La campagna vaccinale cinese sta portando i suoi frutti: venerdì scorso la Commissione Sanitaria Nazionale di Pechino ha annunciato che nel paese sono state somministrate oltre un miliardo di dosi del vaccino anti-COVID-19.
Dopo una partenza lenta dovuta ad accuse di poca trasparenza e scandali vaccinali, il ritmo della campagna di immunizzazione cinese è accelerato incredibilmente, portando le dosi somministrate a raddoppiare in poco meno di un mese, secondo le cifre governative. Stando al sito web Our World in Data, le dosi inoculate dalla Cina sono circa tre volte superiori a quelle somministrate negli Stati Uniti, pari a quasi il 40% del totale a livello globale.
Le autorità cinesi hanno fissato un ambizioso obiettivo: vaccinare completamente il 40% dei 1,4 miliardi di cittadini entro la fine di questo mese, sperando inoltre di raggiungere l’immunità di gregge entro dicembre. Per raggiungere tale traguardo, alcune province offrono premi per incoraggiare le persone a vaccinarsi: nella provincia centrale di Anhui i residenti hanno ricevuto uova gratis, mentre a Pechino sono stati regalati buoni spesa. Un recente focolaio della variante più contagiosa del virus, la Delta, scoppiato nella città meridionale di Guangzhou è servito inoltre da campanello d’allarme per molti altri cinesi che dubitavano sulla necessità di sottoporsi alla vaccinazione.
Il paese ha attualmente approvato solo quattro vaccini di produzione nazionale, i cui tassi di efficacia pubblicati rimangono inferiori a quelli rivali Pfizer-BioNTech e Moderna, che hanno rispettivamente il 95% e il 94% di efficacia: Sinovac avrebbe circa il 50% di efficacia nella prevenzione delle infezioni e l’80% nella prevenzione dei casi che richiedono un intervento medico; i due vaccini di Sinopharm hanno tassi di efficacia rispettivamente del 79% e del 72%, mentre l’efficacia complessiva di CanSino si attesta al 65% dopo 28 giorni. Finora le autorità di regolamentazione non hanno approvato alcun vaccino non cinese, anche se pare che procedure di approvazione siano in atto per Pfizer/BioNTech.
Mentre Pechino celebra il successo della sua campagna di immunizzazione, Taiwan ha accolto 2,5 milioni di dosi di vaccino COVID-19 dagli Stati Uniti in vista del focolaio che sembra estendersi sull’isola. Non solo i rappresentati del Partito Democratico Progressista della presidente Tsai Ing-Wen, ma anche quelli del principale partito di opposizione, il Kuomintang, hanno espresso gratitudine per il gesto statunitense, che permetterà all’isola di raddoppiare il numero di dosi vaccinali in seguito anche alle 1,24 milioni di dosi di AstraZeneca Plc donate dal Giappone questo mese. Washington, in competizione con Pechino per incrementare l’influenza geopolitica sullo Stretto di Taiwan, aveva inizialmente promesso di donare 750.000 dosi, ma ha aumentato il numero coerentemente alle ambizioni del presidente Joe Biden, determinato ad inviare 80 milioni dosi di vaccino americano in tutto il mondo. [fonte Reuters, SCMP,GT]
Il personale diplomatico taiwanese lascia Hong Kong
Secondo quanto affermato da un alto funzionario di Taipei in funzione ad Hong Kong, il personale di nazionalità taiwanese che lavora presso l’ufficio di rappresentanza nell’ex colonia britannica ha iniziato a lasciare Hong Kong dopo che il governo locale ha richiesto di firmare un documento a sostegno delle rivendicazioni di Pechino su Taiwan.
Lin Fei-fan, il vicesegretario generale del Partito Democratico Progressista di Taiwan, ha affermato che solo il personale locale rimarrà in sede, in segno di opposizione ai principi di “una sola Cina” e “un paese, due sistemi” con cui Pechino gestisce le sue relazioni con Hong Kong e che spera di applicare un giorno su Taiwan.
In una dichiarazione di domenica sera, il Consiglio per gli affari continentali di Taiwan ha affermato che dal luglio 2018 il governo di Hong Kong avrebbe ripetutamente stabilito condizioni politiche irragionevoli per i visti del personale per l’ufficio di Hong Kong, chiedendo la firma di una “lettera di impegno per la Cina” che il personale taiwanese non ha intenzione di sottoscrivere.
Il conflitto tra Hong Kong, Pechino e Taiwan non è nuovo: già il mese scorso, Hong Kong ha sospeso le operazioni presso il suo ufficio di rappresentanza a Taiwan, accusando Taipei di interferire negli affari interni, ed in particolare di aver appoggiato ed assistito i manifestanti delle manifestazioni pro-democratiche. Il governo di Macao ha seguito lo stesso esempio dell’ex colonia britannica, chiudendo mercoledì scorso il suo ufficio di rappresentanza a Taiwan. [Reuters]
Cina: scoppia la polemica in seguito ad un “topo maschio gravido”
Ben 330 milioni di visite nella sola giornata di sabato: sono queste le cifre delle visualizzazioni di un hashtag su Weibo relativo ad uno studio secondo il quale due ricercatori della Naval Medical University di Shanghai sarebbero riusciti a unire chirurgicamente un ratto maschio castrato e una femmina di ratto per formare un “parabionte” – due organismi che condividono uno stesso sistema sanguigno. Otto settimane dopo, l’utero di una seconda femmina di ratto è stato trapiantato nel maschio della coppia, risultando in una cucciolata messa al mondo tramite taglio cesareo dopo 21 giorni. Secondo lo studio, solo 6 dei 163 maschi dei parabionti sono rimasti incinti, un tasso di successo del 3,68% – molto basso ; tuttavia, i cuccioli nati dal lato maschile si sarebbero sviluppati normalmente fino alla maturità senza anomalie evidenti.
Sebbene si tratti di un esperimento pionieristico nell’ambito degli studi sulla riproduttività, alcuni esperti hanno affermato che gli esemplari maschi utilizzati nello studio non possono essere considerati veri maschi poiché erano stati castrati e collegati alle femmine: i cuccioli si sarebbero dunque sviluppati in un ambiente endocrino femminile con ormoni essenziali per mantenere la gravidanza.
Questo studio, nonostante abbia dunque scarso impatto sulla biologia riproduttiva, fornisce tuttavia nuove speranze per la gravidanza in vitro – lo sviluppo embrionale in una camera artificiale che funge da utero al di fuori del corpo della madre. La gravidanza maschile è unica per i singnatidi, una famiglia di pesci che comprende pesci ago e cavallucci marini. [fonte SCMP]
La Cina recupera gli USA sulla competitività, Taiwan entra nei top 10
La Cina ha guadagnato terreno rispetto agli Stati Uniti nell’ultima classifica di IMD sulla competitività globale, mentre Taiwan è entrata per la prima volta nella top 10.
La valutazione annuale delle principali economie mondiali ha visto i paesi europei in cima alla classifica, mentre quelli dell’Asia restano comparativamente più indietro rispetto alle controparti occidentali. Svizzera, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi hanno occupato le prime quattro posizioni, mentre Singapore si è piazzata quinta, in calo rispetto al primo posto dello scorso anno.
Tra tutte, è proprio la Cina ad aver registrato l’aumento di competitività più significativo tra le economie dell’Asia orientale, salendo di quattro posizioni e classificandosi al 16° posto, avvicinandosi agli Stati Uniti, che sono rimasti al 10° posto, invariato rispetto allo scorso anno.
Al settimo posto troviamo Hong Kong, in calo dalla quinta posizione del 2020, seguita a ruota da Taiwan, che ha guadagnato ben tre posizioni, completando così la rappresentanza dell’Asia nella top 10. IMD ha lodato Taiwan, che ha compiuto il più grande miglioramento delle prestazioni economiche di tutta l’Asia, in particolare grazie ad un forte aumento dell’occupazione spinto dalla domanda globale di semiconduttori e dalla sua magistrale gestione della pandemia di Covid-19
Per quanto riguarda le altre economie asiatiche, le Filippine hanno subito il crollo più rapido in tutta la regione, scivolando di sette posizioni al 52° posto, principalmente a causa del deterioramento di diversi indicatori, tra cui il mercato del lavoro, le finanze pubbliche e la produttività del settore privato, rilevando altresì un tasso di disoccupazione di oltre 10%.
Altre economie del sud-est asiatico hanno registrato crescite modeste: la Malesia è salita di due posizioni fino al 25° posto, grazie in parte ai “miglioramenti nell’efficienza commerciale del suo settore privato”; la Thailandia si trova al 28° posto, grazie al miglioramento di alcuni indicatori del mercato del lavoro, della legislazione aziendale e dei forti investimenti in infrastrutture scientifiche. [fonte Nikkei]
Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.