In Cina e Asia – Dimezzata la durata della quarantena centralizzata per gli arrivi internazionali

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

I titoli di oggi:

  • Dimezzata la durata della quarantena centralizzata per gli arrivi internazionali
  • Il G7 chiede alla Cina di fermare Mosca
  • Gli Usa sanzionano cinque aziende cinesi per rapporti con la difesa russa
  • PIIE: Cina secondo contributore al calo delle importazioni russe
  • Posti di lavoro per sostenere l’immobiliare cinese
  • Filippine: il quotidiano Rappler dovrà chiudere

La Cina ha dimezzato il tempo che chi arriva dall’estero o ha avuto contatti stretti con pazienti COVID-19 deve trascorrere in quarantena centralizzata. L’isolamento passa da 14 giorni a sette. Inoltre viene ridotto a tre giorni il periodo che occorrerà passare a casa una volta lasciata la struttura. In aggiunta le autorità hanno definito standard più chiari per la designazione delle aree a rischio medio e alto. Ma non si tratta di un rilassamento della politica Zero Covid. Secondo epidemiologi citati dal Global Times, la decisione risponde alla necessità di trovare un maggiore equilibrio tra le misure antivirus e le esigenze di vita della popolazione. Anche il fattore economico influisce enormemente.

Stando Bloomberg, le imprese straniere hanno registrato un calo dei profitti del 16,1% nel periodo gennaio-maggio rispetto all’anno precedente, confermando la contrazione simile dei primi quattro mesi dell’anno. Da tempo le aziende straniere chiedono un allentamento delle misure sanitarie. Stando al presidente della Camera di commercio Ue, Joerg Wuttke, tuttavia, il basso tasso di vaccinazione rende comprensibile la cautela del governo cinese. Wuttke prevede che per tale ragione i flussi internazionali continueranno ad essere fortemente ristretti fino all’estate del 2023.

 

Il G7 chiede alla Cina di fermare Mosca

 

Un’intera sezione dedicata alla Cina. Come ventilato negli scorsi giorni, il G7 di Elmau si è concluso ieri con un severo avvertimento a Pechino. Il comunicato finale cita un po’ tutti i dossier più spinosi ad aver coinvolto il gigante asiatico negli ultimi anni: i sette big – più l’Unione europea – hanno espresso preoccupazione per quanto sta facendo la Cina in riferimento alle politiche industriali, al pressing nello Stretto di Taiwan, alle rivendicazioni territoriali nel Mar cinese meridionale e in quello orientale, nonché alla repressione di Hong Kong e dello Xinjiang. Una menzione particolare è stata dedicata alla guerra russo-ucraina con un appello esplicito affinché Pechino “faccia immediatamente pressione sulla Russia [per convincerla] a rispettare l’ordine della corte internazionale di giustizia del 16 marzo 2022 e le varie risoluzioni Onu per fermare l’aggressione militare”. Il SCMP sottolinea come la Cina sia stata citata 14 volte rispetto alle quattro dello scorso anno.

Il summit delle Alpi bavaresi ha introdotto una serie di temi che probabilmente verranno discussi ulteriormente quest’oggi dalla NATO. Ieri Jens Stoltenberg ha espresso disillusione per il comportamento cinese: “Siamo delusi perché (Pechino) non riesce a condannare l’attacco russo in Ucraina”. Al contrario si è verificato un avvicinamento fra i due paesi, ha spiegato il segretario generale dell’alleanza atlantica. C’è grande attesa soprattutto per il ruolo che verrà attribuito alla Cina nel nuovo Strategic Concept dell’organizzazione. La partecipazione esclusiva al vertice di Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, mostra come l’ Asia sia ormai parte integrante dell’agenda transatlantica. Soprattutto alla luce del crescente allineamento tra Pechino e Mosca.

Detto ciò, quando si parla di Cina, il blocco si presenta tutt’altro che coeso. Secondo Reuters, Francia e Germania, fortemente dipendenti dal mercato cinese, continuano a mantenere una posizione più conciliante nei confronti del gigante asiatico. Spicca invece la postura insolitamente assertiva della Gran Bretagna, che è arrivata ad auspicare una vendita preventiva di armi a Taiwan per scongiurare che l’isola diventi un’Ucraina asiatica.

Gli Usa sanzionano cinque aziende cinesi per rapporti con la difesa russa

In volo verso Madrid il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha ribadito che – secondo Washington – Pechino non sta supportando militarmente Mosca nella guerra. Ma proprio ieri cinque aziende cinese sono state inserite nella entity list (che preclude l’accesso all’export americano) per aver continuato a mantenere rapporti commerciali con l’industria della difesa russa. Come rimarca il Financial Times, è la prima volta dall’inizio del conflitto che gli Stati uniti sanzionano società cinesi per contatti militari.

PIIE: Cina secondo contributore al calo delle importazioni russe

A proposito di Russia, il Peterson Institute for International Economics due giorni fa ha pubblicato uno studio sull’impatto delle restrizioni internazionali contro Mosca. Il centro studi definisce la situazione “complessa e dinamica”, ma riscontra prove sufficienti per sostenere che le limitazioni e le sanzioni sulle esportazioni “stanno mordendo l’economia e l’esercito russo”. Le importazioni del paese sono diminuite in modo significativo, non solo dalle nazioni che hanno abbracciato il regime sanzionatorio ma, “sorprendentemente”, anche dai paesi che si sono rifiutati di adottare le misure. Secondo lo studio, la Cina – fornitore chiave di semiconduttori – è il secondo maggior contributore al calo delle importazioni russe dopo l’Ue.

Un fattore determinante – spiegano gli autori –  è che le multinazionali straniere sono responsabili la metà delle esportazioni cinesi verso la Russia provengono da multinazionali che non solo sono strettamente collegate all’economia globale. Presumibilmente seguono la politica dei paesi in cui hanno le proprie sedi aziendali. Ciononostante, la ricerca puntualizza che mentre le esportazioni cinesi diminuiscono, lo stesso non si può dire dell’import. Gli acquisti dalla Russia sono schizzati a livelli record. L’80% è composto da gas e petrolio. A questo proposito la Reuters sostiene che i paesi del G7 abbiano raggiunto un accordo con Cina e India per stabilire un tetto sui prezzi del greggio.

Posti di lavoro per sostenere l’immobiliare cinese

Posti di lavoro in cambio di una casa. E’ quanto escogitato dal governo di Yulin per invogliare la popolazione ad acquistare nuovi appartamenti. Il mercato immobiliare cinese continua a risentire del danno reputazionale provocato dal caso Evergrande e dagli altri colossi del mattone. Con il risultato che le vendite languono e i prezzi nelle città di terza e quarta fascia continuano a scendere. Stando all’agenzia britannica, nella città-prefettura del Guangxi uno degli espediente utilizzati è proprio quello di stimolare gli acquisti offrendo occasioni lavorative. Proprio ieri il premier Li Keqiang ha mostrato apprensione per la situazione occupazionale del paese, nonostante la lieve ripresa economica.

I dipendenti statali di Yulin sono stati anche invitati a chiedere ad amici e parenti di comprare degli immobili per raggiungere la soglia di vendita delle 8000 unità abitative, prefissata dal governo per quest’anno. L’iniziativa di Yulin segue l’altrettanto insolita campagna adottata nella provincia dello Henan che concede ai residenti la possibilità di dare aglio e farina come acconto.

Filippine: il quotidiano Rappler dovrà chiudere

Le autorità delle Filippine hanno ordinato la chiusura del sito d’informazione Rappler, co-fondato dalla giornalista premio Nobel per la Pace Maria Ressa. L’annuncio, ufficializzato nella giornata di oggi, arriva alla vigilia della fine del mandato presidenziale di Rodrigo Duterte, di cui Ressa è stata per anni accesa oppositrice. Il giornale è accusato di aver violato “le restrizioni costituzionali e giuridiche sulla proprietà straniera dei media di massa”. Nello specifico viene contestato il recepimento di un finanziamento da parte della società statunitense Omidyar Network, di proprietà del fondatore di eBay Pierre Omidyar. La società mediatica è stata anche accusata di “diffamazione informatica”. Nella giornata di ieri la Securities and Exchange Commission, l’agenzia preposta alla vigilanza dei mercati, ha confermato “la revoca dei certificati di costituzione” di Rappler.

La stretta sull’autorevole testata filippina precede di un giorno l’insediamento di Marcos Jr. Alla cerimonia presenzierà anche una delegazioni statunitense.

A cura di Alessandra Colarizi