In Cina e Asia – Crollano di quasi due terzi gli investimenti cinesi nell’Ue

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

I titoli di oggi:

  • Crollano di quasi due terzi gli investimenti cinesi nell’Ue, Draghi stoppa terza acquisizione cinese
  • Biden invita Taiwan alla Conferenza sulla democrazia
  • Cinque aziende cinesi esplorano i giacimenti afgani di litio
  • Il turismo cinese all’estero crescerà del 25%
  • Hong Kong: attivista ventenne condannato a tre anni di carcere per separatismo
  • No allo sfruttamento dei marchi: nasce la corrente degli “oppositori del consumismo”
  • Myanmar: il governo ombra raccoglie fondi con la vendita di bond

 

Gli investimenti cinesi nell’Unione europea sono diminuiti di quasi due terzi lo scorso anno a causa della pandemia e delle misure restrittive applicate da Bruxelles sui capitali stranieri per difendere gli assets strategici. Un nuovo rapporto della Commissione europea mostra che nel 2020 la quota degli investimenti in arrivo dal Paese di Mezzo è scesa al 2,5% dal 4% nel 2019. La Cina ha contato per appena 2,45 miliardi di euro dei 98 miliardi di investimenti complessivi, ben meno dei 13,4 miliardi riportati nel 2019. Sebbene ci sia stato un calo generalizzato, le operazioni che hanno coinvolto Cina e Russia hanno evidenziato una flessione più pronunciata. Il report fornisce anche una panoramica sull’utilizzo dei meccanismi di screening introdotti da 20 paesi Ue. La  Commissione europea per la revisione è dovuta intervenire in 265 casi, di cui l’80% ha superato velocemente la revisione in una prima fase, mentre il 14% è stato sottoposto a una seconda fase di valutazione più sostanziale. Intanto, secondo la Reuters, il 18 novembre il governo Draghi avrebbe stoppato per la terza volta un’acquisizione cinese. In quest’ultimo caso si tratta del  tentativo da parte di Zhejiang Jingsheng Mechanical di costituire una joint venture con il ramo di Hong Kong di Applied Materials per inglobare le attività italiane del gruppo americano Applied Materials, specializzato in attrezzature per la serigrafia. Dal 2012 a oggi,  l’Italia ha esercitato il Golden Power cinque volte, di cui quattro contro aziende cinesi. Solo pochi giorni fa il governo diretto dall’ex presidente della banca centrale europea ha condannato formalmente l’acquisto cinese di un produttore di droni italiano mai notificato alle autorità competenti. Ma le preoccupazioni per l’influenza del gigante asiatico nel Belpaese non riguarda solo i comparti strategici. Si concentra sul soft power un recente rapporto di Sinopsis dal titolo “Le agenzie di influenza del PCC e le loro operazioni nella politica parlamentare e locale italiana”.

Biden invita Taiwan alla Conferenza sulla democrazia

L’amministrazione Biden ha invitato Taiwan alla prima Conferenza sulla democrazia prevista per il 9-10 dicembre a Washington. Come confermato dal ministero degli Esteri taiwanese, saranno l’ “ambasciatrice”  Hsiao Bi-khim e la ministra per gli affari digitali Audrey Tang a presenziare all’evento. Tra i 110 invitati, che comprendono rappresentanti governativi e società civile, non ci sarà invece la Cina, vero obiettivo della nuova strategia americana che punta a capitalizzare il network di alleanze con i “like-minded partners” proprio per arginare l’influenza del gigante asiatico sullo scacchiere globale. Il nodo taiwanese ha dominato il recente meeting virtuale tra Biden e Xi Jinping e rimane uno dei dossier più spinosi per le relazioni tra le due superpotenze. Pechino ha definito la partecipazione di Taipei al vertice pro-democrazia un “errore”. Al meeting ci saranno anche paesi bacchettati dai gruppi per la difesa dei diritti umani, come Egitto, Filippine e Polonia.

La liaison con il governo di Tsai Ing-wen trascende la dimensione politico-idelogica. Proprio ieri si è tenuta la seconda edizione del forum economico tra Washington e Taipei. Secondo il ministro degli Affari economici Wang Mei-hua, che ha guidato la delegazione taiwanese, l’incontro – virtuale – è durato cinque ore e ha toccato questioni come la resilienza della catena di approvvigionamento globale, la cooperazione scientifica e tecnologica, l’economia digitale, la sicurezza della rete 5G, nonché le ritorsioni economiche utilizzate da Pechino contro i paesi considerati colpevoli di mantenere posizioni politiche scomode. Riferimento generalizzato che però pare aver riguardato nello specifico il caso della Lituania, punita dal governo comunista con un declassamento dei rapporti bilaterali per aver recentemente accolto un ufficio di rappresentanza taiwanese. Di un paio di giorni fa la notizia di sanzioni amministrative per l’azienda taiwanese Far Eastern Group (FEG), tra i principali benefattori del filo-indipendentista Democratic progressive party.
Le due parti hanno inoltre concordato di tenere il loro primo incontro in presenza su scienza e tecnologia il prossimo anno a Taipei, mentre verrà istituito un gruppo di consulenza aziendale per rafforzare i legami economici e commerciali.
L’evento, che ha visto anche la partecipazione di Hsiao Bi-khim, serve a rilanciare il dialogo economico nonostante lo stallo in cui è incappato il Trade and Investment Framework Agreement negli ultimi dieci anni a causa della reticenza di Taipei a liberalizzare le importazioni di maiale e manzo americano. Le restrizioni sono state rimosse quest’estate, ma un referendum popolare previsto per il prossimo mese rischia di far deragliare i piani della presidente Tsai Ing-wen.

Cinque aziende cinesi esplorano i giacimenti afgani di litio

Mentre scriviamo i dirigenti di diverse aziende cinesi si trovano in Afghanistan per esplorare la fattibilità di progetti estrattivi nelle miniere di litio, materiale al centro della transizione energetica cinese, di cui il paese centrasiatico è ricco. Lo riporta Global Times, che senza fare nomi, specifica che le società interessate sono cinque. I funzionari – arrivati a inizio novembre – hanno ricevuto visti speciali tramite il Comitato per la promozione dell’economia e del commercio sino-arabo a Kabul e il ministero delle miniere afghane. La Cina ha già interessi nel giacimento di rame di  Mes Aynak, ma l’instabilità dell’Emirato talebano ha finora indotto alla prudenza. Secondo il blog Sino Security, negli ultimi tempi il Uyghur Turkistan Islamic Party (TIP) – che giorni fa ha tenuto una serie di incontri con il ramo siriano – ha incrementato la propaganda anti-cinese, mentre i media vicini allo Stato islamico si sono scagliati contro il meeting di quest’estate tra il ministro degli Esteri cinese e la delegazione talebana.

Il turismo cinese all’estero crescerà del 25%

Il turismo cinese in uscita è destinati a crescere di oltre il 25% quest’anno rispetto ai livelli del 2020, ma rimarrà “fondamentalmente fermo” rispetto ai livelli pre-pandemici. A riferirlo è l’emittente statale CCTV, che citando proiezioni del Ministero della Cultura e del Turismo, prevede che nel 2021 verranno effettuati un totale di 25,62 milioni di viaggi turistici all’estero rispetto ai 20,334 milioni del 2020, quando fu registrato un calo dell’86,9%  su base annua a causa della pandemia. Lo stop del turismo outgoing cinese ha lasciato un buco nel mercato turistico globale di di 255 miliardi di dollari. Per quanto incoraggianti, le proiezioni per l’anno in corso – che includono Hong Kong e Macao – continuano a disattendere i livelli del 2019 quando furono riportati oltre 100 milioni di viaggi in uscita dalla Cina.

Hong Kong: attivista ventenne condannato a tre anni di carcere per separatismo

Tre anni e sette mesi è la pena comminata a Tony Chung, il più giovane attivista hongkonghese ad essere incriminato ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. L’accusa è di secessione e riciclaggio di denaro reati commessi senza mezzi violenti, ma semplicemente attraverso la diffusione di contenuti “illegali”. Il ventenne si era dichiarato colpevole “senza vergogna nel cuore” quando era apparso in tribunale circa tre settimane fa. Arrestato nell’ottobre 2020 mentre cercava riparo presso il consolato americano, Chung è l’ex leader di Studentlocalism, gruppo favorevole all’indipendenza di Hong Kong che ha smesso di operare nel giugno dello scorso anno per trasferire le sue attività oltremare. L’ammissione delle proprie responsabilità ha permesso al giovane di ottenere una lieve riduzione della pena. In precedenza, Chung era stato condannato a quattro mesi di carcere per aver insultato la bandiera cinese.

No allo sfruttamento dei marchi: nasce la corrente degli “oppositori del consumismo”

Si fanno chiamare “Gli oppositori del consumismo”. Sono i giovani cinesi immuni al richiamo degli sconti scintillanti che ogni anno anticipano il Singles’ Day, il Black Friday lanciato da Alibaba una decina di anni fa. Acquisti più oculati, dedizione al risparmio, e uno stile di vita frugale e minimalista contraddistinguono questa nuovo fenomeno sociale che dall’ottobre 2020 si esprime prevalentemente attraverso la piattaforma digitale Douban. “Non compro mai nulla di cui non ho bisogno”, spiega Fan al Global Times, “posso resistere al richiamo [del consumismo].” Per Li, invece, 200 yuan al mese sono una somma sufficiente da destinare allo shopping. Durante l’ultima edizione del festival, la piattaforma T-mall di Alibaba ha dichiarato che il suo volume totale di transazioni ha raggiunto i 540,3 miliardi di yuan (84 miliardi di dollari), in aumento rispetto ai 498,2 miliardi di yuan dell’anno scorso, ma pari a un incremento dell’8,5 percento rispetto all’anno precedente, la crescita più lenta dal 2009. Secondo un recente sondaggio, i cinesi di età compresa tra i 18 ei 34 anni preferiscono risparmiare più che in passato, e mediamente quest’anno hanno messo da parte ogni mese 1.624 yuan (254 dollari), il valore più alto dal 2018.  Da una parte influiscono le incertezze economiche del post-Covid, dall’altra si fa strada una conclamata avversione per il marketing aggressivo di alcuni venditori. Per Pechino è una buona e una cattiva notizia allo stesso tempo: se da una parte l’esaltazione di abitudini morigerate risponde alla campagna moralizzatrice avviata da Xi, dall’altra la resistenza ai consumi rischia di sabotare il nuovo modello di sviluppo basato sulla spesa interna promosso dal governo per proteggere l’economia nazionale dai venti contrari dei mercati esteri.

Myanmar: il governo ombra raccoglie fondi con la vendita di bond

Il governo ombra, costituito dai sodali di Aung San Suu Kyi dopo il golpe del febbraio scorso, ha cominciato a emettere bond per raccogliere fondi da destinare alla campagna di resistenza contro la giunta militare. 6,3 milioni di dollari è quanto totalizzato durante il primo giorno di collocamento, sebbene non sia chiaro esattamente come verrà impiegata la somma. Secondo quanto spiegato dal NUG, gli acquirenti – perlopiù birmani emigrati all’estero – hanno effettuato pagamenti tramite trasferimenti internazionali su un conto nella Repubblica ceca. Una ragazza di 27 anni, che ha chiesto di non essere nominata per motivi di sicurezza, ha affermato di aver investito 500 dollari in obbligazioni per ” contribuire alla rivoluzione”. Finora la controffensiva civile è stata foraggiata dalle donazioni libere dei sostenitori. Ora il NUG si propone di incassare complessivamente 800 milioni da devolvere nell’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’assistenza sociale e per i disertori tra il personale militare e la polizia.

Di Alessandra Colarizi