La Cina sta affrontando la peggiore ondata epidemica da almeno cinque mesi a questa parte. Reggetevi forte: 37 nuovi casi positivi. A noi vien da ridere, ma in Cina stanno prendendo la faccenda molto seriamente per tutta una serie di motivi. Andando per ordine: da alcuni giorni il virus ha ricominciato a correre, soprattutto a Shijiazhuang, capoluogo dello Hebei, e nella vicina Xingtai dove nelle precedenti 24 ore sono state rilevate 33 nuove infezioni, leggermente in calo rispetto alle 51 di ieri. I casi sono oltre 230 dall’inizio di gennaio. Tutta la provincia è entrata in “modalità di guerra”. Secondo la società di consulenza Trivium, le misure adottate localmente per contenere il virus sono le più ferree introdotte nel paese da aprile: tamponi a manetta, chiusura delle stazioni ferroviaria, riduzione dei voli aerei, chiusura delle scuole e misure di lockdown nelle aree ad alto rischio. Nessuno può entrare o uscire dalla città. A impensierire è soprattutto l’impossibilità di risalire all’origine del nuovo cluster, la diffusione in seguito a una serie di riunioni familiari e, ovviamente, l’approssimarsi delle vacanza per il Capodanno lunare, quando normalmente milioni di persone viaggiano da una parte all’altra del paese. E’ molto probabile che anche quest’anno verrà mantenuto un basso profilo. Mercoledì, il Consiglio di Stato, ha annunciato misure per assicurare la sicurezza sui trasporti. Secondo l’operatore ferroviario nazionale, per tutto il periodo festivo, si prevede un totale di 407 milioni di viaggi, pari a una media di 10,18 milioni al giorno. Ma in alcune zone della Cina i governi locali hanno già chiesto ai cittadini di evitare gli spostamenti ove possibile. Al Capodanno si aggiunge un ulteriore preoccupazione. Lo Hebei infatti è il principale centro siderurgico del paese. Un lockdown più diffuso rischierebbe di paralizzare la produzione nazionale di acciaio compromettendo un importante pilastro della crescita economica: la costruzione di infrastrutture. Secondo dati della World Steel Association, a novembre la Cina rappresentava il 57% della produzione mondiale di acciaio, in crescita rispetto al 53,3% del 2019. Segno che Pechino sta puntando ancora una volta su ferrovie, strade, ponti e quant’altro per sostenere l’economia davanti alle incertezze dell’epidemia. [fonte Reuters, FT]
Cosa è successo a Wuhan?
A distanza di un anno dal focolaio di Wuhan, un alto funzionario della Commissione sanitaria nazionale ha fornito per la prima volta una spiegazione ufficiale della lentezza con cui Pechino ha annunciato la trasmissibilità della malattia da uomo a uomo. Pare che gli esperti cinesi avessero messo in quarantena 700 contatti stretti dei primi pazienti – tra cui 400 operatori sanitari – ma che nessuno all’epoca aveva mostrato sintomi. Ecco perché la conferma delle autorità è giunta solo il 20 gennaio, quando ormai il virus era già in circolo. Trattandosi di un virus sconosciuto, diversi esperti stranieri hanno giustificato parzialmente la cautela adottata dal governo, anche se testimonianze del personale medico cinese confermano come il controllo sulla diffusione delle informazioni abbia compromesso il funzionamento del protocollo introdotto dopo la Sars. Molti dubbi sono stati sollevati anche riguardo ai numeri ufficiali dei contagi. Un nuovo studio condotto dal laboratorio statale di virologia di Wuhan, il bilancio reale è circa tre volte quello annunciato. Analizzando gli anticorpi di 63.100 persone sane in 30 province tra marzo e maggio, gli scienziati hanno calcolato che in realtà oltre 168.000 persone a Wuhan avevano contratto il virus, sebbene ben due terzi senza evidenziare sintomi. I numeri dell’ultima ricerca sono ancora molto inferiori rispetto ai dati rilasciati il 30 dicembre dal Centro per la prevenzione e la cura delle malattie, secondo il quale i contagi sarebbero addirittura mezzo milione rispetto agli appena 50.000 annunciati dalle autorità. Quindi, mentre le cifre esatte rimangono ancora un mistero, l’altissima percentuale di casi asintomatici potrebbe spiegare effettivamente la confusione delle prime fasi caotiche dell’epidemia. Come regolarsi per il futuro? Per Yu Xuejie, che ha diretto le ultime ricerche, è necessario rimanere “allerta perché il coronavirus potrebbe ancora esistere. Ma non è una brutta cosa se il virus continua a rimanere in una forma che non causa la malattia. Vivere con virus non patogeni può infatti rafforzare il nostro sistema immunitario”. [fonte Bloomberg, SCMP, AFP]
La Cina estingue il debito della Repubblica del Congo dopo il suo ingresso nella BRI
La Cina ha cancellato il debito di 28 milioni di dollari maturato dalla Repubblica Democratica del Congo e promette di investire 17 milioni per supportare finanziariamente il paese nel post Covid. La notizia giunge a pochi giorni dall’arrivo nel continente africano del ministro degli esteri Wang Yi per il suo tour di inizio anno e segna un altro passo nel rafforzamento dei rapporti Cina-Africa. Il ministro cinese ha deciso di intraprendere il consueto viaggio diplomatico anche con i rischi previsti dalla corrente situazione sanitaria, per rimarcare “l’indissolubile amicizia tra la Cina e i suoi fratelli africani”. Come riportato dal South China Morning Post, durante l’ incontro con il presidente congolese Felix Tshisekedi Kinshasa, Wang ha dichiarato che gran parte della somma prevista sarà indirizzata a progetti di sviluppo, ora che la RDC ha firmato gli accordi per entare a far parte della Belt and Road Initiative. Mercoledì 7 gennaio il Congo è infatti diventato ufficialmente il quarantacinquesimo paese ad entrare a far parte del progetto di Xi Jinping. Tra il 2000 e il 2018 la RDC ha ottenuto 53 prestiti dalla Cina impiegati principalmente nel settore dei trasporti e in quello minerario. Sono già molte le aziende cinesi ad avere acquisito interessi sulle riserve di cobalto nella RDC, che ne è primo produttore al mondo. Wang Yi ha dichiarato che l’ingresso del Congo nella BRI “manderà un segnale positivo al mondo che Cina e Congo sono impegnate in un progetto di mutuo sviluppo e prosperità”. La prossima tappa del ministro degli esteri cinese è la Tanzania, dove assisterà alla firma di un accordo per la costruzione di una ferrovia da parte di aziende cinesi, seguirranno poi Botswana e Seychelles. [font SCMP, SCMP]
L’anticorruzione colpisce i colossi di stato
La campagna anticorruzione di Xi Jinping continua senza sosta. E con l’approssimarsi del 20° Congresso del partito – previsto per l’autunno 2022 – è lecito attendersi nuovi arresti eccellenti in previsione di un parziale rinnovo della leadership cinese. Negli ultimi giorni, quattro alti funzionari indagati per violazioni disciplinari sono stati consegnati alle autorità giudiziarie: Dèng Huīlín, ex capo della polizia e vicesindaco di Chongqing; Wén Guódòng, l’ex vice governatore del Qinghai; Luò Jiāmáng, l’ex capo contabile di COFCO Corp., il più grande gruppo alimentare cinese; e Hú Wènmíng, presidente della China Shipbuilding Industry Corp., il conglomerato navalmeccanico di stato dietro alla costruzione delle due prime portaerei cinesi e già finito nel mirino dell’anticorruzione dopo l’arresto del general manager Sun Bo. Il caso è grosso se davvero, come si vocifera, Sun è accusato di aver passato informazioni confidenziali agli Stati uniti. Ma non l’unico ad aver coinvolto di recente colossi statali. Solo nell’ultima settimana sono state annunciate due sentenze particolarmente severe contro dirigenti bancari: l’ergastolo comminato ieri a Hu Huaibang, ex direttore della China Development Bank, il colosso del credito attraverso cui Pechino finanzia la Belt and Road, e la pena capitale inferta a Lai Xiaomin ex presidente della Huarong Asset Management, società di gestione patrimoniale finanziaria specializzata nella gestione del debito di emittenti ad alto rischio. Considerato che solo raramente i reati economici vengono puniti con la condanna a morte, è probabile che il caso di Lai serva a “colpirne uno per educarne cento” in un momento delicato per il settore finanziario, minacciato da un inusuale impennata di default tra le aziende pubbliche e mentre Pechino cerca di fare ordine tra le fintech. Non è chiaro se gli sforzi delle autorità stiano stimolando una maggiore autodisciplina tra i ranghi del Pcc, ma quantomeno stanno giovando in termini di immagine. Secondo un rapporto del Transparency International, la Cina è uno dei pochissimi paesi asiatici – insieme a Cambogia, Myanmar e Filippine – dove la maggior parte dei cittadini percepisce un miglioramento in termini di trasparenza della classe politica. Oltre l’84% dei cinesi intervistati ritiene che il livello di corruzione oltre la Muraglia è diminuito nell’ultimo anno. [fonte Caixin, CNN, SUPCHINA
Il marito le nasconde l’HIV. Ottiene l’annullamento del matrimonio
Un tribunale di Shanghai ha annullato un matrimonio dopo che la moglie ha accusato il marito di averle taciuto di avere l’HIV. La donna, che non ha contratto il virus durante la convivenza ma che rimasta incinta ha deciso per precauzione di interrompere una gravidanza, ha fatto causa al consorte appellandosi al nuovo codice civile, il primo dalla fondazione della Repubblica popolare. Secondo la nuova normativa, infatti, se una persona nasconde una “malattia grave” prima del matrimonio, il coniuge ha il diritto di chiedere l’annullamento in tribunale evitando così le complicanze di un divorzio e la modifica permanente dello stato civile. Il caso ha suscitato l’attenzione dei netizen tanto che su Weibo un hashtag collegato alla notizia è stato visualizzato quasi 800 milioni di volte. A dicembre, le autorità della provincia dello Yunnan hanno emesso un nuovo regolamento che, una volta entrato in vigore a marzo, imporrà alle persone sottoposte a controlli sanitari di informare i propri partner in caso di positività all’HIV. [fonte Sixth Tone]
Cina leader del box office mondiale, ma crollano i film stranieri
La pandemia da Covid-19 ha visto i proventi dell’industria del cinema cinese diminuire quasi del 55% rispetto al 2019, come riportato dal tracciamento dati della piattaforma di vendita biglietti Maoyan Entertainment. Ciò nonostante, la Cina chiude il 2020 con un box office complessivo di 3.13 bilioni di dollari (20.4 bilioni di RMB), superando per la prima volta quello degli Stati Uniti, che ammonta a 2.28 bilioni di dollari (calo dell’80% rispetto al 2019). Dei 548 milioni di biglietti venduti nel 2020, solo il 16.3% proviene da film stranieri, a indicare un trend crescente che vede il pubblico cinese preferire i film di produzione locale. Particolarmente apprezzati sono stati i diversi blockbuster a sfondo patriottico, che hanno registrato un picco di affluenza lo scorso ottobre, in prossimità della festa nazionale. Solo in quel periodo sono stati guadagnati 13.9 milioni di dollari (89.9 milioni di RMB). Di produzione cinese, per esempio, è il film con più incassi del 2020, “Ba bai” (八百,The Eight Hundred), un action di guerra ambientato durante il secondo conflitto sino-giapponese del regista Guan Hu. I cinema sono rimasti chiusi per 178 giorni nel 2020 e hanno riaperto solo il 20 luglio. Diverse restrizioni sono ancora in vigore nelle sale, ma l’affluenza ammessa è tornata al 75% della capacità. Nuovo record per il primo giorno dell’anno dopo il precedente stabilito nel 2018, con un box office di 92.8 milioni (600 milioni di RMB). [fonte Sixth Tone Variety]
Il miracolo economico cinese nei libri di testo
Il ministero dell’Istruzione ha avviato i lavori per la realizzazione dei primi testi universitari di “economia cinese”. Obiettivo: “spiegare meglio i grandi risultati e le questioni chiave dello sviluppo economico cinese, esaminare e raccogliere sistematicamente i contributi originali delle teorie economiche cinesi e raccontare bene la ‘storia della Cina'”. A partire dalla crisi finanziaria globale del 2008 il gigante asiatico ha maturato un certo disincanto nei confronti del modello di sviluppo occidentale. Il nuovo progetto editoriale ha lo scopo di adattare le teorie insegnate a livello internazionale al contesto cinese. Tra i requisiti annunciati per l’elaborazione dei primi testi spicca la necessità di “aderire alla guida del ‘Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era’, integrare strettamente la riforma e l’apertura e la pratica della modernizzazione socialista e assorbire continuamente l’essenza dell’eccellente pensiero economico tradizionale cinese, assorbendo e imparando dai tempi moderni I benefici risultanti dall’economia occidentale.” [fonte Moe]
996, riesplode il dibattito sui social
Negli ultimi giorni in molti si sono riversati su piattaforme come Weibo e Wechat per condannare il fenomeno dei 996, i lavoratori che conducono turni dalle 9 del mattino alle 9 di sera, 6 giorni su 7, e hanno raccontato la propria esperienza. Tra i casi più emblematici quello di Jiang, licenziato lo scorso settembre per aver rifiutato di intrattenersi oltre l’orario di lavoro prefissato. Il neolaureato era impiegato presso la società di trasporto e spedizioni cinese STO Express, e dopo il licenziamento ha diffuso una registrazione di una conversazione in cui il suo vice manager sembrava suggerire che lavorare oltre l’orario stabilito era nei suoi interessi, e che persone giovani come Jiang avrebbero fatto meglio a non avere relazioni romantiche. La vicenda ha ricevuto oltre 200 milioni di visualizzazioni su Weibo. Un’altra notizia che ha avuto 150 milioni di visualizzazioni su Weibo nel giro di una settimana è quella di Zhang, l’impiegato di Pinduoduo deceduto sul posto di lavoro dove si era trattenuto oltre la mezzanotte. Un mese prima dell’incidente aveva commentato su Wechat: “Siamo impiegati alla mercè del capitalismo”. A indignare ulteriormente il web cinese sono state le dichiarazioni di Jia Guolong, CEO della Xibei Canyin, che il 5 gennaio su Sina Weibo ha elogiato il lavorare sodo come un piacere volontario che porta al successo. L’imprenditore ha proposto la sua versione alternativa al 996, proponendo il modello da lui chiamato 715: lavoro da 15 ore al giorno, 7 giorni su 7. Secondo la Chinese Labour Law, le ore di lavoro legalmente consentite sono 8 e una settimana lavorativa nella media non dovrebbe superare le 44 ore. Tuttavia la pratica del 996 rimane molto diffusa e sta suscitando il malcontento di sempre più persone. “Stanno promuovendo la ‘glorificazione del lavorare sodo’ secondo cui dovremmo voler lavorare per molte ore ed essere felici di farlo, quando invece stanno semplicemente sfruttando una falla nel sistema per opprimere i deboli” ha commentato un utente di Weibo. [fonte Caixin, Caixin, Caixin]
Covid: il Giappone dichiara lo stato di emergenza
Il primo ministro giapponese Yoshihide Suga ha dichiarato lo stato di emergenza nell’area metropolitana di Tokyo e nelle prefetture di Saitama, Chiba e Kanagawa. La decisione arriva dopo il recente incremento di contagi da Covid-19. Solo nella giornata di giovedì 7 gennaio il Giappone ha registrato 7570 casi, nuovo record dall’inizio della pandemia. Le restrizioni, in vigore da venerdì 8 gennaio e valide fino al 7 febbraio, si focalizzano principalmente su ristoranti e bar, che dovranno necessariamente chiudere alle 20. Rimangono aperte palestre, negozi, scuole e cinema, seppure con orari ridotti e con l’invito a svolgere quante più attività possibili in remoto. Ai cittadini è consigliato di non uscire di casa. Per il momento la maggior parte delle misure adottate sono dunque in forma di raccomandazione e non obbligatorie, il che ha portato molti esperti del settore sanitario a interrogarsi sulla loro efficacia. “Abbiamo troppi casi da dover tracciare in questo momento, lo stato di emergenza arriva troppo tardi”, ha per esempio dichiarato Fumie Sakatomo, responsabile del controllo contagi al St. Luke International Hospital di Tokyo. Da quando i primi casi della nuova variante del virus (inizialmente scoperta nel Regno Unito) sono stati individuati due mesi fa, i decessi da Covid-19 sono raddoppiati, mettendo il sistema sanitario fortemente sotto pressione e portando i governatori di molte prefetture a richiedere l’intervento dell’esecutivo. Un brutto colpo per Tokyo, il cui modello di contenimento era stato lodato a livello globale a inizio pandemia. Suga, chiamato a bilanciare esigenze sanitarie ed esigenze economiche (e coi Giochi Olimpici che si avvicinano), ha promesso di proteggere imprese e lavoratori tramite una serie di sovvenzioni e incentivi pari a 70 trilioni di yen. Il governo è stato tuttavia criticato per la scarsa tempestività nell’implementazione di misure di contenimento, tanto che i sondaggi indicano un calo di popolarità del primo ministro, dovuto in buona parte proprio alla gestione dell’emergenza sanitaria. Secondo Nikkei Asian Review, il gradimento per il gabinetto Suga è crollato dal 74% dei giorni dell’insediamento al 42% di fine dicembre. [fonte NIKKEI, NIKKEI]
A cura di Alessandra Colarizi e Lucrezia Goldin
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