In Cina e Asia – Mai così lenti negli ultimi 25 anni

In by Gabriele Battaglia

Locomotiva cinese ferma al 6,9 per cento, dato peggiore dal 1990: è la «Nuova Normalità». Il suicidio di uno studente dalit all’università di Hyderabad, in India, fa riemergere il problema della discriminazione e della repressione delle minoranze da parte dell’estremismo hindu. Arrivano i primi ammonimenti cinesi rivolti alla presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, «abbagliata» dall’indipendenza. Xi Jinping inizia la missione diplomatica in Medio Oriente (con Arabia Saudita e Iran ai ferri corti), mentre Kim Jong-un pare abbia nominato un nuovo «capo negoziatore» per la Corea del Sud: un generale responsabile di diverse provocazioni contro Seul negli ultimi anni. La nostra rassegna del mattino.Crescita cinese ferma al 6,9 per cento nel 2015: è il dato peggiore degli ultimi 25 anni

Coi dati dell’ultimo trimestre del 2015 pubblicati dalle istituzioni cinesi – 6,8 per cento – è ufficiale: la Cina nel 2015 è cresciuta «solo» del 6,9 per cento, con un calo di quasi mezzo punto percentuale rispetto al 2014 (7,3 per cento). Pechino, lo scorso anno, aveva pronosticato una crescita «intorno al 7 per cento», mantenendo che un rallentamento nella locomotiva nazionale fosse del tutto gestibile all’interno della stagione della «Nuova Normalità» cinese: il periodo di transizione da economia non specializzata a basso costo a economia «matura» che punta sull’efficienza, riduzione degli sprechi e aumento del potere d’acquisto della popolazione (aumento dei salari e incentivi al consumo).

Se l’amministrazione di Pechino si mostra fiduciosa in una stabilizzazione prossima dell’economia nazionale – che dovrebbe calmare anche gli sbalzi delle borse cinesi – diversi analisti internazionali ritengono che i dati sciorinati dalla Cina non siano interamente affidabili e che, in realtà, la Repubblica popolare stia crescendo a velocità decisamente inferiori a quelle raccontate.

Studente dalit suicida all’università di Hyderabad: in India la discriminazione di casta uccide

Rohith Vemula, studente di 26 anni presso la Hyderabad central university, si è suicidato domenica notte impiccandosi all’interno del campus universitario, lasciando una lettera/testamento che denuncia lo stato di frustrazione e disperazione causato, secondo le accuse, dalle misure discriminatorie estese dall’amministrazione universitaria nei suoi confronti.

Vemula, proveniente da una famiglia dalit (fuoricasta) e attivo in collettivi studenteschi di sinistra all’interno del campus, assieme a quattro colleghi dalit era stato cacciato dal dormitorio dove soggiornavano, in seguito a polemiche circa le loro attività «anti-nazionali»: avevano organizzato la proiezione di documentari che denunciavano le violenze dell’estremismo hindu nel paese, oltre a una veglia per la controversa impiccagione di Yakub Memon, cittadino indiano di fede musulmana condannato a morte – nonostante fosse diventato un collaboratore di giustizia, consegnandosi alle autorità – per la partecipazione nell’organizzazione degli attentati di Mumbai nel 2002.

L’ordine di cacciare i cinque studenti era arrivato agli inizi di gennaio, sollecitato da politici del partito di governo Bjp sia a livello locale che, soprattutto, a livello federale, conl coinvolgimento della ministra delle risorse umane Smriti Irani.
La morte di Vemula ha scatenato proteste in diverse università del paese, che denunciano l’ingerenza del governo di destra e il clima di repressione contro le minoranze castali e religiose nel paese.

Inizia il tour diplomatico di Xi Jinping in Medio Oriente

Nella giornata di oggi il presidente cinese atterrerà in Arabia Saudita, inaugurando un itinerario di cinque giorni che toccherà anche Egitto e Iran.
La Cina, che intende consolidare i propri rapporti commerciali in campo energetico con la monarchia saudita, si ritrova a tenere colloqui tra Riyad e Teheran mentre i rapporti tra Arabia Saudita e Iran viaggiano ai minimi storici.

Il tradizionale atteggiamento di non ingerenza della diplomazia cinese rispetto alle questioni bilaterali tra stati sarà messo a dura prova, anche a fronte degli appelli internazionali che vorrebbero vedere Pechino interpretare un ruolo più influente nella geopolitica mondiale, specie nel caso mediorientale.

Transizione di potere in salita per la nuova presidentessa taiwanese Tsai

Dopo la vittoria schiacciante alle elezioni presidenziali tenutesi lo scorso week end a Taiwan, la neo presidentessa in pectore Tsai Ing-wen sta iniziando ad avere un assaggio delle difficoltà che la accompagneranno nella transizione di potere nell’ex isola di Formosa. Tsai inizierà ufficialmente il proprio mandato il prossimo 20 maggio.

Lunedì 18 gennaio 44 esponenti del governo in carica – compreso il premier – hanno presentato in massa le proprie dimissioni al presidente uscente Ma Ying-jeou, aprendo la frattura interna nel partito del Kuomintang. Tsai, che dovrà formare la propria squadra per l’esecutivo entro il mese di maggio, si trova ora a gestire un vuoto amministrativo complicato, causato dal caos interno al partito di opposizione.

E dopo le prime dichiarazioni post-vittoria decisamente più «anti-cinesi» rispetto all’atteggiamento tenuto da Tsai in campagna elettorale, la stampa di Pechino si fa sentire, ammonendo la nuova presidente e il popolo taiwanese giudicato «allucinato» dalla chimera dell’indipendenza (che la Cina continentale non riconosce, seppur Taiwan sia a tutti gli effetti stato a parte da oltre mezzo secolo).

Kim Jong-un e una presunta nomina «controversa» per il capo negoziatore degli affari inter-coreani

Secondo indiscrezioni raccolte dall’agenzia sudcoreana Yonhap e confermate da una fonte in Corea del Nord dal portale sudcoreano Daily NK (con tutte le precuazioni del caso nella valutazione della veridicità di notizie diffuse dal Sud che interessano i vicini del Nord), il presidente Kim Jong-un avrebbe nominato a capo del dipartimento per i rapporti inter-coreani (l’organo diplomatico di Pyongyang dedicato al dialogo con Seul) il generale «falco» Kim Yong-chol.

Descritto come uno degli ufficiali più vicini al presidente Kim, il generale Kim è ritenuto responsabile dell’abbattimento della corvetta sudcoreana Cheonan e del bombardamento dell’isola Yeonpyeong in Corea del Sud nel 2010, due episodi che contribuirono all’escalation della tensione tra le due Coree. La nomina del generale a «negoziatore capo» della Corea del Nord, secondo analisti contattati da Yonhap, dimostra il lo scarso interesse del presidente Kim a una normalizzazione dei rapporti con Seul.

[Foto credit: post-gazette.com]