Dong Jun

In Cina e Asia – FT: Ministro della Difesa cinese indagato per corruzione

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • FT: Ministro della Difesa cinese Dong Jun indagato per corruzione
  • G7, Cina ammonita per supporto alla Russia e pratiche economiche distorsive
  • Caso Evergrande: centinaia di investitori protestano a Shenzhen
  • Mar Baltico, continua indagine a carico della nave cinese
  • Mar Cinese meridionale: nata “industria” della disinformazione a scopo di lucro
  • Pakistan, arrestati centinaia di manifestanti in un raid dell’esercito a Islamabad
  • India, il BJP prende le distanze da Adani
  • L’Indonesia rifiuta di revocare il divieto di vendita dell’iPhone 16
  • Myanmar, l’esercito ribelle TNLA dice di essere pronto al dialogo con la giunta militare

Il ministro della Difesa della Cina, Dong Jun, è stato messo sotto inchiesta nell’ambito di un’ampia indagine anticorruzione, che nell’ultimo anno ha portato alla rimozione di alti ufficiali in vari comparti dell’esercito. Lo riferiscono fonti americane al quotidiano britannico Financial Times. Se l’indiscrezione venisse confermata, Dong sarebbe il terzo ministro della Difesa ad essere indagato per corruzione. Dong, ex comandante della Marina, è stato nominato alla guida del dicastero a dicembre 2023, dopo che il suo predecessore, Li Shangfu, era stato rimosso dall’incarico dopo soli sette mesi di mandato. Le molteplici epurazioni sollevano diversi interrogativi sulla prontezza delle forze armate cinesi, impegnate quotidianamente ad affermare la sovranità della Repubblica popolare nello Stretto di Taiwan e nel Mar cinese meridionale. La rimozione rischia anche di minare la ripresa del dialogo con il Pentagono a pochi mesi dall’insediamento di Trump.

G7, Cina ammonita per supporto alla Russia e pratiche economiche distorsive

“Adotteremo misure appropriate, coerenti con i nostri sistemi legali, contro gli attori in Cina e in altri paesi terzi che supportano materialmente la macchina da guerra della Russia”. È  quanto recita il comunicato rilasciato ieri dai ministri degli Esteri del G7, che utilizzando un linguaggio insolitamente duro avverte il governo di Pechino e “le istituzioni finanziarie e altre entità che facilitano l’acquisizione da parte della Russia di attrezzature e articoli per la sua base industriale di difesa”. La Repubblica popolare è stata menzionata  anche in riferimento ai rischi economici legati alle “politiche distorsive non di mercato”

Caso Evergrande: centinaia di investitori protestano a Shenzhen

Circa 500 ex investitori di Evergrande la scorsa settimana hanno organizzato tre proteste a Shenzhen per ottenere informazioni sull’indagine a carico del colosso immobiliare cinese, gravato da oltre 300 miliardi di debiti. Secondo Reuters, si tratta della prima iniziativa del genere in due anni e segue l’annuncio nel settembre 2023  dell’arrestato per presunti illeciti di alcuni dipendenti di Evergrande Financial Wealth Management Co, il braccio di investimento del gruppo. Le rimostranze giungono in un momento delicato per la Cina, dove negli ultimi mesi si sono verificate aggressioni di massa da parte persone disoccupate o in gravi difficoltà finanziarie. Secondo Freedom House, le proteste per questioni economiche sono aumentate di oltre il 23% dall’inizio dell’anno.

Mar Baltico, continua indagine a carico della nave cinese

Martedì 26 novembre il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha chiesto alla nave cinese Yi Peng 3 di tornare in acque svedesi per facilitare le indagini riguardo il taglio di due cavi sottomarini nel mar Baltico, avvenuto tra il 17 e il 18 novembre. C’è il sospetto che si sia trattato di un sabotaggio: i due cavi per le telecomunicazioni, che collegavano rispettivamente Finlandia e Germania e Svezia e Lituania, sono stati recisi in zone distanti tra loro e in momenti diversi. Secondo le ricostruzioni, in quei giorni la Yi Peng 3, partita dal porto russo di Ust-Luga il 15 novembre, si trovava nel tratto di mare sopra i due cavi. Mentre la nave resta al momento ancorata in acque internazionali, il ministero degli Esteri cinese ha detto che Pechino sta collaborando con le parti coinvolte.

Mar Cinese meridionale: nata “industria” della disinformazione a scopo di lucro

Decine di account stanno diffondendo da anni notizie false sulle tensioni nel mar Cinese meridionale per lucrare sui timori riguardo una possibile guerra tra Cina e Filippine. Lo ha rivelato un’inchiesta di AFP. Questi profili, scrive AFP, pubblicano regolarmente su Facebook e altri social dozzine di post falsi riguardo dispiegamenti di truppe americane, o altre possibili forme di escalation nella regione, invitando gli utenti a cliccare sugli articoli di finti siti di informazione, scritti interamente con l’intelligenza artificiale, così da guadagnare dalle pubblicità presenti sulle pagine web. Ogni articolo può fruttare dai 20 ai 70 dollari, ha detto una fonte all’agenzia. Non è chiaro se dietro vi siano attori statali (anche se molti dei contenuti riflettono la posizione cinese sul tema), ma risulta che quasi tutti questi siti abbiano sede in Asia, in particolare nel Sud-Est asiatico. I post sono spesso condivisi migliaia di volte e stanno contribuendo ad aumentare le preoccupazioni sullo scoppio di un conflitto nella regione.

Pakistan, arrestati centinaia di manifestanti in un raid dell’esercito a Islamabad

Mercoledì 27 novembre il Movimento per la Giustizia del Pakistan (PTI) ha annunciato di aver “sospeso temporaneamente” le proteste che chiedevano la scarcerazione del suo leader, Imran Khan, dopo che nella notte l’esercito pakistano ha arrestato centinaia di manifestanti a Islamabad. Martedì il governo pakistano aveva richiesto l’intervento dell’esercito per contenere il corteo di migliaia di persone che si era spinto fino alla “zona rossa” della capitale, cioè a ridosso del parlamento e degli altri edifici istituzionali, ordinando ai soldati di “sparare a vista”. La decisione era arrivata dopo che gli scontri tra la polizia e i dimostranti avevano portato alla morte di 6 persone (4 agenti delle forze dell’ordine e 2 manifestanti). Ieri, tramite un post su X, Khan aveva chiesto ai manifestanti di non arrendersi, ma il ministro dell’Interno Mohsin Naqvi aveva escluso la possibilità di trattare con i sostenitori del PTI, minacciando un intervento duro delle forze dell’ordine.

Durante le manifestazioni di questi giorni Islamabad è rimasta in lockdown e la connessione internet è stata bloccata, così come varie app di messaggistica. Il governo pakistano sta cercando da tempo di restringere la libertà di espressione su internet, e nei prossimi giorni dovrebbe implementare un piano per bloccare l’accesso alle più importanti VPN attive nel paese, con possibili ripercussioni anche sul fronte economico.

India, il BJP prende le distanze da Adani

“Non dobbiamo difenderlo da nulla, non siamo coinvolti. Lasciamo che si difenda da solo”. Con queste parole del suo portavoce il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito del premier indiano Narendra Modi, ha di fatto preso le distanze dall’imprenditore miliardario Gautam Adani, incriminato per corruzione da un tribunale federale statunitense. Adani è considerato molto vicino a Modi e i partiti di opposizione hanno accusato il governo di aver ostacolato le indagini interne a carico dell’imprenditore. Intanto il governo locale dello Stato dell’Andhra Pradesh, a cui partecipa il BJP, ha detto di stare pensando di rescindere un contratto di collaborazione con Adani Group.

L’Indonesia rifiuta di revocare il divieto di vendita dell’iPhone 16

Il governo indonesiano ha rifiutato il piano di investimenti da 100 milioni dollari presentato da Apple per revocare il divieto di vendita dell’iPhone 16 nel paese. La proposta non rispetta “i principi di equità”, ha detto il ministro dell’Industria, Agus Gumiwang Kartasasmita, che ha ricordato come l’azienda americana debba ancora rispettare altri impegni di investimento per 10 milioni di dollari. Secondo le norme indonesiane possono essere commerciati nel paese solo gli smartphone con almeno il 35% dei componenti prodotti localmente, condizione che il nuovo iPhone non rispetta. Per evitare problemi Apple “dovrebbe prendere in considerazione di aprire impianti di produzione in Indonesia”, ha concluso Kartasasmita.

Myanmar, l’esercito ribelle TNLA dice di essere pronto al dialogo con la giunta militare

Lunedì 25 novembre il Ta’ang National Liberation Army (TNLA), uno degli eserciti ribelli più importanti in Myanmar, ha annunciato di essere pronto a dialogare con la giunta militare. La notizia arriva dopo settimane di intensi bombardamenti del regime nel nord dello Stato Shan, dove risiede il TNLA, e a seguito delle pressioni cinesi sulle milizie etniche attive al confine con la Repubblica popolare. Pur dicendo di non essere disposto a cedere territori, il TNLA ha dichiarato di voler fermare i bombardamenti della giunta e di apprezzare gli sforzi di mediazione di Pechino, che all’inizio di quest’anno aveva facilitato un accordo per il cessate il fuoco nel Nord Shan, poi violato a giugno, quando sono ripresi i combattimenti nella regione.