Covid-19 non ha risparmiato nemmeno la Xiongan New Area, la nuova città lanciata da Xi Jinping per alleggerire Pechino delle sue funzioni amministrative. Circa 400mila persone sono state messe in quarantena nel distretto di Anxin, a 145 km, dopo che 13 casi sono stati riportati a livello locale. Le misure ricordano quelle adottate nelle zone rosse durante la prima ondata epidemica: uscite contingentate per tutti i residenti, restrizioni sui trasporti e blocco degli ingressi per chi viene da fuori. Intanto a Pechino prosegue la caccia agli asintomatici. La capitale ha già effettuato tamponi su 7 milioni di persone, di cui 100mila tra studenti e staff universitario solo nella giornata di domenica. Per l’impresa sono state coinvolte 20 strutture sanitarie. Nelle passate 24 ore le autorità municipali hanno riportato 7 nuove infezioni, per un totale di 318 casi dallo scorso 11 giugno. [fonte: Guardian, SCMP]
Fighter di MMA al confine sino-indiano
Le truppe cinesi dislocate al confine sino-indiano potranno contare su una squadra di esperti di MMA (arti marziali miste), quello stile che consente l’utilizzo di tutte le tecniche sportive delle arti marziali e degli sport di combattimento. Secondo quanto confermato dalla CCTV, 20 atleti dell’ Enbo Fight Club di Chengdu verranno spedite a Lhasa, in Tibet, per addestrare e supportare il personale di pattuglia lungo la frontiera sino-indiana. La notizia segue di pochi giorni il violento confronto corpo a corpo costato la vita a 20 soldati indiani e a un imprecisato numero di vittime cinesi. Accordi risalenti agli anni ’90 impediscono alle due parti l’utilizzo di armi da fuoco ed esplosivi entro i 2 km dalla linea attuale di controllo (LAC). Ecco perché acquisire abilità nel combattimento a mani nude potrebbe dimostrarsi vantaggioso nel caso di una nuova escalation ad alta quota. [fonte: SCMP]
Pechino corteggia i media internazionali
Un report della International Federation of Journalists (IFJ) appena pubblicato dal titolo The China’s story reshaping worlds media ha confermato come la strategia propagandistica cinese si stia da qualche tempo concentrando sui media stranieri con l’intento di imporre un proprio story telling sul paese. Pechino sta infatti “portando avanti un’imponente e sofisticata campagna, con lo scopo strategico di lungo periodo di riplasmare i contenuti sul paese con una narrativa più China-friendly” afferma il report che ha preso in considerazione e intervistato giornalisti provenienti da 58 paesi. La strategia si riassume nel detto “prendere in prestito una barca per raggiungere l’oceano” (借船出海) e si sostanzia in ingenti investimenti per attrarre giornalisti nel paese attraverso tour ben organizzarti (i più recenti nello Xinjiang), in accordi di collaborazione con media stranieri che di fatto imbavagliano la narrazione permettendo a Pechino di guidarla o nella semplice fornitura di contenuti ad hoc per ristabilire il soft power cinese nell’era post-Covid19. Obiettivo strategico di Pechino sono i paesi emergenti, specie quelli coinvolti in qualche modo nella Belt and Road Initiative (BRI). [Fonte: The Guardian]
La Cina fa dietrofront sul carbone
Nonostante i proclami di un progressivo abbandono della dipendenza da carbone e i piani green, il combustibile fossile continua a fare da padrone nell’energy mix cinese. Uno studio pubblicato la settimana scorsa dal think tank Global Energy Monitor, rivela che il paese possiede una capacità produttiva di carbone ancora da sviluppare vicina ai 250 gigawatts (GW), cifra superiore a quella degli Stati Uniti. E Pechino ha proposto l’aggiunta di ulteriori 40.8 GW di energia prodotta da carbone quest’anno, approfittando del rilassarsi delle restrizioni. Certo il regolatore cinese ci tiene a sottolineare che gli impianti obsoleti verranno sostituiti da impianti innovativi ma intanto i target per il taglio dei consumi di carbone sono stati rivisti al ribasso passando da 1.5 punti percentuali al 0.2. L’accordo di Parigi sembra essere solo un lontano ricordo per il dragone. [fonte: Reuters]
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