Sono almeno 138 i nuovi casi di Covid-19 rilevati nella città di Kashgar, nello Xinjiang meridionale, durante il weekend. Circa 3 milioni di persone sono state sottoposte a controlli medici da venerdì, il giorni in cui, durante check up di routine, le autorità hanno individuato un primo caso asintomatico, una 17enne del distretto di Shufu. Tutte le altre infezioni, ancora senza sintomi, sono collegate alla fabbrica dove lavorano i genitori della ragazzina. Non è chiaro chi sia il paziente zero. Per contenere il focolaio, il governo locale ha introdotto misure emergenziali di livello 1: oltre alla chiusura delle scuole, nella giornata di lunedì il 70% dei voli in partenza e arrivo da Kashgar sono stati cancellati. Entro martedì, quasi 5 milioni di cittadini verranno gratuitamente sottoposti a tampone. Secondo gli esperti, il virus circolava da 15 giorni. Non è la prima volta che l’epidemia dilaga nello Xinjiang. Era già successo a fine agosto quando il capoluogo Urumqi venne blindato con misure più restrittive della media nazionale. [fonte GT, Bloomberg]
Cina 2021: le sfide della lotta alla povertà
All’inizio di quest’anno, Lüeyang è stata tra le ultime contee della provincia dello Shaanxi ad annunciare di aver eradicato la povertà assoluta, in linea con l’ambizioso piano del presidente Xi Jinping di eliminare la povertà in Cina entro il 2021. A Lüeyang, le misure di riduzione della povertà hanno permesso di far passare il tasso di povertà locale – attualmente definito come un reddito annuo inferiore a 4.000 yuan ($ 600) – dal 41% nel 2014 a meno dell’1%, grazie principalmente ai sussidi stanziati dal governo centrale. Oltre ai sussidi, il governo locale ha tentato di sollevare le persone dalla povertà spostando le famiglie bisognose fuori dalle aree ritenute inadatte allo sviluppo, come i villaggi rurali, e reinsediandole in cittadine di nuova costruzione, dove i residenti sono impiegati in fabbriche comunitarie su piccola scala. In Cina, le fabbriche comunitarie sono state lo strumento principale per alleviare la povertà, con circa 30.000 impianti e ben 700.000 operai provenienti da famiglie in situazione di povertà. Tuttavia, questi stabilimenti, per lo più aperti da uomini d’affari alla ricerca di manodopera a basso costo o gestiti dal governo stesso e diretti da funzionari, potrebbero non essere che una soluzione temporanea alla povertà. Infatti, le fabbriche comunitarie sono spesso incapaci di mantenere una fornitura costante di ordini e rimanere redditizie, poiché la manodopera impiegata spesso possiede poche abilità tecniche. Fattore che rende i prodotti poco competitivi sul mercato. Inoltre, molti lavoratori sono troppo occupati a prendersi cura dei campi o ad aiutare i parenti rimasti a casa, causando un crollo della produttività, che al momento è compensata quasi esclusivamente dai finanziamenti governativi. La situazione per Lüeyang – e per molte altre contee cinesi al limite della soglia di povertà – è dunque tutt’altro che scontata: il Consiglio di Stato cinese ha infatti annunciato che i sussidi saranno ridotti a partire dal prossimo anno, ed i governi locali dovranno trovare motori di sviluppo più sostenibili per assicurarsi che le famiglie non ricadano nella povertà. Molte province hanno riposto le proprie speranze nello sviluppo del turismo e nella produzione di prodotti agricoli di più alta gamma. [fonte SixthTone]
Cina: “la doppia circolazione” al cuore del nuovo piano quinquennale
Un’economia globale fortemente provata dalla pandemia di COVID-19 farà da sfondo al 14 ° piano quinquennale della Cina, che guiderà il paese verso i suoi obiettivi di sviluppo per il lustro 2021-2025.La quinta sessione plenaria del 19 ° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC), prevista a Pechino dal 26 al 29 ottobre, sarà incentrata su di una strategia a “doppia circolazione”, dove l’innovazione tecnologica guiderà l’industria manifatturiera cinese spingendola verso l’alto nella catena del valore globale. Ciò assicurerà strategicamente alla Cina un efficiente approvvigionamento interno, con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza in settori chiave, come la ricerca scientifica, l’industria dei semiconduttori e la finanza. Secondo la stampa cinese, a concretizzare tutto ciò saranno alcune riforme strutturali, in particolare quelle che disciplinano la migrazione della popolazione e l’aumento del prodotto interno, fissando un obiettivo di crescita del PIL annuale del 4-5% per il periodo 2021-2025.Durante i primi quattro anni del 13 ° piano quinquennale (2016-20), la Cina ha mantenuto una crescita del PIL del 6,6 per cento, leggermente superiore all’obiettivo del 6,5 per cento ed, entro il 2022, la Cina dovrebbe entrare nella soglia dei “paesi ad alto reddito”, secondo la classificazione della Banca Mondiale. [fonte GT]
Dangzhonyang, concetto strategico per l’ unità del PCC
A metà settembre, il PCC ha approvato una nuova serie di regolamenti sul lavoro del Comitato centrale del PCC (国共产党中央委员会工作条例, Zhongguo Gongchandang Zhongyang Weiyuanhui Gongzuo Tiaoli). Queste regole stabiliscono che tutte le organizzazioni nella RPC, compreso il Congresso nazionale del popolo, il Consiglio di Stato, l’esercito e la polizia, le imprese e le organizzazioni popolari devono “accettare consapevolmente la leadership dello “ 党中央- dangzhongyang [autorità del partito centrale]”. Queste unità ed individui devono anche “sostenere risolutamente l’autorità dello dangzhongyang e della [sua] leadership concentrata e unificata, e mantenere consapevolmente un alto grado di unanimità con lo dangzhongyang in termini di pensiero, politica e azione. Sebbene lo dangzhongyang sia citato dai nuovi regolamenti come la massima autorità in seno al PCC, pare difficile identificare la sua natura in corrispondenza con la struttura del partito. Il termine dangzhongyang sembra infatti voler proporre una nuova visione dell’organizzazione politica cinese, identificandola in una struttura multilivello con quattro centri: il Segretario Generale, il Comitato centrale, il Politburo ed il Comitato permanente del Politburo (PSC). In questa configurazione, lo dangzhongyang è la combinazione (in senso stretto) o ogni (in senso pratico) dei quattro organi sopra menzionati. Il concetto dello dangzhongyang è stato dunque strategicamente lasciato ambiguo e potrebbe iscriversi con coerenza nella retorica recente di Xi Jinping che, come evidenziato dal suo discorso relativamente liberale adottato a Shenzhen, potrebbe essere interpretata come uno sforzo per garantire la lealtà dei quadri e dei membri del partito – che lo hanno accusato privatamente di essere ultraconservatore – ed allo stesso tempo consolidare il suo potere individuale. [fonte ChinaConnection]
Muore a 78 anni Lee Kun-hee, icona di Samsung
Lee Kun-hee, presidente di Samsung è morto a Seul sabato 24 ottobre scorso, a 78 anni. Con un patrimonio di circa 17,7 miliardi di euro, Lee era l’individuo più ricco di tutta la Corea del Sud e tra le 40 persone più ricche al mondo. È grazie a Lee che il colosso Samsung si è trasformata da una piccola azienda familiare in una gigantesca multinazionale, attiva prima nel settore delle spedizioni e poi riconvertita in una delle più grandi aziende di tecnologia di consumo al mondo. Lee, da tempo malato, si trovava in ospedale dal 2014, in seguito ad un attacco cardiaco e successivi gravi problemi di salute che lo avevano costretto a rassegnare le proprie dimissioni da Samsung Group in favore del figlio Lee Jae-yong. Sebbene de facto a capo del gruppo, il giovane Lee è attualmente alle prese con alcune controversie legali per accuse di tangenti e corruzione. Al momento, Samsung non ha rilasciato alcun comunicato ufficiale riguardo all’identità di chi assumerà il ruolo di presidente del gruppo. Non è chiaro se il compito passerà nelle mani di Lee Jae-yong. Oltre alle controversie giudiziarie, l’erede di Lee Kun-hee deve inoltre affrontare una tassa di proprietà di circa 10 miliardi di dollari, e pagarla potrebbe compromettere il controllo della famiglia sul conglomerato Samsung, poiché i suoi beneficiari dovrebbero probabilmente vendere alcuni beni per coprire le spese – diluendo la loro partecipazione nell’azienda. Infatti, le tasse di successione della Corea del Sud raggiungono il 50% del valore totale sulle proprietà con un valore più di 3 miliardi di won (2,6 milioni di dollari), la seconda percentuale più alta tra i paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, dopo il Giappone. [fonte Bloomberg]
I semiconduttori e la “guerra fredda 2.0”
Mentre la Cina e gli Stati Uniti continuano la loro battaglia economica, c’è chi ha già cominciato a farne le spese. La più grande vittima finora è sicuramente Huawei Technologies Co., privata di gran parte della sua catena di approvvigionamento a causa delle restrizioni americane e vittima delle pressioni che incitano i paesi alleati in Europa a bandire Huawei dalle reti 5G. Sebbene cacciare Huawei dall’Europa potrebbe segnare una vittoria ideologica, non lo sarebbe invece in termini economici, poiché gli elevati costi per rimpiazzare i prodotti Huawei potrebbero rallentare lo sviluppo del 5G in Europa di almeno due o tre anni. A tradurre in cifre questa possibilità ci ha pensato il ministro britannico Oliver Dowden, che ha affermato che il Regno Unito potrebbe dover sborsare fino a circa 2,6 miliardi di dollari per sostituire le apparecchiature Huawei, ai quali si dovrebbero inoltre aggiungere perdite da miliardi di dollari derivate dal ritardo accumulato nello sviluppo delle tecnologie basate sul 5G, tra cui i tanto attesi veicoli a guida autonoma. Le prospettive non sono rosee neanche per l’industria dei semiconduttori statunitense, che nel 2018, ha registrato entrate per 226 miliardi di dollari, assicurandosi il 48% del mercato globale, secondo un rapporto del Boston Consulting Group. Il rapporto stima che queste cifre scenderanno a $ 190 miliardi di entrate e a solamente il 40% di quota di mercato entro tre anni – se Washington dovesse attenersi alle restrizioni esistenti – e crollerebbero addirittura a 143 miliardi se Washington vietasse completamente le esportazioni di chip statunitensi in Cina, o se Pechino estromettesse le società statunitensi dal suo mercato. Ciò posizionerebbe gli Stati Uniti dopo Corea del Sud e Cina per quota di mercato del settore dei semiconduttori. Ed è proprio sui semiconduttori che la Cina sta orientando la sua strategia vincente, aumentando le proprie capacità di fabbricazione di wafer di silicio e quelle per la produzione domestica di materiali, apparecchiature e software per la produzione di chip. Alcune aziende cinesi, inclusa la stessa Huawei Technology, hanno lavorato duramente per sviluppare le proprie macchine litografiche in modo da liberarsi dall’approvvigionamento proveniente dall’olandese ASML -ora alleata di Washington e principale produttore di apparecchi litografici di tipo EUV. Sebbene Pechino si sia impegnata ad investire massicciamente nel settore come parte della sua risposta alle pressioni di Washington, il prossimo piano quinquennale dovrà anche dare risposta a molte sfide che l’industria dei semiconduttori cinese dovrà affrontare per concretizzare i suoi obiettivi di produzione domestica. Il problema principale a cui Pechino farà fronte è la forte inefficienza del settore, che in Cina è, secondo molti analisti, dovuta principalmente ai finanziamenti, nonostante le passate “spese folli” di Pechino per incentivare il settore dei chip, che solo dal governo centrale ha ricevuto sussidi per circa 50 miliardi di dollari, una cifra 100 volte più alta di quella ricevuta dalle aziende di Taiwan, che insieme alla Corea del Sud, è il più grande hub di produzione di chip al mondo. Gli investimenti massicci nel settore dei chip effettuati dal PCC negli ultimi tre decenni avrebbero infatti attratto negli ultimi tre decenni progetti poi falliti a causa di investitori privi delle conoscenze tecniche richieste o dopo aver ridiretto i sussidi verso progetti immobiliari non relazionati con l’industria dei semiconduttori. A questo proposito, la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma -il principale organo di pianificazione statale cinese – ha affermato che questa settimana nuove direttive si concentreranno sulla prevenzione di tali sprechi e sulla creazione di nuovi incentivi fiscali per i produttori di chip. [fonte WSJ; NIKKEI; FT]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.