In Cina e Asia – FT: “La popolazione cinese in contrazione per la prima volta dagli anni ’60”

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Con dieci anni di anticipo rispetto ai pronostici più pessimistici, la  popolazione cinese ha già cominciato il suo lento declino. A riferirlo in esclusiva è il Financial Times, entrato in possesso dei risultati dell’ultimo censimento nazionale, il primo in dieci anni. Terminato a dicembre, il sondaggio doveva essere pubblicato a inizio aprile. Ma, secondo fonti del quotidiano finanziario, non è più così sicuro che venga divulgato. Prima occorrerà quantomeno valutare la possibile reazione dell’opinione pubblica. Il calo, che vede il numero degli abitanti scivolare sotto quota 1,4 miliardi, ci si attende avrà ripercussioni devastanti sull’economia nazionale, in particolare sul sistema pensionistico. Dopo che Pechino ha abolito la politica del figlio unico, nel 2016, il numero delle nascite è aumentato leggermente per poi cominciare a diminuire. Il trend in discesa è rimasto invariato per tre anni di fila. Se la notizia fosse confermata, si tratterebbe della prima contrazione della popolazione cinese dalla grande carestia dei primi anni ’60. Qualche giorno fa, anche la banca centrale cinese si è espressa a favore di una revisione delle politiche demografiche per arrestare il rapido calo della popolazione. Secondo l’istituto di credito, il fenomeno rischia di penalizzare l’economia nazionale, ostacolando il sorpasso della Cina sugli Stati uniti. [fonte FT]

Gli Stati uniti riaprono i confini agli studenti cinesi

Gli Stati uniti hanno allentato le restrizioni sull’ingresso di studenti, accademici e giornalisti in arrivo da Brasile, Gran Bretagna, Cina, Iran, Irlanda, Area Schengen e Sud Africa. Nella giornata di ieri, il Dipartimento di Stato ha affermato che gli studenti con visti validi potranno entrare negli Stati Uniti 30 giorni prima dell’inizio delle lezioni in agosto senza dover prima richiedere “un’eccezione di interesse nazionale” (NIE). Il programma NIE sarà invece ancora valido per i viaggiatori qualificati intenzionati a visitare gli Stati Uniti per “scopi umanitari, di salute pubblica e sicurezza nazionale”. La decisione arriva a un anno dalla sospensione degli ingressi per gli stranieri in arrivo dalla Repubblica popolare, all’epoca ancora epicentro dell’epidemia. La situazione pandemica è cambiata radicalmente: la Cina non è più considerata un paese ad alto rischio. Ma ad essere cambiata è anche la leadership americana. Venerdì ricorreranno i primi 100 giorni dall’inizio del governo Biden. E, mentre la nuova amministrazione sembra aver ereditato con entusiasmo la strategia trumpiana della “massima pressione”, secondo gli esperti assisteremo a un graduale compromesso tra l'”engagement” e il “decoupling”: se da una parte si continuerà a ostacolare la vendita di tecnologia strategica alla Cina, dall’altra si provvederà a ritirare alcune delle sanzioni commerciali (tariffe in primis) qualora sia nell’interesse delle aziende americane, tra le principali vittime della trade war lanciata da Trump. [fonte SCMP, SCMP]

Cina: l’economia digitale raggiunge il 38,6% del pil

Ben 6 mila miliardi di dollari. E’ il valore raggiunto dall’economia digitale cinese nel 2020, grazie alla pandemia. A rivelarlo è il rapporto Digital Economy Development in China (2021), realizzato dalla China Academy of Information and Communication Technology (CAICT), think tank affiliato al Ministero dell’Industria e dell’IT, secondo il quale la digital economy è cresciuta del 9,7% lo scorso anno, pari a tre volte il tasso di crescita del PIL nazionale nello stesso periodo. Questo vuol dire che ormai il settore rappresenta il 38,6% dell’economia cinese. In confronto nel 2018 il segmento ha contato per appena il 9% del Pil americano, ovvero 1,8 mila miliardi di dollari. Gli States tuttavia dominano ancora la classifica per impiego delle tecnologie digitali. [fonte SCMP]

La Corea del Sud è la prima economia sviluppata a raggiungere i livelli pre-epidemici

Dopo la Cina, un altro paese asiatico guida la ripresa economica mondiale. E’ la Corea del Sud, che stando ai dati della Bank of Korea, nel periodo gennaio-marzo ha riportato una crescita del Pil dell’1,6%, superando la performance di fine 2019. Il ritorno ai livelli pre-epidemici è avvenuto con un anticipo di un trimestre rispetto alle proiezioni degli analisti, che avevano previsto un incremento di appena l’1,1%. Numeri che rendono la Corea del Sud il primo paese sviluppato a recuperare quanto perso lo scorso anno a causa del Covid. Il successo sudcoreano è stato reso possibile dalla sinergia tra export e investimenti: da una parte è aumentata la domanda globale di prodotti locali, dai chip alle automobili, dall’altra è cresciuta anche la spesa in conto capitale. Col tempo però il fortunato mix potrebbe perdere efficacia a causa del perdurare della pandemia. Nonostante la buona gestione durante la fasi cruciali del contagio, lo stesso non si può dire della campagna vaccinale: solo 1,77 milioni di psudcoreani hanno ricevuto i primi sieri. [fonte Bloomberg]

Myanmar: le milizie etniche addestrano i manifestanti

“Cosa state facendo?”
“Ci stiamo allenando!”
“Perché lo fate?”
“Per combattere!”
“Per chi combattete?”
“Per la gente!”

Nelle aree di confine tra il Myanmar e Thailandia, il  Karen National Union (KNU), uno degli eserciti etnici da anni in guerra con le truppe regolari birmane, insegna a centinaia di giovani manifestanti come tenere testa al Tatmadaw. Sono quasi tutti ragazzi tra i 20 e i 35 anni, comprese una ventina di donne. Se si prende in considerazione anche il resto del paese, sono circa 1000 le persone a far parte del cosiddetto United Defence Force, il nuovo gruppo fondato da alcuni dimostranti per imparare a difendersi durante le proteste antigolpe. Secondo la Reuters, il periodo di addestramento va dai dieci giorni ai tre mesi e, in base alla durata, prevede corsi su come montare e smontare un’arma, sparare i primi colpi e persino come utilizzare gli esplosivi. Non è chiaro se la nuova sigla abbia rapporti con il governo di unità nazionale, istituito recentemente da alcuni parlamentari birmani eletti in novembre ed esautorati con il colpo di stato. Nella giornata di ieri, per la prima volta dopo i colloqui di Giacarta, la giunta militare ha affermato ufficialmente di “valutare positivamente i consigli dell’Asean”, ma che la proposta in cinque punti potrà essere attuata solo una volta ripristinata la stabilità nel paese. Paradossalmente, fino ad ora, la schiacciante superiorità del Tatmadaw non ha richiesto un uso eccessivo della forza. I morti sono tanti (almeno 750), ma potrebbero essere molti di più. Stando agli analisti, una maggiore preparazione militare tra i manifestanti rischia di causare una vera escalation: una guerra civile. [Reuters, NYT, SCMP]

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