In Cina e Asia – Dagli Usa nuove restrizioni contro aziende e istituti di ricerca cinesi

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Dagli Usa nuove restrizioni contro aziende e istituti di ricerca cinesi
  • Tensioni tra Cina e Ue, in dubbio il summit annuale
  • Il controverso caporedattore del Global Times va in pensione
  • Giro di vite sugli influencer cinesi: chiusi 20.000 account 

 

Gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni alle esportazioni e agli investimenti verso alcune aziende e centri di ricerca cinesi, accusate di complicità nelle violazioni dei diritti umani in Xinjiang. Le misure, annunciate ieri dal Dipartimento del Commercio e dal Dipartimento del Tesoro, colpiscono decine di istituti e società cinesi, accusati di impiegare in malafede biotecnologie all’avanguardia e apparati di sorveglianza, soprattutto per controllare la minoranza etnica degli uiguri in Xinjiang. A finire nell’entity list americana sono l’Accademia delle scienze mediche militari e 11 centri di ricerca affiliati, impegnati nello sviluppo di biotecnologie, comprese “presunte armi per il controllo del cervello”. Sulla blacklist del Tesoro sono stati invece inseriti, tra gli altri, il colosso dei droni DJI, Xiamen Meiya Pico Information, sviluppatore di un’applicazione mobile per tracciare i file contenuti nei cellulari, e Cloudwalk Technology, che ha realizzato un sistema per il riconoscimento facciale di uiguri e tibetani. Mentre nello stretto di Taiwan echeggiano tamburi di guerra, per ora è nella regione cinese ai confini con l’Asia centrale che si disputa il vero braccio di ferro tra Washington e Cina. Sempre ieri il Congresso statunitense, dopo un anno di negoziazioni, ha approvato una legge – fortemente osteggiata dalle multinazionali americane – che vieta tutte le importazioni dal Xinjiang, salvo per i prodotti di cui è possibile escludere l’utilizzo del lavoro forzato nella fabbricazione. Condizione quasi impossibile da soddisfare. L’accordo di Capitol Hill ha sbloccato la nomina del nuovo ambasciatore Usa in Cina, Nicholas Burns. La candidatura dell’ex diplomatico era da mesi ostaggio del voto contrario del senatore Marco Rubio, sospettoso nei confronti degli interessi economici personali di Burns in Cina.

La diatriba commerciale con Pechino, però, non finisce qui. Con un nuovo ordine esecutivo, l’amministrazione Biden mercoledì ha sanzionato alcune case farmaceutiche cinesi, tra cui il più grande produttore di steroidi anabolizzanti al mondo, Chuen Fat Yip, come misura per interrompere le catene di approvvigionamento illegali di medicinali e componenti utilizzati nella produzione del fentanyl, analgesico oppioide con una potenza di almeno 80 volte superiore a quella della morfina. Secondo il Guardian, negli Stati Uniti la dipendenza da antidolorifici è recentemente aumentata a causa del proliferare di farmaci “falsi”, spesso importati clandestinamente, che possono essere facilmente acquistati online. Secondo le autorità, “l’epidemia di dipendenza” ha ucciso circa 100.000 americani lo scorso anno.

Tensioni tra Cina e Ue, in dubbio il summit annuale

Le tensioni tra Pechino e l’Ue non accennano a diminuire. Sulle relazioni pesano le politiche etniche nello Xinjiang e le ritorsioni commerciali contro la Lituania, accusata da Pechino di aver violato il principio “una sola Cina” accogliendo l’apertura di un ufficio di rappresentanza taiwanese in Lituania che contiene nella denominazione la parola “Taiwan” anziché il meno ufficiale “Taipei”. Secondo il SCMP, il clima ostile avrebbe spinto Bruxelles a rimandare a gennaio il vertice annuale Cina-UE previsto per fine anno. La decisione tiene conto della “scarsa possibilità di fare progressi su alcuni ambiti chiave”, tra cui commercio e diritti umani. Dopo le sanzioni europee comminate la scorsa primavera ai funzionari cinesi, anche l’accordo sugli investimenti (il Comprehensive Agreement on Investments, CAI) è rimasto in stallo, al punto che secondo un funzionario europeo sarebbe da intendersi “già morto”. Letteralmente: “Non ci sarà da sorprendersi se non si svolgerà alcun dialogo economico”.

Non hanno certo giovato le recenti minacce dirette da Pechino a Vilnius. In settimana, l’ambasciata lituana è stata evacuata dopo che le autorità cinesi avevano chiesto la cosegna dei documenti (ufficialmente per rilasciarne di nuovi) del personale mettendone a rischio l’immunità diplomatica. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha risposto che “se la parte lituana si rifiuta di ammettere la realtà e spera di spostare la colpa diffondendo disinformazione, ciò avrà un impatto maggiore sulle relazioni bilaterali, ferirà i sentimenti dei due popoli e alla fine danneggerà la Lituania”.

Il controverso caporedattore del Global Times va in pensione

Il controverso caporedattore di Global Times, Hu Xijin, ha confermato su Weibo le voci che giravano in settimana sul suo imminente ritiro, aggiungendo però che continuerà a scrivere per il giornale come “commentatore speciale”. Alcuni osservatori ritengono che il pensionamento non sia dovuto solo all’età quanto piuttosto ad alcune dichiarazioni infelici che avrebbero reso Hu troppo scomodo per le autorità cinesi. Secondo Tsingtao Daily News, l’uscita di scena di Hu potrebbe avviare una ristrutturazione della redazione con la  nomina a direttore di Fan Zhengwei, attualmente ai vertici del People’s Daily. Alcuni osservatori hanno suggerito che, nonostante Hu Xijin sia riconosciuto a livello nazionale come un devoto servitore del Partito Comunista Cinese, qualcuno molto in alto ritiene che la linea editoriale fortemente nazionalista del Global Times debba essere aggiustata. Secondo China Media Project, il ruolo di caporedattore probabilmente passerà a Wu Qimin – attualmente vice-capo della redazione internazionale del People’s Daily – che sarebbe stata definita da alcune fonti di Pechino come “competente”, “razionale” e “modesta” – proprio gli attributi che mancano a Hu.

Giro di vite sugli influencer cinesi: chiusi 20.000 account 

Più di 20.000 account di influencer cinesi sono stati chiusi per aver postato contenuti non in linea con i valori socialisti promossi da Pechino. Si tratta di un giro di vite avviato dal partito-stato per rafforzare il controllo sociale nel Paese. Oltre alla chiusura degli account, infatti, è stato chiesto alle principali piattaforme di social media di filtrare più attentamente i contenuti prodotti e diffusi su internet. Il diktat segue il caso del giornalista investigativo Luo Changping, arrestato per aver pubblicato “commenti offensivi” su alcuni soldati cinesi apparsi in un film sulla guerra di Corea. La Cyberspace Administration of China (CAC) ha inoltre redarguito le star del web, Zhu Chenhui e Lin Shanshan, per presunta evasione fiscale, e con l’occasione sono stati rimossi tutti i loro contenuti dal cyberspazio. Le piattaforme online devono limitare il margine d’espressione di coloro che “abusano della loro influenza online e fanno circolare contenuti fuorvianti”, ha sentenziato la CAC. L’attenzione del governo alla produzione di contenuti sensibili si riferisce sempre all’interesse fondamentale di preservare la stabilità e l’ordine nazionali. Per questo, infatti, l’attività degli influencer sui social media non dev’essere considerata solo come “uno strumento sociale personale”, ma deve tenere conto anche della capacità delle piattaforme online di “mobilitare la società”, ha sottolineato la CAC nella dichiarazione.

A cura di Agnese Ranaldi e Alessandra Colarizi