I titoli di oggi:
- Huawei indagata dal fisco indiano
- Debutto internazionale deludente per l’e-CNY
- La sorveglianza cinese diventa globale
- Nepal: proteste contro sussidi americani
- Taiwan introduce pene contro la fuga di know-how tecnologico
Debutto internazionale deludente per l’e-CNY
L’obiettivo della Cina di diffondere lo yuan digitale durante i Giochi Olimpici non sembra avere molto successo, specie tra i partecipanti stranieri. Solo due forme di pagamento sono disponibili presso le sedi olimpiche oltre lo yuan tradizionale: la moneta digitale nota come e-CNY, e il circuito Visa. Nella bolla che separa concorrenti e staff olimpico dal pubblico, non sono accettati neanche WeChat Pay (di Tencent) e Alipay (di Alibaba), metodi di pagamento ampiamente diffusi in Cina. Ma mentre i cittadini cinesi sanno di poter ricorrere alla moneta e-CNY all’interno del circuito chiuso di Pechino 2022, gran parte dei partecipanti stranieri intervistati informalmente ha detto che non era a conoscenza di questa opzione, e per questo si è limitata a utilizzare la carta Visa per i pagamenti. Per accelerare la diffusione dello yuan digitale la Bank of China ha istituito una serie di distributori ATM nelle sedi principali dei Giochi, dove le banconote di valuta estera possono essere convertite in banconote yuan o direttamente in e-CNY. Ma la tendenza è evidente: i cittadini stranieri fanno un uso estremamente limitato della valuta digitale cinese. Ciò può essere dovuto, in parte, anche alle preoccupazioni sulla sicurezza dei dati. Il vice-presidente del comitato ristretto del Senato statunitense sull’intelligence, Marco Rubio, ha definito il mese scorso lo yuan digitale “una tremenda minaccia alla sicurezza dei singoli utenti”, mentre Jeremy Fleming, dell’intelligence britannica, ha detto in un’intervista al Financial Times a dicembre che anche se le valute digitali sono un’opportunità per democratizzare i sistemi di pagamento, questa tecnologia nelle mani di Pechino potrebbe consentirle di esercitare un controllo massiccio sulle transizioni globali.
Huawei indagata dal fisco indiano
L’azienda tecnologica cinese Huawei è stata sottoposta a un’indagine da parte dei funzionari del fisco indiani, martedì scorso. Gli uffici di Delhi, Gurugram e Bengaluru sono stati setacciati, il personale è stato interrogato e i registri aziendali e i libri contabili sono stati attentamente esaminati dalle autorità. Questi controlli arrivano un giorno dopo che fonti governative hanno detto a Reuters di aver bloccato l’accesso a 54 applicazioni mobili, soprattutto cinesi, per questioni di sicurezza. Il ministero del Commercio cinese ha reagito al bando sostenendo che l‘India dovrebbe migliorare il suo ambiente commerciale e trattare tutti gli investitori stranieri in modo equo, trasparente e non discriminatorio. In una dichiarazione, Huawei si è detta fiduciosa che le loro operazioni in India siano “fermamente conformi a tutte le leggi e regolamenti”. “Ci avvicineremo ai relativi dipartimenti governativi per ulteriori informazioni e coopereremo pienamente secondo le norme e i regolamenti”, recita la nota. Dagli scontri alla frontiera scoppiati nel 2020, le relazioni commerciali tra Pechino e New Delhi sono sotto pressione. Il governo di Narendra Modi ha intensificato i controlli sui giganti dell’hi-tech cinesi, sanzionando con multe salatissime anche Xiaomi, accusata di evasione fiscale.
La sorveglianza cinese diventa globale
La Cina vede nell’ambito hi-tech un campo di prova per affermarsi come attore economico di primo piano a livello globale. Secondo il Nikkei Asia Review, il “sogno cinese” della leadership di Xi Jinping passa anche attraverso la competizione con gli Stati Uniti per il primato dell’industria tecnologica, con il settore della videosorveglianza, quello dei semiconduttori e quello dei servizi digitali tra i più competitivi. in particolare vengono citati i numeri di Hikvision, sottoposta a restrizioni americane, eppure onnipresente: secondo i dati raccolti dal Center for Strategic and International Studies, oltre 3 milioni di telecamere Hikvision sono connesse a Internet 24 ore su 24, 7 giorni su 7 in 33.000 città in tutto il mondo. Londra ha più telecamere installate di qualsiasi città americana o europea.
La politica della “prosperità comune” lanciata da Pechino la scorsa estate pone però delle condizioni alle stesse aziende cinesi. Resta prioritario per il governo cinese mantenere l’ordine e il controllo sociali, e in questo senso le aziende tecnologiche giocano un ruolo importante come modelli di responsabilità politica. Allinearsi con i dettami del Partito è un imperativo che gli attori economici sono chiamati a rispettare se vogliono continuare a operare nel paese. Ma un controllo troppo stringente rischia di limitare il loro campo d’azione. Le strette normative promosse da un anno a questa parte potrebbero rallentare la crescita economica interna, e così l’ambizione di conquistare il primato economico a livello internazionale.
Nepal: proteste contro sussidi americani
La polizia nepalese ha represso una manifestazione e arrestato 77 persone che protestavano contro una sovvenzione statunitense da 500 milioni di dollari. Le tensioni degli ultimi giorni sono relative a un accordo siglato tra il Nepal e la Millenium Challenge Corporation statunitense, che dovrebbe finanziare progetti infrastrutturali con l’obiettivo di ridurre la povertà, secondo Washington. Il governo locale vorrebbe ratificare l’accordo entro il 28 febbraio, ma sta incontrando alcune resistenze tra la popolazione e tra gli esponenti della coalizione del primo ministro Sher Bahadur Deuba, visti come tradizionalmente vicini alla Cina, che sostengono che il progetto mini la sovranità del Nepal. “Questa sovvenzione dovrebbe aiutare a stimolare la crescita economica in Nepal” ha detto Prakash Sharan Mahat, portavoce del partito al potere, il Nepali Congress. I fondi statunitensi dovrebbero essere impiegati per la costruzione di linee di trasmissione elettrica e per un progetto di ristrutturazione delle strade, ma i detrattori dell’accordo dicono che i fondi sono erogati a “condizioni inaccettabili”. Per i rappresentanti dei partiti comunisti si tratta infatti di un espediente di Washington per portare avanti la sua strategia di controllo dell’Indo-Pacifico.
Taiwan introduce pene contro la fuga di know-how tecnologico
Taiwan deve rafforzare i controlli affinché il suo know-how tecnologico non finisca illegalmente nella Cina continentale, a Hong Kong e a Macao, secondo una decisione presa giovedì dal gabinetto taiwanese. Le attività di infiltrazione da parte delle aziende cinesi della terraferma mettono in crisi il settore di punta dell’isola, che è proprio l’industria tecnologica. Secondo il portavoce del gabinetto taiwanese Lo Ping-cheng le aziende continentali in rapida crescita hanno iniziato ad attrarre talenti dell’hi-tech taiwanesi e tecnologie strategiche, danneggiando seriamente gli interessi di Taipei e compromettendone la sicurezza. Per questo, secondo le autorità dell’isola, è necessario creare una “rete di sicurezza nazionale” che prevenga queste attività illecite. Coloro che vengano condannati come “spie economiche” potranno essere incarcerati fino a 12 anni e multati fino a 100 milioni di dollari taiwanesi, mentre i professionisti che abbiano a che fare con tecnologie strategiche e che visitino la Cina continentale senza permesso potranno essere multati fino a 10 milioni di dollari. Sono previste anche misure per controllare i lavoratori migranti, che vedono maggiore flessibilità sui requisiti per l’eleggibilità alla residenza permanente.
A cura di Agnese Ranaldi
Laureata in Relazioni internazionali e poi in China&Global studies, si interessa di ambiente, giustizia sociale e femminismi con un focus su Cina e Sud-est asiatico. Su China Files cura la rubrica “Banbiantian” sulla giustizia di genere in Asia orientale. A volte è anche su La Stampa, il manifesto, Associazione Italia-Asean.