I titoli di oggi:
- Evergrande, Hui ha perso il 93% del proprio patrimonio
- Secondo gli Usa, la Cina starebbe aiutando la Russia
- Cina, il professore Yan invita gli studenti a studiare il periodo maoista
- Afghanistan, arrestati cittadini cinesi sospettati di contrabbando di litio
- Bangladesh, non si arrestano le violenze contro l’opposizione
- Myanmar, scontri durante le ispezioni in vista delle elezioni
Evergrande, Hui perde il 93% del proprio patrimonio
Il fondatore dell’impero immobiliare di Evergrande, Hui Ka Yan, ha perso quasi il 93% della propria fortuna. Lo confermano i dati del Bloomberg billionaires’ index, che nella giornata di lunedì 23 gennaio ha aggiornato la lista degli uomini più ricchi al mondo. La parabola del miliardario cinese ha iniziato a prendere una piega negativa con il default delle proprie obbligazioni estere nel 2021, a cui è seguita una serie di insolvenze che hanno messo in forte difficoltà le attività della compagnia. Too big to fail, Evergrande vede comunque i profitti in contrazione: una crisi che ha coinvolto altre importanti realtà del settore immobiliare, tra cui Shimao, Guangzhou R&F Properties Co.
L’Economic Times of India sottolinea inoltre il crescente isolamento politico del fondatore di Evergrande, un tempo figura di riferimento nel panorama delle relazioni tra stato e imprese. Il suo nome, infatti, non compare nella lista della prossima Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Cpcpc), l’organo che riunisce le rappresentanze al di fuori del Partito comunista cinese. A questo gruppo appartengono funzionari e uomini d’affari determinanti per la politica cinese ma si conferma l’esclusione dei protagonisti del real estate in crisi. Fatta eccezione per le realtà già insolventi, però, sembra che i sostegni governativi al settore ne stiano favorendo la ripresa. Come segnala il Financial Times, che parla di un rimbalzo del +50% delle obbligazioni rispetto a novembre, quando gli investimenti nel settore immobiliare cinese hanno toccato valori ai minimi storici.
Secondo gli Usa, la Cina sta aiutando la Russia
Secondo l’amministrazione Biden, la Cina starebbe fornendo assistenza alla Russia attraverso le proprie aziende statali. Lo riporta Bloomberg, aggiungendo che, mentre non sono noti i dettagli – secondo fonti bene informate – gli aiuti cinesi consisterebbero in supporto economico e forniture militari non letali. Nulla che costituisca una violazione esplicita delle sanzioni occidentali, ma che Washington considera controproducente ai fini di un accordo di pace in Ucraina. Contestualmente uno studio dell’Università di Boston attesta come, proprio la Russia, (con 58 miliardi di dollari ricevuti) sia stata la prima beneficiaria dei prestiti erogati dalle banche statali cinesi nel periodo 2008-2021. La ricerca segnala inoltre un crollo dei prestiti cinesi nel 2021: appena 3,7 miliardi, il valore più basso in 13 anni.
Cina, il professore Yan invita gli studenti ripassare l’epoca maoista: “distinguere i fatti dalla finzione”
Il South China Morning post ha dedicato un articolo alla conferenza tenuta dal politologo dell’Univesità Tsinghua di Pechino Yan Xuetong. Secondo quanto raccontato dal docente, il suo progetto di far conoscere e analizzare criticamente l’epoca maoista agli studenti aiuterebbe a contenere l’ondata di nazionalismo dilagante tra i più giovani. “In diverse classi abbiamo chiesto cose che le nuove generazioni non conoscono, in modo che potessero raccontare meglio i fatti di base dopo averli appresi”, ha spiegato il professore. “Durante l’ultima lezione, gli studenti hanno affermato di essere meglio attrezzati per distinguere i fatti dalla finzione”, ha afferato Yan. “Avevano smesso di credere nei contenuti trovati a caso su Internet, e ora possono capire immediatamente le informazioni errate”.
In un precedente intervento il professor Yan aveva problematizzato la crescita di sentimenti nazionalisti tra i giovani cinesi. L’accusa riguarda l’influenza dei contenuti online privi di fonti autorevoli che darebbero vita, tra le tante cose, a forti “ostilità” contro i paesi occidentali.
Afghanistan, arrestati cittadini cinesi sospettati di contrabbando di litio
Domenica 22 gennaio un maxi sequestro da parte delle autorità talebane ha portato all’arresto di cinque persone accusate di voler esportare illegalmente mille tonnellate di rocce contenenti litio. Il fatto è avvenuto ai confini orientali del paese, nella città di Jalalabad, e ha coinvolto due uomini di nazionalità cinese. Secondo quanto affermato dal funzionario del ministero degli Esteri afghano Mohammad Rasool Aqab, il gruppo avrebbe estratto “segretamente” le rocce. Ciò avrebbe portato alla violazione di una legge introdotta dal governo talebano del 2021, e che vieta tassativamente l’estrazione e la vendita di litio.
La presenza cinese in Afghanistan rimane una questione controversa per la stessa Pechino. Dopo l’ennesimo incidente – che ha visto alcuni uomini d’affari vittime di un attacco da parte dell’Isis lo scorso dicembre – Kabul ha promesso di tutelare i cittadini cinesi. Oggi la Cina è uno dei pochi paesi a non aver abbandonato i rapporti diplomatici con l’Afghanistan, insieme agli affari economici.
Bangladesh, non si arrestano le violenze contro l’opposizione
Il Guardian ha dedicato un lungo approfondimento al clima di oppressione contro cittadini e gruppi politici critici del partito al potere. Al centro delle intimidazioni e delle violenze si troverebbero i militanti del Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp), ma anche comuni cittadini accusati nel quadro di alcune nuove norme introdotte dal governo. Tra queste, il Digital Security Act, che ha permesso l’arresto di molti bengalesi accusati, per esempio, di aver “diffuso fake news” sul Covid. Manovra definita dai principali gruppi per la difesa dei diritti umani come un’escamotage per contenere il dissenso politico nel paese. A questa accusa si aggiungono le condanne contro le forze antiterrorismo del governo, il Rapid action battalion (Rab), per presunte uccisioni extragiudiziali e sparizioni forzate.
Myanmar, scontri durante le ispezioni in vista delle elezioni
Dopo due anni di governo militare salito al potere con un golpe lo scorso febbraio 2023, l’esercito birmano sarebbe pronto a indire nuove elezioni. Ma il censimento e le ispezioni effettuate dai membri del Tatmadaw per preparare il terreno avrebbero portato a nuovi scontri e violenze. La notizia arriva da alcuni membri delle Forze di difesa del popolo (Pdf), nome che denota i gruppi di resistenza civile sparsi in tutto il paese. Dall’inizio delle operazioni, lo scorso 9 gennaio, almeno 13 persone sarebbero state uccise e quattro funzionari attaccati dai gruppi armati. L’ispezione ha incontrato anche l’opposizione del National unity government (Nug), il “governo ombra” che aveva vinto le elezioni del 2020. Il Nug definisce le elezioni previste a fine anno “un inganno” e ha invitato la popolazione a boicottare tutte le attività legate alla loro preparazione.
A cura di Sabrina Moles; ha collaborato Alessandra Colarizi
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.