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In Cina e Asia – G20: Xi dismette i panni del “wolf warrior”

In Notizie Brevi by Agnese Ranaldi

I titoli di oggi:

  • Xi dismette i panni del “wolf warrior”
  • Le multinazionali europee puntano sulla Cina
  • Xi critica indirettamente la Russia
  • Zero Covid: Proteste anche a Guangzhou

Dopo anni di restrizioni, il presidente cinese Xi Jinping è tornato sulla scena internazionale. A qualche giorno dall’alleggerimento delle misure di restrizione della politica “zero-Covid”, il leader della Repubblica popolare cinese torna a prendere parte a una serie di incontri a margine del vertice G20 di Bali. Forte del suo terzo mandato presidenziale, rilancia una politica estera molto proattiva. Pechino si è rivolta innanzitutto a Canberra. “La Cina apprezza la recente volontà dell’Australia di migliorare e sviluppare le relazioni bilaterali”, ha dichiarato Xi al primo ministro australiano Anthony Albanese martedì. Le relazioni tra i due paesi hanno vissuto non pochi attriti negli ultimi anni, specie a causa del rapporto con gli alleati anti-cinesi della regione indo-pacifica. Ma secondo Xi non c’è mai stato alcun conflitto di interesse fondamentale tra Cina e Australia.

All’incontro con il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, Xi ha detto che accelererà i negoziati per un accordo di libero scambio con la Corea del Sud. Ha anche fatto apprezzamenti sul “piano audace” di Seul di offrire aiuti economici alla Corea del Nord. Il leader del Partito comunista cinese ha poi trascorso più di tre ore con il presidente statunitense Joe Biden lunedì sera. Richard McGregor, senior fellow per l’Asia orientale presso il Lowy Institute ha commentato che “il cambio di tono” della politica estera cinese “è evidente”. Ma secondo l’esperto, sarebbe fuorviante pensare che si stia entrando in un’era di stabilità diplomatica. Piuttosto, “c’è uno sforzo per raggiungere una sorta di equilibrio”. Gli Stati Uniti ne sono consapevoli e difficilmente lasceranno i loro piani di rafforzamento delle partnership nella regione dell’Indo-Pacifico.

Xi critica indirettamente la Russia

La sicurezza alimentare ed energetica non deve essere politicizzata. Il presidente Xi Jinping ha attribuito la colpa della crisi globale di cibo ed energia a un “disturbo della cooperazione”. Ha affermato nel suo discorso di apertura del vertice del G20 di Bali fame ed energia delle sfide “più urgenti” del nostro tempo. “L’origine della crisi attuale non è la produzione e la domanda” ha dichiarato “ma un problema di catena di approvvigionamento”. Il leader cinese si è poi rivolto ai paesi ricchi, chiedendo loro di contenere l’aumento dei tassi di interesse che ricade sulle economie più deboli, già vessate dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia aggravato dall’invasione russa in Ucraina.

Che sia una velata critica contro la Russia? In parte. Questo tuttavia non cambia la visione strategica di lungo periodo, ancora in linea con quella di Putin. Parlando con l’omologo russo Sergei Lavrorv, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha lodato la “razionalità e disponibilità” di Mosca dopo la parziale inversione a U sul possibile utilizzo di mezzi nucleari. Che ci sia stato un accordo sino-russo che ha permesso di rompere l’impasse durante il G20. Secondo Reuters, all’unanimità il comunicato congiunto afferma che “la maggior parte dei membri ha condannato fermamente la guerra in Ucraina e ha sottolineato che sta causando immense sofferenze umane e esacerbando le fragilità esistenti nell’economia globale”. Precedentemente il Washington Post aveva riportato la ritrosia di Pechino e Mosca ad approvare l’utilizzo della parola “guerra”.

Zero Covid: Proteste anche a Guangzhou

Una folla di manifestanti si è riversata nelle strade di Guangzhou per protestare contro le restrizioni della “politica zero-Covid” lunedì sera. A qualche giorno dall’annuncio da parte delle autorità di un imminente alleggerimento delle disposizioni per il contenimento del virus, il distretto di Haizhu è andato in fermento. La città meridionale di Guangzhou è stata uno dei principali focolai delle ultime infezioni da Covid-19, dove contagi hanno superato i 5.000 casi. Il quartiere in cui è esploso il malcontento è un polo commerciale che ospita mercati tessili e piccole imprese, che recentemente è stato sottoposto all’isolamento. Secondo Radio Free Asia, altri gruppi di lavoratori e lavoratrici cinesi sono scesi in piazza anche nei centri industriali vicini di Kangle e Tangxia.

Per il Guardian i manifestanti sarebbero perlopiù lavoratori migranti provenienti dalla provincia dello Hubei, che sono stati duramente colpiti dalle misure di contenimento. Ad alcuni è stato periodicamente impedito di tornare a casa per via delle continue restrizioni, mentre altri, viceversa, sono stati costretti a tornare nelle loro province e a rinunciare a lavorare. Alcuni hanno ipotizzato che proprio quest’ultima sia la principale ragione alla base dei recenti disordini. Altri ritengono che questa rara manifestazione di conflittualità sociale sia dovuta alle tensioni tra le persone migranti dello Hubei che lavorano a Guangzhou e chi abita nei villaggi urbani della città.

Le multinazionali europee puntano sulla Cina

Le grandi aziende tedesche guidano la ripresa degli IDE europei in Cina. Come ha ricordato il cancelliere tedesco Olaf Scholz in visita in Cina questo mese, i flussi di denaro dall’Unione europea sono diminuiti per tre anni consecutivi (passando da 10,4 miliardi di dollari nel 2018 a 6,3 miliardi nel 2021). Ma durante i primi mesi del 2022 sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2021. Un rapporto pubblicato da Rhodium Group a settembre ha rivelato che gli investimenti si sono concentrati su alcune aziende: Volkswagen, BMW, Daimler e BASF hanno contribuito al 34% degli IDE orientati in Cina dal 2018 al 2021. Il fenomeno riguarda in special modo le imprese dell’Unione ad alta intensità di energia, che devono sfuggire alle pressioni sulle risorse energetiche russe per mantenere alti i loro profitti. L’allentamento delle normative cinesi sulla proprietà straniera rende ancora più agevole il trasferimento a est delle aziende europee. Ma lo stesso non si può dire per le piccole e medie imprese, per le quali il mercato cinese – soprattutto in tempi di incertezze – resta proibitivo.

A cura di Agnese Ranaldi; ha collaborato Alessandra Colarizi