In Cina e Asia – Covid-19: In Cina, i migranti pagano il prezzo del rallentamento economico

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

Da tempo si parla dell’impatto nefasto che l’epidemia di Covid-19 sta avendo sull’economia cinese, ma pochi studi finora hanno messo in luce le conseguenze del virus sulle vite dei lavoratori fuorisede. Secondo dati ufficiali, sarebbero almeno 300 milioni i lavoratori migranti che in Cina rischiano di scendere sotto la soglia di povertà a causa delle conseguenze della paralisi economica generata dal nuovo coronavirus. Principalmente impiegati del settore manifatturiero o dei servizi, la crisi sanitaria ha obbligato queste categorie di lavoratori all’isolamento, forzandone l’interruzione delle attività lavorative. Ad oggi, lo stop forzato dovuto al diffondersi del coronavirus ha causato perdite di stipendio totali di ben 115 miliardi di dollari, una cifra impossibile da recuperare in straordinari una volta l’emergenza sanitaria terminata.  Ad aggravare lo scenario vi è poi il fatto che gli stipendi dei lavoratori fuorisede sono un fattore chiave per aumentare il reddito delle popolazioni rurali più povere, uno degli obiettivi prefissati da Xi Jinping per l’anno 2020. L’anno scorso il reddito pro capite delle popolazioni rurali era aumentato del 9,6%, una cifra che a causa del Covid-19 sarà impossibile ripetere nel 2020. Nonostante i grandi sforzi di Pechino per far ritornare la situazione alla normalità, in alcune città molte aziende hanno problemi a tornare ad operare e piena capacità a causa dell’assenza di molti lavoratori in uno scenario di quarantena diffusa. Attualmente si stima che le grandi aziende operino al 60% della capacità e le PMI al 45%, nonostante i sostanziali aumenti salariali proposti dalle aziende per attrarre i lavoratori. [fonte: SCMP]

Coronavirus: arrestato per sovversione l’attivista cinese che accusò Xi

Xu Zhiyong, importante attivista cinese noto per aver criticato la gestione del focolaio di coronavirus da parte del presidente Xi Jinping, è stato incriminato con l’accusa di tentata sovversione del potere pubblico. Ex docente di legge e fondatore della campagna New Citizens Movement, Xu Zhiyong si è distinto recentemente per la pubblicazione di un saggio in cui ha chiesto a Xi di dimettersi per l’inettitudine dimostrata nel governare il paese, sottolineando la cattiva gestione della crisi del coronavirus e delle proteste democratiche di Hong Kong. Secondo fonti vicine alla famiglia, Xu è stato portato via dalla polizia il 15 febbraio scorso durante una manifestazione in favore della libertà d’espressione e fino allo scorso sabato risultava disperso. Soltanto domenica i famigliari sarebbero stati informati dalla polizia di Pechino del fatto che l’attivista si troverebbe attualmente detenuto in una località ignota e che su di lui pende un’accusa di “incitamento alla sovversione contro il potere pubblico” che potrebbe valergli ben 15 anni di carcere. [fonte: Guardian]

Taiwan: nuovo leader per il Kuomintang

Sabato scorso il Kuomintang (KMT), partito dell’opposizione taiwanese che da sempre mira a preservare strette relazioni con la Cina continentale, ha eletto il nuovo leader che rimpiazzerà l’uscente Hau Long-bin alle redini del partito.Si chiama Chiang Chi-chen e con i suoi 48 anni sarà il più giovane presidente del KMT in quasi 100 anni. Sulla scia della sconfitta elettorale del partito a gennaio, Chiang ha guadagnato il 68% delle preferenze promettendo una “riprogettazione” completa delle fondamenta del partito.Tra le riforme volute da Chiang ci sarà innanzitutto la ridiscussione del celeberrimo”92 consensus”, nella speranza di attirare i giovani elettori spesso diffidenti nei confronti dell’obiettivo cinese – tacitamente tollerato dal KMT – di incorporare l’isola nella Repubblica Popolare. [fonte AFP]

Filippine: una quinta colonna cinese a Manila?

Nuove rivelazioni arrivano da Manila riguardo all’’omicidio di un cittadino cinese che lavorava in una società di gioco d’azzardo online da parte di due connazionali, facendo scattare l’allarme nelle Filippine per la possibile presenza di una “quinta colonna” cinese all’interno del paese. Secondo quanto dichiarato dalle autorità filippine sabato scorso, Yin Jian Tao sarebbe stato ucciso nella sala VIP di un ristorante Hot Pot per mano di tre aggressori, due dei quali arrestati e uno fuggito, in seguito ad uno scambio di valute cinesi con valuta locale. Addosso ai due criminali sarebbero stati ritrovati documenti di identità appartenenti a membri dell’Esercito di Liberazione Popolare. Diversi senatori filippini hanno chiesto di indagare attentamente per far luce sui sospetti secondo i quali il denaro proveniente dalla Cina starebbe finanziando un’organizzazione militare clandestina all’interno del paese. [fonte: Inquirer]

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