- Covid: La Cina rinuncia a contare gli asintomatici
- L’Iran protesta dopo la visita di Xi in Arabia Saudita
- Hong Kong alleggerisce le misure anti-Covid per i viaggiatori
- Rinviato il processo di Jimmy Lai
- La Cina introduce nuove norme sul deepfake
- La Cina sfida la CIA con l’intelligence open-source
Ormai è ”impossibile” tracciare la diffusione del coronavirus. Mentre a Pechino si registra un vero e proprio boom di casi, la Commissione sanitaria nazionale ha annuncia che nei bollettini quotidiani non verranno più registrati i casi asintomatici. Le autorità cinesi hanno anche rivolto un appello alla popolazione affinché vengano sospese le richieste di assistenza sanitaria d’emergenza, eccetto quando strettamente necessario. Intanto la situazione epidemica comincia a inficiare il regolare svolgimento delle attività del governo. Non solo l‘Istituto nazionale di statistica avrebbe annullato la conferenza stampa in programma per giovedì. Secondo Bloomberg, anche l’annuale Conferenza sul lavoro economico di dicembre è stata rimandata per motivi legati all’andamento della curva epidemica.
L’Iran protesta dopo la visita di Xi in Arabia Saudita
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha annunciato che richiederà “un risarcimento” per le affermazioni contenute nel comunicato congiunto rilasciato recentemente dalla Cina e il Consiglio di cooperazione del Golfo. Ricevendo ieri il vicepremier cinese Hu Chunhua a Teheran, Raisi ha affermato che alcune delle posizioni sollevate durante gli incontri di Xi in Arabia Saudita “hanno causato insoddisfazione e lamentele della nazione e del governo”. Teheran non deve aver gradito la condanna al programma di sviluppo missilistico e al suo presunto ruolo nel supportare alcuni gruppi terroristici regionali. Né tanto meno il riferimento nel comunicato alle rivendicazioni degli Emirati Arabi su Abu Musa e le Isole Tunb. Pechino si trova in una posizione difficile: tanto i paesi del Golfo quanto l’Iran sono importanti fornitori di gas e petrolio. E la visita di Hu a Teheran doveva servire anche a finalizzare un mega accordo della durata di 25 anni che – secondo il NYT – comprende anche forniture militari.
Hong Kong alleggerisce le misure anti-Covid per i viaggiatori
Da mercoledì i viaggiatori in arrivo a Hong Kong non dovranno più sottoporsi ad alcune delle più stringenti misure per il contenimento del Covid-19, a patto che esibiscano un test molecolare (PCR) negativo. La decisione è stata annunciata mercoledì dalle autorità locali, e ha fatto seguito all’alleggerimento delle restrizioni anche nella Cina continentale. È stata eliminata la misura di limitazione della mobilità, che vietava l’accesso ai viaggiatori stranieri ad alcuni ristoranti e a locali come palestre e discoteche. Le mascherine sono ancora obbligatorie e restano vietati gli incontri di gruppo con più di 12 persone. L’hub finanziario di Hong Kong potrà almeno tornare a giovare della ripresa dei viaggi internazionali e degli affari con l’estero.
Rinviato il processo di Jimmy Lai
Un tribunale di Hong Kong ha rinviato il processo sulla sicurezza nazionale a carico di Jimmy Lai, fondatore del giornale pro-democrazia Apple Daily, nell’attesa che Pechino si pronunci sulla richiesta dell’imputato di essere difeso da un avvocato straniero. La giudice Esther Toh ha stabilito che il nuovo processo si terrà dal 25 settembre al 21 novembre 2023. La scelta di accettare o meno la richiesta di Lai è ora nelle mani del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, costituzionalmente la massima autorità legislativa cinese. Il governatore della regione ad amministrazione speciale, John Lee, ha dichiarato che è necessario richiedere l’intervento del governo centrale perché non ci sarebbero i “mezzi efficaci” per garantire che un avvocato straniero non abbia “conflitti di interesse a causa alla sua nazionalità”. Jimmy Lai, che già sta scontando una pena detentiva di cinque anni per accuse di frode legate al suo giornale, rischia una condanna massima all’ergastolo per collusione con Paesi stranieri. La legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020 punisce con la detenzione a vita la sovversione, il terrorismo e la collusione con forze straniere.
La Cina introduce nuove norme sul deepfake
La Cina intende regolamentare la creazione dei “deepfakes”. Si tratta di filtri che trasformano in modo realistico i volti dei netizens e le loro voci, al punto che risulta quasi impossibile stabilire l’identità originale delle persone che li utilizzano. Le nuove norme entreranno in vigore il 10 gennaio, e sono state messe a punto dall’Amministrazione cinese per il Cyberspazio, il Ministero dell’industria e della Tecnologia dell’Informazione e quello della Pubblica sicurezza. Le disposizioni definiscono la responsabilità delle piattaforme tecnologiche che forniscono questi servizi, e impongono loro di verificare l’identità reale degli utenti che li utilizzano. È prevista anche la creazione di un meccanismo per segnalare casi di disinformazione o uso improprio di questi effetti alle autorità competenti.
La Cina sfida la CIA con l’intelligence open-source
Niente sistemi di intercettazione né agenti segreti: la Cina cerca di guadagnare il primo posto nell’impiego dell’intelligence open-source (OSINT), mentre la CIA rimane affezionata alle pratiche tradizionali di spionaggio segreto. L’impiego di dati pubblici per l’intelligence è un ambito in cui molte aziende e realtà non governative stanno investendo. L’invasione russa dell’Ucraina era stata anticipata dalla Dow Inc., società multinazionale che ha un laboratorio di intelligence di otto analisti che lavorano su dati open-source. Ma non tutti sembrano aver colto i vantaggi strategici di lavorare su risorse disponibili pubblicamente: per alcuni funzionari statunitensi la CIA dovrebbe spendersi di più per aggiornare le pratiche di spionaggio a questo tipo di attività. Secondo quanto hanno riferito al Wall Street Journal, esisteranno sempre alcuni compiti che solo le agenzie segrete riusciranno a svolgere, con le spie tradizionali abituate a lavorare nell’ombra. Ma stando ad alcune stime, “più dell’80% di ciò che un presidente o un comandante militare statunitense ha bisogno di sapere proviene dall’OSINT”. La Dow è solo una delle aziende che lavora coi dati pubblici, e la Cina è il Paese che ha intrapreso uno sforzo mirato per rafforzare le attività di intelligence attingendo a queste risorse.
A cura di Agnese Ranaldi; ha collaborato Alessandra Colarizi