In Cina e Asia – G20: Meno tariffe commerciali

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– G20: Meno tariffe commerciali
– Pechino stringe la morsa su avvocati e attivisti: aumenta il numero di richiedenti asilo all’estero
– Cina, malati e indebitati
– Global Witness: «Miniere illegali riempiono le tasche dei ribelli afghani».
– Pescatori illegali cinesi strangolano l’industria ittica della Guinea
– La vittoria del partito di Shinzo Abe alla camera alta preoccupa Pechino
– Cambogia: ucciso analista politico critico verso Hun Sen
– Giappone: detenuti in sciopero della fameG20: Meno tariffe commerciali

I ministri del commercio del G20, in riunione a Shanghai, hanno deciso di tagliare il 15 per cento delle tariffe che frenano il commercio globale, dando «il buon esempio» al resto del mondo. Alla dichiarazione di principio – dicono – faranno seguito misure concrete «quanto prima». Nonostante i ripetuti inviti del Wto, i paesi più sviluppati del mondo hanno sempre tenuto in piedi norme e clausole per proteggere le proprie imprese nazionali e la Cina è considerata uno degli esempi più clamorosi in questo senso. Ora, nel nome dell’applicazione dei principi del liberismo più spinto, si promette che non sarà più così.

Pechino stringe la morsa su avvocati e attivisti: aumenta il numero di richiedenti asilo all’estero

Secondo gli ultimi dati rilasciati dalle Nazioni Unite, il numero dei richiedenti asilo cinesi all’estero è aumentato di quasi cinque volte negli ultimi cinque anni. Un trend che gli esperti collegano al giro di vite contro dissidenti e avvocati lanciato dalla leadership di Xi Jinping salita al potere nel 2012. Negli ultimi 13 anni, la Repubblica popolare si è mantenuta salda alla top 20 dei paesi «esportatori» di rifugiati. I richiedenti asilo cinesi hanno raggiunto quota 57.705 nel 2015 contro i 10.617 di cinque anni prima, mentre i rifugiati sono saliti a 212.911 rispetto ai 190.369 del 2011.

Proprio sabato è ricorso il primo anno dalla campagna massiccia di arresti contro gli avvocati per la difesa dei diritti umani, di cui una ventina ancora in stato di detenzione. La commemorazione è stata coronata da una lettera firmata da circa una decina di gruppi e associazioni legali internazionali e indirizzata a Xi Jinping. «Signor presidente, è alla luce di tali eventi che desideriamo ricordarvi i vostri continui impegni nel sostenere lo stato di diritto in Cina», recita il testo pubblicato sulla pagina Facebook del China Human Rights Lawyers Concern Group. In tutta risposta, lunedì il Global Times ha respinto le accuse, portando ad esempio gli spargimenti di sangue di Dallas per rimarcare le pecche del sistema occidentale.

Cina, malati e indebitati

Secondo dati ufficiali, in Cina il 44 per cento degli impoveriti deve il proprio stato di indigenza alle spese mediche troppo alte. Sebbene negli ultimi anni il governo cinese abbia ampliato le assicurazioni per coprire le malattie gravi, tuttavia circa la metà delle spese per le cure continua a ricadere sui malati e le loro famiglie. Una situazione che rischia di aggravarsi considerato che – secondo stime del Boston Consulting Group – entro il 2025 il costo dell’assistenza sanitaria personale dovrebbe crescere quattro volte, tanto da raggiungere gli 1,9 trilioni di dollari. 

La necessità di far fronte agli alti costi, sta portando sempre più persone a rivolgersi a compagnie assicurative come Ping An Insurance Group, a piattaforme di credito online, e a siti di P2P. La China Minsheng Banking Corp e la Shanghai Pharmaceuticals Holding Co Ltd hanno addirittura lanciato dei programmi di prestito pensati appositamente per coprire le spese mediche.

Global Witness: «Miniere illegali riempiono le tasche dei ribelli afghani».

Secondo un’inchiesta di Global Witness, in Afghanistan l’estrazione illegale delle pietre preziose – che arrivano in Cina passando per il Pakistan – sta ingrossando le tasche dei talebani nella provincia di Badakhstan, nel nord del paese, dove si annovera la presenza, tra gli altri, di un piccolo gruppo filo-Isis che comprende miliziani uiguri dello Xinjiang.

Secondo report diplomatici, il 50 per cento dei ricavi derivanti dal settore minerario (200 milioni di dollari nel periodo 2014-2015) finisce nelle mani dei fondamentalisti, che traggono dalle miniere la maggior parte del loro sostentamento, dopo il traffico di droga. Sta alla Cina, acquirente numero uno di lapislazzuli ed esposta al radicalismo uiguro, fare pressione sul governo di Kabul per rafforzare la regolamentazione dell’industria mineraria afghana, conclude l’Ong. 

Pescatori illegali cinesi strangolano l’industria ittica della Guinea

Le scorribande dei pescatori cinesi lungo le coste della Guinea stanno colpendo duro l’industria ittica locale. Il guadagno giornaliero di un pescatore guineano è sceso dai 700-1400 dollari di qualche anno fa agli attuali 140 dollari. Secondo Environmental Justice Foundation (EJF), il tratto di mare che bagna l’Africa occidentale è quello più colpito dalla pesca illegale a livello mondiale: oltre un terzo del pesce pescato nella zona deriva da attività non in regola grazie agli scarsi controlli e alla corruzione delle autorità.

La specie più colpita è quella dell’ombrina gialla, un pesce molto pregiato in Asia e praticamente scomparso dal Mar cinese a causa della pesca eccessiva. Sfruttando la capacità distraente dell’epidemia di Ebola, i pescherecci cinesi attivi lungo le coste guineane (ormai circa 500) hanno potuto incrementare le loro operazioni fuorilegge, che avvengono perlopiù con reti a strascico, ovvero spazzando via tutto quanto si trova sul fondale marino, compresi i coralli.

La vittoria del partito di Shinzo Abe alla camera alta preoccupa Pechino

Domenica la coalizione formata dal Liberal Democratic Party e Komeito, ha ottenuto due terzi dei seggi alla camera alta. Con la «supermaggioranza» dei due terzi in entrambe le camere della Dieta (il Parlamento di Tokyo), Abe ha la strada spianata verso la riforma costituzionale basata sulla rinuncia al pacifismo stipulato nell’Articolo 9. «Con la costituzione pacifista del Giappone a rischio e il potere di Abe in espansione, cresce l’allarme sia tra i vicini asiatici, sia nel Giappone stesso, dal momento che la militarizzazione del paese non gioverà a nessuna delle due parti» ha scritto lunedì l’agenzia di stampa cinese Xinhua.

Tuttavia, la corsa agli armamenti sembra ancora lunga. Rimane infatti da convincere il Komeito (il partito centrista della coalizione) e gli elettori che saranno chiamati a valutare la revisione costituzionale in un referendum popolare.

Cambogia: ucciso analista politico critico verso Hun Sen

Kem Ley, famoso commentatore politico cambogiano critico verso il primo ministro Hun Sen, è stato ucciso domenica mattina da tre colpi di pistola in un centro commerciale della capitale Phnom Penh. L’assassino è stato prontamente arrestato e secondo la prima versione rilasciata dalla polizia – e confermata dall’uomo – avrebbe agito in relazione a un prestito monetario non restituito.

Ma il delitto – che arriva a due anni dalle elezioni generali e in un periodo di crescenti tensioni politiche nel Paese – ricorda altri omicidi di oppositori – come quello del sindacalista Chea Vichea (2004) – per i quali a pagare sono stati falsi sospetti. Appena tre giorni fa, Kem Ley aveva accusato Hun Sen di utilizzare la magistratura per eliminare i suoi avversari politici.

Giappone: detenuti in sciopero della fame

14 immigrati detenuti di un centro di Osaka sono in sciopero della fame per protestare contro le «condizioni disumane» a cui sono sottoposti, in particolare per quanto riguarda le cure mediche inadeguate. Proteste simili si erano già tenute nel mese di febbraio, quando 40 reclusi avevano rifiutato il cibo per richiamare l’attenzione sulla loro situazione.

Un’indagine della Reuters, lanciata quest’anno in seguito alla morte di un detenuto cingalese presso una struttura di Tokyo, ha rivelato gravi carenze nel trattamento medico e nel monitoraggio del sistema di detenzione per gli immigrati. Dall’inchiesta, era effettivamente emersa la scarsa preparazione delle guardie e l’impossibilità dei reclusi ad avvalersi di visite mediche più di una volta alla settimana. Dal 2006 a oggi, in Giappone, una dozzina di persone sono morte dietro le sbarre, di cui quattro suicide.