Corea del Nord: Pechino propone un compromesso, Washington rifiuta
Per evitare una collisione tra Corea del Nord e Stati Uniti è necessario che entrambi rinuncino a qualcosa. A dichiararlo e stato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che a margine dell’Assemblea nazionale del popolo ha proposto la sospensione del programma missilistico e nucleare nordcoreano in cambio dell’interruzione delle esercitazioni congiunte tra Washington e Seul. «Le due parti (Corea del Nord e Usa) sono come due treni che avanzano velocemente in direzioni opposte senza che nessuno sia disposto a cedere il passo», ha spiegato Wang. L’avvertimento segue di pochi giorni il lancio di quattro missili da parte di Pyongyang, in risposta alle esercitazioni annuali tra il Seul e gli Stati Uniti. L’ennesima provocazione del regime di Kim Jong-un ha portato al dispiegamento in Corea del Sud dei primi pezzi del sistema antimissile americano Thaad, su cui Pechino a più volte espresso la propria contrarietà. Secondo l’agenzia sudcoreana Yonhap, lo scudo missilistico diventerà operativo ad aprile.
Il dipartimento di Stato americano ha rifiutato la proposta cinese, definendola «un affare non fattibile» a causa dell’«irrazionalità» nordcoreana.
OLAF: Londra paghi per negligenza nel controllo di merci cinesi sottocosto
La Gran Bretagna rischia di dover pagare una multa di 2 miliardi di dollari per aver coperto una maxifrode made in China costata all’unione Europea 1.987 miliardi di dollari. Secondo l’Ufficio europeo per la Lotta Antifrode (OLAF), nonostante i ripetuti avvertimenti, tra il 2013 e il 2016 le dogane britanniche avrebbero permesso l’accesso al mercato unico di prodotti cinesi sottocosto, sopratutto scarpe e abbigliamento. All’interno dell’Ue, i dazi sulle merci sono raccolti per conto del blocco in corrispondenza del punto di ingresso, mentre le imposte sul valore aggiunto sono applicate dal governo del paese in cui sono rivendute le merci. Pertanto l’OLAF ha richiesto alla Commissione europea di far recapitare il conto salato al governo di Theresa May, in procinto di lanciare le negoziazioni sulla Brexit. Secondo fonti di Politico, la connivenza delle autorità britanniche sarebbe da attribuire al tentativo di attrarre una maggior traffico verso i porti inglesi (tra cui Dover) rispetto ad altri snodi concorrenti come Rotterdam e Antwerp.
Cina: approvati altri 38 marchi Trump
La Cina ha approvato in via provvisoria 38 nuovi marchi Trump, spianando la strada allo sfruttamento esclusivo del brand da parte di Donald Trump e della sua famiglia su una gamma di business che spaziano dagli hotel alle assicurazioni, dai servizi di bodyguard a quelli di escort. Secondo l’Associated Press, i legali del tycoon avevano depositato domanda di registrazione ad aprile 2016, quando nel pieno della sua campagna elettorale Trump sparava a zero contro la Cina, accusandola di manipolare ii tasso di cambio e di sfilare posti di lavoro agli Usa. La vittoria legale di The Donald – da formalizzare entro 90 giorni – alimenta così ulteriori dubbi sul possibile conflitto di interessi del presidente americano. A destare dubbi è sopratutto la rapidità con cui è stata conclusa la procedura.
Pechino mette un tappo alle importazioni di libri per bambini
Per la prima volta, quest’anno la State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television of the People’s Republic of China (SAPPRFT) ha introdotto un sistema di quote per la pubblicazione di libri illustrati per bambini. Una misura mirata a ridurre drasticamente la diffusione di testi stranieri (i più letti dai bambini cinesi sotto i 14 anni) e, al contempo, a promuovere valori cinesi in linea con i dogmi comunisti. Con oltre 400mila testi pubblicati nel 2016, quello dei libri per l’infanzia è il comparto più redditizio del modo dell’editoria cinese. E l’introduzione della politica dei due figli dovrebbe giovare anche di più al settore, finora dominato da titoli internazionali tra cui spicca l’immancabile Peppa Pig.
India: uccisa la cellula affiliata all’Isis
Agenti dell’antiterrorismo dell’Uttar Pradesh hanno stanato e ucciso il capo di una cellula affiliata allo Stato islamico che lunedì avava condotto il primo attentato del Califfato nel subcontinente. L’uomo, identificato con il nome di Saifullah, si nascondeva in un appartamento di Lucknow. Le ricerche erano partite subito dopo l’esplosione di una bomba sul treno Bhopal-Ujjain nella stazione di Jabri (in Madhya Pradesh), che ha provocato il ferimento di 10 persone. L’operazione anti-terrorismo è durata circa 12 ore e si è conclusa ieri alle prime luci dell’alba. Sebbene non siano ancora chiari i legami tra la cellula e i gruppi jihadisti, né se abbiano ricevuto fondi e addestramento dall’estero, tuttavia si tratta del primo episodio mai portato a termine in India da parte di sedicenti membri dell’Isis. Nei mesi passati la polizia era riuscita a sventare numerosi attentati e ad arrestare alcuni estremisti.
A Taiwan la rivoluzione verde passa per le carceri
L’isola democratica è infatti – insieme a Stati Uniti, Brasile e Sud Africa- tra i paesi ad aver introdotto un programma di sviluppo dell’energia solare presso le strutture carcerarie. A Pingtun, nel sud del paese, i detenuti vengono persino istruiti su come istallare pannelli fotovoltaici sul tetto della prigione.
Il nucleare conta per circa il 14 per cento della produzione totale di energia elettrica. Le fonti rinnovabili, tra cui il solare, l’eolico e l’energia idroelettrica, insieme rappresentano meno del 5 per cento, rendendo l’obiettivo di portare le rinnovabili a un quinto del totale entro il 2025 un’impresa assai ardua. Entro quell’anno il governo di Tsai Ing-wen vuole affrancare Taiwan dal nucleare. Ma i problemi da superare sono molti e vanno dall’inadeguatezza della rete di trasmissione, alla presenza di regolamenti obsoleti e dei grandi monopoli (con intesta la Taiwan Power Co), fino alle preoccupazioni ambientali e alle rivalità tra le agenzie governative e le comunità locali.
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.