I titoli della rassegna di oggi:
– Fondo Monetario Internazionale: «L’Asia si conferma motore della crescita globale»
– L’ultimo dei detenuti di Tian’anmen sarà scarcerato a ottobre
– La morte di Wei Zixin fa luce sui loschi affari degli ospedali militari
– La capitale cinese dell’intimo è in crisi
– Lo storico Mao Live House di Pechino chiude i battenti Fondo Monetario Internazionale: «L’Asia si conferma motore della crescita globale»
L’Asia continuerà a trainare la crescita mondiale nonostante il rallentamento cinese. lo ha dichiarato il Fondo monetario internazionale che nel suo ultimo report colloca la crescita delle regione al 5,3 per cento, circa due terzi della crescita mondiale. Nonostante le turbolenze dei prezzi del petrolio e delle commodities, il rallentamento è pari soltanto allo 0,1 per cento rispetto allo scorso anno. L’india rimarrà l’economia «più performante», con un aumento del Pil stimato al 7,5 per cento. Ancora tempi di incertezze, invece, per Giappone e Cina, dati in crescita rispettivamente dello 0,5 per cento e del 6,5 per cento per quest’anno. Mentre nel 2017 la seconda economia mondiale scenderà al 6,2 per cento, per la terza si profila la recessione (-0,1 per cento) a causa del rafforzamento dello yen e del rallentamento degli scambi commerciali con la Cina.
L’ultimo dei detenuti di Tian’anmen sarà scarcerato a ottobre
L’ultimo dei reduci di Tian’anmen ancora in carcere verrà rilasciato il prossimo ottobre. Lo ha reso noto la Dui Hua Foundation, che ha appreso di un’ulteriore riduzione della pena per buona condotta. Miao Deshun era stato condannato all’epoca dei fatti alla pena di morte sospesa (commutata poi in ergastolo) per incendio doloso. Malato di epatite B e schizofrenia, dal 2003 si trova presso la Yanqing Prison di Pechino, la struttura per malati e disabili.
Mentre alcuni dei leader della Tian’amen sono riusciti a trasferirsi all’estero dopo alcuni anni di detenzioni, c’è anche chi la libertà non ha fatto in tempo ad assaporarla. È questo il caso di Chen Zeming, rimasto ai domiciliari fino alla sua morte avvenuta nel 2014, mentre l’attivista Li Wangyang è deceduto nel 2012 in circostanze sospette ad appena un anno dal rilascio.
La morte di Wei Zixin fa luce sui loschi affari degli ospedali militari
L’ospedale militare implicato nella morte del giovane Wei Zexi ha sospeso fino a nuovo ordine tutti i nuovi ricoveri. L’Ospedale Numero 2 della Beijing Armed Police Corps –scelto dal ragazzo per la cura di un raro tumore sulla base dei risultati del motore di ricerca Baidu – pare si appoggiasse ad un gruppo sanitario di dubbia fama con base a Putian, nella provincia del Fujian. La compagnia – che opera in partnership con più di 80 ospedali militari – è da qualche tempo al centro di un caso di corruzione che ha travolto la società di gestione degli investimenti fondata dal gruppo nel 2003, la Shanghai Kangxin. Secondo quanto rivelato da uno dei soci, nel 2012 la compagnia privata ha intascato 1,4 miliardi di yuan dalla gestione di trattamenti per conto di 67 strutture mediche. Il ministero della Salute ha aperto un’indagine sulla morte di Wei con la collaborazione della Polizia Armata del Popolo.
La capitale cinese dell’intimo è in crisi
Si chiama Gurao, si trova nella provincia meridionale del Guangdong e ospita migliaia di fabbriche specializzate in intimo. Nel 2014 ha prodotto 2,9 miliardi di reggiseni, il 60 per cento della produzione mondiale. Ma con l’aumento dei costi del lavoro, molti – compresa la principale marca di intimo cinese Regina Miracle – stanno spostando le attività nel Sud Est Asiatico. Lo scorso anno, diversi imprenditori locali sono fuggiti lasciandosi alle spalle montagne di debiti. E il problema non è solo di Gurao, ma della gran parte dei cluster produttivi sorti nelle aree costiere del Paese.
In Cina ci sono circa 500 città che si reggono sulla produzione di singoli articoli specifici (giocattoli, zip, addobbi natalizi…) e sul lavoro di migranti, ma solo poche sono in grado di investire nell’innovazione che -secondo i funzionari locali – dovrebbe portare più macchinari e meno lavoratori salariati.
Lo storico Mao Live House di Pechino chiude i battenti
Domenica scorsa, dopo 9 anni di attività, lo storico locale metal rock – uno dei pochi del genere ad offrire musica dal vivo a Pechino – ha chiuso i battenti a causa dell’aumento dell’affitto e delle regole troppo ferree seguite alla campagna moralizzatrice messa in atto dalle autorità cinesi. «All’inizio non davamo troppo nell’occhio perché il mercato era piccolo, ma ora che si è espanso ci troviamo a far fronte a questioni legali per quanto riguarda la legittimazione del supporto commerciale», spiega alla Reuters il fondatore Li Chi. Nelle ultime settimane diversi club sono stati costretti a sospendere le attività. Ma Li si dice ottimista e apre all’ipotesi di performance live nei luoghi più disparati: uffici, magazzini, «anche il salone di casa» può trasformarsi in palcoscenico.