In Cina e Asia – Dimenticate il 5G. Pechino punta già alla sesta generazione

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Mentre l’Occidente guarda con preoccupazione al protagonismo cinese nell’industria 5G, oltre la Grande Muraglia già si lavora a un sistema di trasmissione wireless avanzato 6G, oltre dieci volte più veloce del suo predecessore. You Xiaohu, direttore del National Research Communications Lab della Southeast University di Nanchino, ha spiegato alla Xinhua che le tecnologie di sesta generazione inizieranno a trasformare la vita quotidiana degli utenti internet cinesi e la navigazione mobile entro il 2030. Dal 2015, la Cina ha sorpassato gli Stati Uniti di circa $ 24 miliardi quanto a spesa in infrastrutture per la comunicazione wireless (altri $ 400 miliardi sono già stati approvati). Mentre i tempi possono sembrare prematuri, gli esperti ritengono che lo sviluppo della nuova tecnologia richieda almeno dieci anni di preparazione.

Migliaia di kazaki potranno lasciare il Xinjiang

Qualcosa nel Xinjiang si sta muovendo. Dopo aver aperto le porte ai giornalisti stranieri, Pechino si starebbe preparando a “liberare” migliaia kazaki residenti nella regione autonoma. Secondo il ministro degli Esteri kazako, oltre 2000 persone potranno rinunciare alla cittadinanza cinese e lasciare il paese. Saranno autorizzati a richiedere la cittadinanza kazaka o la residenza permanente dopo il loro arrivo nella nazione centroasiatica. Nell’ultimo mese il sistema di detenzioni forzate cui sono state sottoposte le minoranze islamiche nel Far West cinese è diventata fonte di frizioni diplomatiche tra Pechino e la comunità internazionale, sebbene i paesi islamici si siano dimostrati estremamente cauti nel condannare il trattamento riservato ai loro correligionari. Secondo l’attivista Gene Bunin, che ha analizzato migliaia di casi, lo scorso anno circa 20 persone sono tornate in Kazakistan mentre 70 sono state liberate dai campi di rieducazione ma si trovano ancora in Xinjiang. Alcuni giorni fa, il governatore della regione autonoma ha anticipato una diminuzione del numero dei detenuti, escludendo tuttavia un’abolizione del sistema.

Come le multinazionali occidentali hanno manipolato le politiche alimentari di Pechino

Coca Cola e altri colossi del food & beverage occidentali hanno manipolato le politiche alimentari in Cina, paese che negli ultimi trent’anni ha visto moltiplicarsi il numero di casi di diabete e altre malattie cardiovascolari a causa della diffusione del junk food. Secondo uno studio su The BMJ e The Journal of Public Health Policy, un’organizzazione con base a Washington – l’International Life Sciences Institute – dagli anni ’80 starebbe conducendo attività di lobbying all’interno della macchina governativa per promuovere una regolare attività fisica come “cura” per il sovrappeso in modo da sviare l’attenzione dalle reali cause del sovrappeso a cui è soggetta la popolazione cinese: un consumo sproporzionato di bevande zuccherate e cibo spazzatura introdotto dalle multinazionali americane con l’apertura del mercato ai capitali esteri. L’obesità è diventata un problema sempre più grave in Cina. Secondo le statistiche rilasciate dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie nel 2017,  il 30% degli adulti cinesi è in sovrappeso mentre l’11,9% è da ritenersi obeso.

Il 70% delle aziende esportatrice vuole spostare la produzione fuori dalla Cina

La maggior parte degli esportatori ha deciso di spostare parte della produzione dalla Cina verso altri paesi asiatici. E’ quanto emerge da un’indagine di UBS sull’impatto della guerra commerciale tra Pechino e Washington. Circa il 37% dei 200 produttori intervistati ha dichiarato di aver trasferito la produzione nell’ultimo anno, mentre un altro 33% prevede di farlo nei prossimi 6 o 12 mesi. Le aziende intenzionate a delocalizzare hanno affermato che la manovra coinvolgerà almeno il 30% della loro capacità produttiva. I paesi a beneficiare del ripensamento saranno soprattutto Stati Uniti, Hong Kong, Giappone e Taiwan, mentre il Sud-est asiatico continua a essere meno popolare a causa delle lacune infrastrutturali e la manodopera poco qualificata. “Anche se le tariffe più elevate sono sospese e il sentimento aziendale potrebbe migliorare in seguito al meeting tra Xi e Trump al G20, ci aspettiamo che le incertezze legate alla guerra commerciale danneggino la spesa in conto capitale nel 2019”, spiegano gli analisti di UBS.

WeChat scatta una fotografia degli utenti

WeChat sa tutto dei suoi utenti, persino le abitudini di vita, l’orario in cui si alzano, se preferiscono le bibite fredde a quelle calde o se hanno cambiato i loro gusti letterari negli ultimi tre anni. Lo afferma un inquietante rapporto pubblicato su Weibo da Tencent, la società proprietaria dell’app. L’analisi divide gli utenti per anno di nascita, riscontrando variazioni a seconda che si tratti della generazione anni ’80, ’90 o ’00. Questo è reso possibile dal flusso di dati gestito dall’azienda: 45 miliardi di messaggi e 410 milioni di telefonata al giorno. Ma smentisce quanto assicurato nel gennaio 2018 in risposta alle accuse del presidente di Geely Holdings: “Wechat non utilizza i contenuti delle chat per analizzare i big data”, aveva replicato l’azienda.

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