I titoli di oggi
- Covid: Omicron arriva a Suzhou, Hong Kong considera lockdown localizzato
- Metaverso, l’app Jelly si mette in pausa: troppi cyberattacchi e recensioni negative
- Pechino autorizza la pillola anti-Covid di Pfizer
- Chip e semiconduttori a Taiwan: la crisi Ucraina-Russia potrebbe minacciarne la produzione
- Le relazioni tra Cina e Argentina rafforzano la presenza di Pechino nell’area
- Corea del Sud: al via la campagna elettorale per le presidenziali di marzo
- Cambogia: internet presto sotto il totale controllo dello Stato
- Foxconn guarda all’India: pronta la joint venture per sostenere la domanda di chip
Covid, Omicron arriva a Suzhou mentre Hong Kong considera il lockdown localizzato
L’ondata di contagi legati alla nuova variante di Covid-19 preoccupa anche la Repubblica Popolare. Nella giornata di lunedì 14 febbraio sono stati annunciati 86 nuovi casi, di cui 26 trasmessi localmente. Tra questi, 8 infezioni intercettate nella città di Suzhou hanno portato alla sospensione dei servizi sanitari “non urgenti” e del ritorno alla didattica a distanza, mentre le autorità hanno chiesto i test di massa per tutti i residenti dell’area legata al cluster di contagi.
Non cessa di preoccupare le autorità sanitarie anche il boom di contagi a Hong Kong, che nelle ultime ore hanno superato la soglia dei 2 mila casi. Il governo locale sta valutando la possibilità di isolare alcuni quartieri della metropoli in quanto, come sottolinea il dottor Larry Lee Lap-yip, capo dell’Autorità ospedaliera, “il numero di casi Covid ha superato la capacità massima negli ospedali e le nostre attuali strutture di isolamento sono piene.” Escluso il lockdown totale, però, sottolinea la leader dell’ex colonia britannica Carrie Lam.
Pechino autorizza la pillola anti-Covid di Pfizer
Nei giorni scorsi la Cina ha autorizzato un uso “condizionato” di Paxlovid, la pillola anti-Covid prodotta dall’azienda statunitense Pfizer. La scelta servirà a Pechino per “uno scopo strategico”, ha detto durante un briefing di sabato della società di servizi finanziari Sealand Securities Co. l’ex scienziato capo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie Zeng Guang. Gli osservatori confermano che il paese potrebbe essere intenzionato ad allentare le misure stringenti ancora in atto e virare per un approccio più flessibile, soprattutto alla luce dei nuovi focolai delle varianti più trasmissibili.
E nell’eventualità che intenda porre fine alla strategia “zero-Covid”, è improbabile che il paese riesca ad affidarsi ai propri antivirali. La pillola anti-Covid più avanzata, la Kintor Pharmaceutical Ltd., con sede a Suzhou, ha intrapreso un secondo studio in fase avanzata dopo che il primo condotto negli Stati Uniti non è riuscito a mostrare risultati significativi. Ma resta da capire se la Pfizer sarà in grado di soddisfare le esigenze della Cina in fatto di numeri, visto che la fornitura globale di Paxlovid per l’anno corrente, riporta la società, è di soli 120 milioni di trattamenti.
Metaverso, l’app Jelly si mette in pausa: troppi cyberattacchi e recensioni negative
Fuga di dati e disservizi: la celebre app cinese Jelly si trova a fare i conti con le problematiche del Metaverso, e decide di rallentare. Lunedì 14 l’azienda ha infatti annunciato che dovrà sospendere i download di una delle app più popolari delle ultime settimane a causa di numerosi disservizi registrati dagli utenti. Il comunicato ufficiale parla di un “aggiornamento del sistema su larga scala” necessario a risolvere una serie di anomalie del sistema, mentre gli utenti lamentano di aver ricevuto chiamate e messaggi spam successivi alla registrazione sulla piattaforma.
L’app è stata sviluppata da Yidian Shuyu, uno dei maggiori aggregatori di notizie, e aveva superato il record di download della stessa WeChat, la super app di Tencent. Per gli esperti, i problemi registrati dalla app dimostrano le complessità tecnologiche e legali delle aziende che cercano di entrare nel trend del Metaverso. “La realtà virtuale e le tecnologie Internet non sono abbastanza solide per supportare un sistema in grado di sostituire la vita offline delle persone”, ha detto al South China Morning Post Jiang Han, ricercatore del think tank Pangoal.
Le relazioni tra Cina e Argentina rafforzano la presenza di Pechino nell’area
Al South China Morning Post il direttore del Centro di Studi Latinoamericani della Università di Shanghai Jiang Shixue ha detto che l’adesione dell’Argentina al progetto cinese della Belt and Road Initiative (BRI) è un progresso significativo anche per la promozione delle relazioni tra Pechino e i paesi dell’America Latina e dei Caraibi (LAC). Lo scorso anno il volume totale dei rapporti commerciali della Cina con l’area è aumentato oltre il 40% rispetto al 2020, superando i 450 miliardi di dollari.
La firma del memorandum d’intesa sulla Nuova via della seta è avvenuta il 6 febbraio al termine dell’incontro tra Xi Jinping e l’omologo argentino Alberto Fernandez, in visita a Pechino in occasione delle Olimpiadi invernali, e prevede un programma infrastrutturale con investimenti per più di 23 miliardi di dollari. Tra le questioni emerse durante i colloqui del 6 febbraio ha trovato spazio anche lo storico contenzioso sulle isole Falkland: in una dichiarazione congiunta, Xi e Fernandez hanno chiesto che all’Argentina sia dato “il pieno esercizio della sovranità” sulle isole. In risposta alla furiosa reazione di Londra, la posizione è stata ribadita dall’ambasciata cinese in Regno Unito, secondo cui la Cina “ha sempre sostenuto che le dispute territoriali tra i paesi dovrebbero essere risolte attraverso negoziati pacifici in conformità con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite”.
Le pressioni cinesi confermano la vicinanza tra i due paesi, che quest’anno festeggiano il cinquantesimo anniversario delle loro relazioni diplomatiche. Se con l’Argentina salgono a 19 i paesi dell’area che sono stati inclusi nella BRI, si tratta della prima grande economia ad aver aderito ai progetti infrastrutturali cinesi. Secondo i rispettivi governi, la cooperazione potrà servire a sostenere la stabilità finanziaria del paese sudamericano – che è intenzionato ad abbandonare la sua “dipendenza” economica dagli Stati Uniti e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) – e beneficerà anche la strategia di Pechino di internazionalizzazione dello yuan.
Corea del Sud: al via la campagna elettorale per le presidenziali di marzo
Inizia martedì 15 febbraio la campagna elettorale per la presidenza in Corea del Sud. A sfidarsi in quelle che sono state definite le “elezioni improbabili” a causa delle numerose polemiche emerse da entrambi gli schieramenti, Lee Jae-myung e Yoon Suk-yeol. Il primo rappresenta le istanze della maggioranza al governo, il Partito democratico, mentre Yoon è l’esponente del partito di opposizione, il Partito del potere popolare.
Cambogia: internet presto sotto il totale controllo dello Stato
Phnom Penh sposa ufficialmente il sovranismo digitale. La settimana tra il 14 e il 20 febbraio sarà infatti cruciale per l’avvio del nuovo National Internet Gateway (Nig) locale, un sistema di controllo dei contenuti online sotto la diretta supervisione del governo cambogiano. A sostenere questa decisione, affermano le autorità, l’urgenza di “proteggere il paese, migliorare il sistema di riscossione delle tasse e mantenere l’ordine sociale, la cultura e la tradizione cambogiane.” Immediato per molti il paragone con il Great Firewall cinese, che allo stesso modo cerca di funzionare da “filtro” alle informazioni online.
In Cambogia non sono rari gli arresti nei confronti di attivisti, giornalisti o normali cittadini accusati di aver diffuso informazioni “pericolose” sul web. Negli ultimi anni la leadership ha cercato di controllare i contenuti scomodi anche attraverso l’arruolamento dei provider di internet, che provvedono a ostacolare l’accesso alle pagine web e ai video in streaming. Ciononostante, “non c’è chiarezza su come stiano costruendo il gateway, che tipo di forma assumerà, che tipo di tecnologia verrà introdotta””, ha spiegato al The Guardian Naly Pilorge, direttore della Lega cambogiana per la promozione e la difesa dei diritti umani. [Qui il nostro dossier di approfondimento dedicato al tema della sorveglianza digitale]
Foxconn guarda all’India: pronta la joint venture per sostenere la domanda di chip
Che la crisi dei semiconduttori sia uno dei maggiori dilemmi dell’economia globale ne abbiamo parlato spesso su China Files. Non di meno citando Taiwan, dove si concentra la produzione dei chip più sofisticati presenti sul mercato. Ma la necessità di diversificare lungo la catena di approvvigionamento porta con sé nuove partnership per garantire i materiali necessari alla loro produzione – i semiconduttori, appunto. Ecco quindi che lunedì 14 febbraio Foxconn, azienda leader nell’assemblaggio di iPhone, ha firmato un accordo per la nascita di una nuova joint venture con Vedanta, maxi conglomerato indiano legato al settore delle risorse naturali.
La joint venture punta a giocare su più fronti: da un lato approfittando degli incentivi della campagna di sviluppo nazionale “Make in India”, dall’altro realizzando il sogno di Foxconn di entrare con forza in un mercato in piena espansione. I progetti accarezzati dalla multinazionale vanno oltre la partnership con iPhone, e mirano a conquistare il mercato dei veicoli elettrici.
Chip e semiconduttori a Taiwan: la crisi Ucraina-Russia potrebbe minacciarne la produzione
La catena di approvvigionamento dei piccoli e medi produttori di chip e semiconduttori a Taiwan potrebbe essere interrotta a causa dell’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina. Lo ha detto domenica Ray Yang, direttore consulente presso lo Industry, Science and Technology International Strategy Center, sulla base del fatto che i due paesi sono esportatori chiave di materie prime come neon, palladio e C4F6. Se le grandi aziende come la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC) potrebbero essere comunque in grado di assicurarsi le forniture di tali materiali, i produttori di entità minore potrebbero aver bisogno di trovare nuove soluzioni. A chiarire come l’industria dei semiconduttori dipenda dalla produzione di materie prime di origine russa e ucraina, un rapporto pubblicato a inizio mese da Techcet, società di consulenza con sede negli Stati Uniti, secondo il quale il 90% delle forniture di neon utilizzato dalle fabbriche statunitensi di semiconduttori arriva dall’Ucraina.
A cura di Vittoria Mazzieri e Sabrina Moles