In questi giorni sono ripartite le polemiche sui dati rilasciati dal goveno di Pechino relativi al numero di contagi e morti reali avvenuti in CIna. Con le polemiche, son riafforate anche le bufale e le grandi speculazioni. Jennifer Zeng, blogger cinese basata a New York e affiliata al Falun Gong, ha diffuso una fake news globale in cui affermava che 21 milioni di utenti della China Mobile fossero scomparsi dai tabulati durante il Covid19, insinuando fossero deceduti. Altri (compresa la rivista cinese Caixin) parlano invece di migliaia di urne crematorie consegnate quotidianamente ai familiari delle vittime di Wuhan, nonostante i numeri delle cremazioni in città nel quarto qaudrimestre del 2019 siano state 56,007 (il 2,9% in più rispetto all’anno precedente, e il +4,1% rispetto al 2017). La notizia delle oltre 40 mila vittime cinesi (ricondivisa dal Corriere della Sera) e dei residenti di Wuhan che avrebbero ricevuto tra le 500 e le 3,500 urne crematorie al giorno, arriva senza chiare prove da Radio Free Asia, media finanziato direttamente dal Governo americano. Nel caos mediatico, Pechino è intervenuto nuovamente, rilasciando nuovi dati sui contagi reali e affermando di non aver compreso nel totale il numero degli asintomatici.
Da ora la Cina inizierà a calcolarli, proprio come accade nel resto dell’Estremo Oriente e in Europa. Il problema degli asintomatici c’è ovunque e minore è la capacità di un paese di testarli, minore sarà la somma nei conteggi totali. In Cina, così come nella gran parte dei paesi, sono state testate solo le persone prossime o in contatto con i positivi. Questo significa, che le stime che considerano un numero di morti e contagiati molto più elevato, potrebbero valere per ogni nazione. Proprio come a Bergamo anche a Wuhan i residenti raccontano diverse storie tragiche di persone morte in casa, spesso non trattate per tempo o coi giusti metodi, altre volte non conteggiate come affetti da Covid-19.
Nonostante ciò, il nuovo metodo di calcolo non va certo a chiarire i più forti criticismi sui dati forniti dal governo cinese, soprattutto rispetto al numero di morti in relazione a: la confusione iniziale e il numero di prime vittime non conteggiato; il cambio di criteri di monitoraggio e calcolo; l’essere stati il primo paese a sperimentare la pandemia; l’alto numero di “cittadini fantasma” o “alieni”, nati al di fuori delle leggi del figlio unico o in clandestinità e tutt’ora privi di documenti e impossibilitati alle cure; la chiusura o riconversione di interi reparti negli ospedali cinesi, testimoniata da pazienti oncologici o dialitici; altre vittime indirette della pandemia, da coloro che non hanno ricevuto soccorso per via della pressione del sistema sanitario, fino a coloro che hanno subito gli effetti traumatici dell’isolamento, della perdita, della povertà o dell’assenza di lavoro, il quale potrebbe aver condotto ad aumento del rischio di suicidio in tutti i paesi maggiormenti colpiti. [fonte: Bloomberg, SCMP]
Pechino posticipa il Gaokao, è la prima volta dalla Rivoluzione Culturale
Per la decisione presa dal Ministro dell’istruzione, tutti gli esami di ammissione universitaria si terranno con un mese di ritardo, tra il 7-8 di luglio. Il Gaokao, l’esame più importante per la vita di uno studente cinese, non veniva rimandato dalla Rivoluzione Culturale di Mao (1966-76) ed è celebre per il suo stretto rigore, per la competizione tra milioni di studenti ( in media solo “uno su mille ce la fa”) e per il ruolo che ricopre nella costruzione del proprio futuro in Cina. La nuova data prestabilita, tuttavia, non sarà valida per Pechino e per la regione dell’Hubei, le zone maggiormente colpite dalla crisi. 10,71 milioni di giovani cinesi erano pronti ad essere esaminati alla fine di questa primavera e il periodo di chiusura ha giovato ad alcuni piu che ad altri. I residenti nelle aree urbane, per esempio, hanno potuto approfondire gli studi e la preparazione grazie utilizzando Internet. Studenti più sfortunati, come per esempio quelli proveninenti da alcune zone rurali del centro e dell’ovest cinese, sono stati colpiti duramente dal digital divide, chiusi in casa ma impossibilitati ad accedere alla rete. Nelle comunità più povere, molti di loro sono infatti tornati ad aiutare i propri familiari nel lavoro. [fonte: SCMP]
La Cina potrebbe rivedere le stime del PIL per il 2020
“Difficilmente la Cina raggiungerà il 6% di crecita nel 2020 per via della pandemia di Coronavirus. E’ già difficile mantenere il 4-5%, perché ciò dipenderà in gran parte da come la pandemia si svilupperà in Europa e negli Stati Uniti”. A dirlo Ma Jun, importante membro della banca centrale cinese e responsabile delle politiche monetarie. Nonostante un “piano di rinascita” da 6,5 mila miliardi di euro e la riapertura del paese, sul piano produttivo e commerciale, la Cina è ancora lontana dalla normalità perduta. Per Qiu Xiaohua, ex-direttore del China’s National Bureau of Statistics, Pechino dovrebbe scegliere un target minimo di crescita, come un 4% da lui suggerito. Al meeting del Politburo di venerdì scorso, il presidente Xi Jinping non accennato a rivedere le stime ma ha ribadito la necessità di maggiori misure macro-economiche, dalla defiscalizzazione ai bond. [fonte: SCMP]
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Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance. Collabora con diverse testate nazionali. Ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha perseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM). Membro del direttivo di China Files, per cui è responsabile tecnico-amministrativo e autore.