pubblicazioni disponibili. Compresi testi che supportano la linea d’azione cinese in Xinjiang.
Mentre molte compagnie tecnologiche hanno dovuto rinunciare al mercato cinese per via delle troppe limitazioni legali, Amazon ha continuato la sua espansione: dopo il lancio di Amazon Web Services nel 2013, l’azienda ha delegato le sue attività cloud alle aziende locali, adattandosi alle nuove regolamentazioni emanate dalla China Cyberspace Administration. Le società cinesi, non Amazon, sono da allora responsabili del “monitoraggio e rimozione dei contenuti illegali, della raccolta e della segnalazione delle informazioni di base dei clienti… e della collaborazione con le autorità della Repubblica popolare cinese”, si legge nel rapporto.
Cina: finiti i tempi d’oro del KTV
Il karaoke, o KTV come lo si suole chiamare in Asia, è arrivato dal Giappone alla Cina continentale negli anni ’80 e si è rapidamente trasformato nel passatempo preferito dei giovani cinesi durante le vacanze. Tuttavia, alcuni dati recenti mostrano come il fascino del KTV sta gradualmente svanendo: stando ad uno studio della CCTV, la pandemia avrebbe ridotto la clientela dei Karaoke bar di quasi l’80%, e Yicai ha confermato che ci sono solo 56.300 imprese legate al karaoke in Cina rispetto alle oltre 120.000 del 2015, anno in cui il settore ha vissuto un vero boom.
Oltre alla pandemia, le cifre trovano spiegazione nel cambio di abitudini tra i giovani cinesi, che preferirebbero ora svagarsi con i giochi di ruolo a sfondo thriller – noti come “script murder” (omicidio di sceneggiatura) – ritenuti meno emotivamente impegnativi del canto. Le sedi di questo nuovo modo di socializzare stanno gradualmente rimpiazzando quelle dei KTV, con ben circa 45.000 sale in tutta la Cina. Secondo la società di consulenza iiMedia, l’industria degli script murder dovrebbe valere 17 miliardi di yuan (2,6 miliardi di dollari) entro la fine dell’anno. Mentre i giovani si allontanano dalle sale di karaoke, sono i sessantenni cinesi la nuova clientela dei KTV. Nella prima metà del 2021, i clienti KTV di età compresa tra 60 e 70 anni sono aumentati di quasi il 30% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre quelli tra i 70 e gli 80 anni sono raddoppiati, secondo la piattaforma di servizi online Meituan.
Gli USA creano un software per prevedere le reazioni cinesi
Per agevolare le truppe americane impegnate nel Mar Cinese Meridionale, i comandanti militari statunitensi stanziati nel Pacifico hanno creato un software per prevedere come reagirà il governo cinese alle azioni degli Stati Uniti nella regione.
Secondo quanto affermato dai portavoce della Difesa americana, lo strumento calcola “l’attrito strategico” tra le due potenze esaminando i dati dall’inizio del 2020 e valutando in che misura attività significative – come vendite di armamenti, attività militari e persino le visite dei funzionari americani a Taiwan – hanno avuto un impatto sulle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Il sistema informatico aiuterà il Pentagono a prevedere con circa quattro mesi di anticipo se e con che intensità determinate azioni provocheranno una reazione cinese.
A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi