I titoli di oggi:
- Fake news su colpo di stato militare in Cina
- Cina e India per una soluzione pacifica della crisi ucraina
- Come funziona lo spionaggio industriale cinese: la storia di Xu Yanjun
- Gli scienziati cinesi lasciano in massa le università Usa
- Braccialetti elettronici per monitorare lo stato d’animo e di salute degli autisti di Pechino
- L’altra epidemia “nascosta” in Cina: cancro, diabete e disturbi cardiaci in crescita
Da giorni su internet circola la notizia di un presunto colpo di stato militare guidato dal generale Li Qiaoming e dell’arresto del presidente Xi Jinping. Nella giornata di venerdì, l’Epoch Times, giornale fondato e sostenuto dal Falun Gong, ha pubblicato un primo articolo in cui veniva riportata la notizia di una massiccia cancellazione di voli in tutta la Cina, senza però fornire fonti attendibili.
Sulla stessa testata, sono seguite speculazioni su un possibile arresto di Xi, con la diffusione di altri articoli riguardo alla mancata partecipazione del leader a una conferenza militare di alto livello tenutasi mercoledì a Pechino. In realtà, gli esperti hanno sottolineato come la sua assenza fosse abbastanza prevedibile, a causa della quarantena prevista per il presidente a seguito al viaggio in Kazakistan e Uzbekistan per il summit della Shanghai Cooperation Organization.
L’hashtag #XiJinping è diventato rapidamente una tendenza su Twitter, dopo che alcuni account noti per aver precedentemente diffuso false informazioni hanno messo in circolo la fake news che vedeva il presidente Xi Jinping deposto da un colpo di stato. Nella giornata di domenica, la smentita ufficiale della notizia è arrivata da Xinhua, con l’annuncio dell’elenco completo dei delegati al 20° Congresso del Partito, tra cui figura anche il nome di Xi Jinping. Il notiziario serale della CCTV della domenica ha aperto con la frase “sotto la forte guida del Comitato centrale del Partito con il compagno Xi Jinping come nucleo centrale”.
Cina e India per una soluzione pacifica della crisi ucraina
La priorità è la fine della guerra. E le soluzioni devono essere pacifiche. Lo hanno detto i ministri degli Esteri di Cina e India durante il dibattito che ha avuto luogo della giornata di sabato 24 settembre alla 77° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Se per molti è stato un segnale con il quale entrambi i grandi paesi asiatici starebbero cercando di “scaricare Mosca”, le posizioni di Pechino e Nuova Delhi non sono mai state interessate da bruschi cambi di rotta. L’India è ancora impegnata a mantenere il difficile equilibrismo tra i suoi interessi commerciali con Mosca per l’acquisto di petrolio e la sua presenza nel Quad. L’incontro tra il premier indiano Narendra Modi e Vladimir Putin a Samarcanda nell’ambito del summit SCO (Shanghai Cooperation Organization) si è concluso con il capo del Cremlino che si è detto consapevole delle “inquietudini indiane”, dopo che Modi aveva chiesto un’immediata cessazione delle ostilità aggiungendo che “l’epoca di oggi non è un’epoca di guerra”. “Spesso ci viene chiesto da che parte stiamo”, ha detto all’Onu il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar: “L’India è dalla parte della pace e vi rimarrà fermamente”.
A Samarcanda Putin ha anche ringraziato Xi Jinping per “la posizione equilibrata dei nostri amici cinesi” in merito al conflitto. Una posizione, quella cinese, ribadita dal ministro degli Esteri Wang Yi a New York: Pechino comprende “le legittime preoccupazioni della Russia” (con cui condivide un’amicizia “senza limiti”, come detto il 4 febbraio scorso in occasione dell’inaugurazione a Pechino dei Giochi olimpici invernali), pur rispettando la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi che fanno parte delle Nazioni Unite”. Sabato Wang ha detto che “la priorità urgente è quella di facilitare i colloqui per la pace“, rimarcando la necessità di “risolvere le controversie attraverso il dialogo e la consultazione”. La Cina, ha affermato, “è sempre un promotore di pace nel mondo, un sostenitore dello sviluppo globale e un difensore dell’ordine internazionale”. Il ministro degli Esteri cinese ha invitato Russia e Ucraina a “evitare che la crisi si riversi” sui paesi in via di sviluppo. Nei giorni precedenti Wang ha incontrato il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba per la prima volta dall’inizio della guerra, e ha chiarito che Pechino “non ha mai aggiunto benzina sul fuoco e non approfitterà dell’opportunità per ottenere interessi personali”. Con l’Ue Wang ha auspicato un dialogo strategico di alto livello su economia e commercio, sviluppo verde e altre questioni, ribadendo con l’alto rappresentate dell’Unione europea per gli affari esteri Josep Borrel l’impegno reciproco a opporsi all’uso di armi di distruzione di massa.
Non poteva mancare il dossier Taiwan, che Wang Yi ha detto essere “territorio della Cina sin dai tempi antichi”. Pechino, ha aggiunto, è disposta a combattere “le attività separatiste dell’indipendenza di Taiwan con la più ferma determinazione” (alle tensioni sullo Stretto abbiamo dedicato una buona metà dell’ebook di questo mese).
Come funziona lo spionaggio industriale cinese: la storia di Xu Yanjun
Questo mese Bloomberg ha pubblicato una lunga storia che indaga nei meccanismi dello spionaggio industriale cinese. Il caso è quello di Xu Yanjun, funzionario del Ministero della Sicurezza di Stato cinese (MSS, in cinese 中华人民共和国国家安全部 Zhonghua Remin Gongheguo Guojia Anquanbu) condannato a novembre dello scorso anno con l’accusa di spionaggio industriale nei confronti di GE Aviation e Honeywell, giganti del comparto aerospaziale statunitense. Il racconto comincia con la storia di Arthur Gau: ingegnere aerospaziale prossimo alla pensione, Gau inizia a ricevere inviti per tenere conferenze nella prestigiosa Nanjing University of Aeronautics and Astronautic (NUAA). I rapporti puramente accademici si tramutano presto in qualcosa di più serio: un personaggio della NUAA e lo stesso Xu Yanjun offrono a Gau denaro in cambio di lezioni private a scienziati e ingegneri cinesi in Cina su algoritmi e altri dati di progettazione sensibili per le unità di potenza ausiliaria degli aerei prodotti da Honeywell, il suo datore di lavoro. In seguito, Gau dirà all’FBI di aver provato, all’inizio, a rifiutare i 3000 dollari offerti durante una cena, ma i due si erano mostrati davvero molto insistenti. I rapporti illeciti durano fino all’autunno del 2018, quando degli agenti federali si presentano a casa di Gau, in Arizona, mostrandogli un mandato di perquisizione e comunicandogli che Xu si trova in una prigione nell’Ohio in attesa di giudizio.
Risalendo al backup iCloud dell’iPhone di Xu, l’FBI riesce a mettere le mani su una lunga serie di informazioni, inerenti ad esempio alla scalata di Xu nel MSS, ai suoi contatti e agli altri tentativi di ingraziarsi accademici e ingegneri cinesi negli Usa per carpire segreti industriali. Tra questi, David Zheng, ingegnere presso la GE Aviation, che viene poi ingaggiato e utilizzato nel controspionaggio federale per portare Xu fuori dalla Cina. La storia si conclude più o meno a questo punto: grazie alla collaborazione di Zheng e della stessa GE Aviation, Xu viene attirato in Belgio, fermato dall’FBI ed estradato negli Usa. Una storia ricca di dettagli sulle modalità di spionaggio industriale.
Gli scienziati cinesi lasciano in massa le università Usa
Negli ultimi vent’anni almeno 154 scienziati cinesi del Los Alamos National Laboratory, nel Nuovo Messico, sono stati reclutati dalla Repubblica popolare cinese. È quanto emerso dal report “The Los Alamos Club” redatto da Strider Technologies, che fa luce su una vera e propria strategia ufficiale di Pechino: quella di inserire scienziati cinesi nel più importante laboratorio nucleare americano (fondato durante la seconda guerra mondiale) per poi richiamarli in patria a contribuire allo sviluppo di tecnologie quali missili ipersonici, sottomarini silenziosi e droni tramite i cosiddetti “programmi per talenti”. È la prima volta che un rapporto descrive il fenomeno in maniera così dettagliata, e pare che ci siano altri importanti istituti di ricerca statunitensi nel mirino degli sforzi di Pechino. Greg Levesque, cofondatore di Strider e principale autore del rapporto, ha detto a NBC News che il trasferimento di talenti “rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La Cina sta giocando una partita alla quale non siamo preparati e dobbiamo iniziare a mobilitarci”.
Ma sembra che a sollecitare un numero crescente di scienziati e ingegneri cinesi a tornare in Cina sia anche il clima politico teso che si respira negli Stati Uniti. Una tendenza che si è delineata soprattutto a partire dal 2020, a seguito dell’aumento delle cause penali intentate contro gli accademici nell’ambito della China Initiative (l’iniziativa lanciata nel 2018 dall’amministrazione Trump per combattere spionaggio e furto di proprietà intellettuale). Anche a causa del propagarsi di episodi di sinofobia durante la pandemia. Un report pubblicato nei giorni scorso dal gruppo di advocacy Asian American Scholar Forum (e condiviso dal Wall Street Journal) ha raccolto i dati di Princeton University, Harvard e Massachusetts Institute of Technology (MIT) della Cambridge University: gli scienziati che nel 2021 hanno rinunciato a posizioni di ruolo nelle università per tornare in Cina sarebbero più di 1400, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Secondo un sondaggio condotto nell’estate dello scorso anno dai ricercatori della University of Arizona, quattro scienziati su dieci hanno preso in considerazione l’idea di lasciare gli Stati Uniti per paura di essere sottoposti alla sorveglianza del governo americano. E molti accademici manifestano ancora la volontà di lasciare il paese malgrado lo scorso febbraio l’amministrazione Biden abbia sospeso il programma mesi fa, a causa delle numerose accuse di profiling razziale. E anche nonostante le difficoltà di svolgere liberamente la professione in Cina, in cui agli studiosi è richiesta la partecipazione a sessioni di formazione politica.
Intanto Washington soffre la perdita di menti brillanti che hanno contribuito significativamente al progresso tecnologico del paese. Un’analisi condotta nel 2020 dal think tank di Chicago Macropolo ha rivelato che gli scienziati cinesi rappresentano quasi il 30% dei ricercatori di intelligenza artificiale che lavorano per le istituzioni statunitensi. E non manca chi commenta citando l’esempio del famoso scienziato missilistico Qian Xuesen, cacciato da Washington durante l’era McCarthy e poi divenuto il padre del programma missilistico cinese.
Braccialetti elettronici per monitorare lo stato d’animo e di salute degli autisti di Pechino
Agli autisti di autobus a lunga percorrenza di Pechino sarà richiesto di indossare braccialetti elettronici dotati di una tecnologia di rilevamento delle emozioni, così da poter tenere i loro parametri vitali e stato d’animo sotto controllo, in tempo reale. Il quotidiano ufficiale Beijing Daily ha riportato che mercoledì sono stati distribuiti circa 1800 braccialetti, ma non è ancora chiaro quanti autisti saranno coinvolti.
L’iniziativa è stata promossa dalla Beijing Public Transport Holding Group, azienda di trasporto pubblico di proprietà statale, la quale ha spiegato con un post su Weibo che si tratta di “un mezzo tecnologico per rafforzare la gestione della salute fisica e mentale degli autisti“. La misura fa infatti seguito all’incidente dell’“autobus Covid” nella città meridionale di Guiyang avvenuto la scorsa settimana. Tuttavia, alcuni esperti hanno sollevato dubbi sulla loro efficacia e circa la gestione dei dati raccolti e il rispetto della privacy.
Wang Congwei, direttore degli affari legali in materia di cybersicurezza presso lo studio legale Jingsh di Pechino, ha sottolineato che sebbene i dati possano essere utili per l’analisi degli incidenti a posteriori, restano basse le probabilità di riuscire ad intervenire in tempo in caso di anomalie. Inoltre, le imprecisioni nelle rilevazioni potrebbero portenzialmente essere causa di discriminazioni e disagio tra gli autisti, come spiegato da Calvin Ho Wai-loon, professore associato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Hong Kong.
I dispositivi erano già stati provati il 1° giugno dagli autisti di autobus che lavorano nel distretto di Tongzhou della capitale e in alcune altre tratte centrali. I braccialetti elettronici e i big data sono stati utilizzati negli scorsi mesi anche con finalità giudiziarie e sanitarie, come il controllo della temperatura corporea delle persone in quarantena o il monitoraggio degli individui accusati di reati non abbastanza gravi da giustificare l’arresto.
L’altra epidemia “nascosta” in Cina: cancro, diabete e disturbi cardiaci in crescita
Gli esperti avvertono che, nei prossimi decenni, malattie come il cancro, il diabete e i disturbi cardiaci potrebbero causare decine di milioni di decessi in Cina. Stando alle stime più recenti, entro il 2050 le malattie legate al fumo uccideranno un giovane su tre, in un paese in cui attualmente circa la metà della popolazione maschile è dipendente dal tabacco. Inoltre, a causa della diffusione di nuove abitudini alimentari e stili di vita più sedentari, la Cina registra il più alto numero di persone affette da diabete (110 milioni), rispetto a qualsiasi altro paese.
Secondo Wang Feng, professore di sociologia presso l’Università della California di Irvine, le cosiddette “epidemie nascoste”, sommate all’invecchiamento della popolazione, rappresenteranno “una delle più grandi sfide che la Cina dovrà affrontare, non solo per le singole famiglie, ma anche per la leadership politica”.
Nonostante la campagna Healthy China 2030 lanciata nel 2019 dalle autorità, orientata a potenziare le strutture sanitarie, la quota maggiore della spesa sanitaria ricade ancora sulle singole famiglie, creando un ulteriore disincentivo a formare famiglie numerose. Il 95% delle persone possiede un’assicurazione sanitaria, ma la copertura è spesso limitata alla persone sane.
Solo recentemente alcuni operatori del settore hanno iniziato a lanciare una serie di polizze accessibili a persone affette da malattie croniche. La compagnia assicurativa Waterdrop Inc. ha creato un prodotto che fornisce copertura per 193 malattie lievi, moderate e gravi. Un altro prodotto denominato Hui Min Bao, gestito congiuntamente dalle autorità locali e da assicuratori commerciali, mira a colmare le lacune del sistema di assicurazione sanitaria di base, offrendo le stesse tariffe sia alle persone sane che a quelle affette da patologie pregresse. Secondo un rapporto di China Life Reinsurance e Shanghai MediTrust Health Technology Co. Ltd., alla fine del 2021 erano circa 140 milioni le persone coperte da polizze di questo tipo, in 27 province.
A cura di Vittoria Mazzieri e Michelle Cabula